8 febbraio 2022
IL PARTITO VERDE CHE NON C’È ANCORA
E che “forse” un giorno ci sarà
C’è grande fermento nel mondo ambientalista italiano, sferzato, implacabilmente, dai Verdi europei e invitato più volte a fare quel salto qualitativo che sembra incapace di fare, da vent’anni a questa parte, da dopo gli anni incredibilmente efficaci dell’era Ronchi/Mattioli etc. In Europa del nord i Verdi arrivano a superare il 20% del consenso elettorale, in Francia il 14%, in Italia e Spagna nisba (intorno al 2%)…
“Pare, ora, che tutti si voglia uscire dalle gabbie in cui ci siamo rinchiusi” mi dice un amico ecologista: partitini dell’1,5%, associazioni più o meno grandi, fondazioni più o meno autoreferenziali. Pare che, anche in seguito all’apnea Covid (con tutte le conseguenze ambientali e sociali che ne derivano), si voglia uscire a respirare la politica all’aria aperta, aprire le finestre, uscire dal porto sicuro, ma depressivo, dell’autoreferenzialità.
La domanda di ecologia è grande, anche in questo paese di inquinatori che non pagano mai, e i giovani nelle piazze lo hanno sottolineato sotto il simbolo di Greta. Ma è chiaro che le piazze non bastano, e ora, con il PNRR appeso a un filo e la transizione ecologica promessa e tradita da Cingolani, i verdi (in senso lato), si devono proporre l’’obiettivo di entrare nelle istituzioni e di andare al governo, diciamo tentare di prendere il pallino in mano: un percorso logico, ma non privo di ostacoli.
Nello scenario degli ambientalisti è sempre stato usuale il contendersi, con assurda presbiopia, il titolo di “migliore ecologista”, in quanto tutti pensano di essere loro i migliori ecologisti, accentuando le differenze, come dentro un Manuale Cencelli ambientale, sottolineando le sfumature più che le similitudini, accusando l’uno e l’altro di essere traditori di un pezzetto di storia (altro grande ostacolo) o di un’ipotetica e salvifica missione nella rivoluzione ecologica.
Appena qualcuno mette il piede in Parlamento, o anche nelle istituzioni locali, altri lo attaccano come asservito al governo di turno o alla maggioranza. Vedi il caso di Facciamo Eco, il gruppo parlamentare costituito da Muroni, Fioramonti etc., prima cooptato da Europa Verde per essere rappresentanza alla camera e poi ripudiato come complice di Draghi. Una storia nella quale c’è poco di politico ma molto di personale, nella quale la proprietà del logo verde è più importante dell’ecologia stessa.
Pare che ora si possa uscire da queste meccaniche e almeno quattro filoni dell’ambientalismo nostrano stiano convergendo dentro un soggetto più largo, non ancora “partito”, ma partito (in senso meccanico) dal basso (la base insoddisfatta per la continua insignificanza delle proprie mozioni) e stimolato dall’alto (i Verdi Europei).
Scendono in campo la “Alleanza per la transizione ecologica” di Edo Ronchi, la “Assemblea Ecologica” del 5 Febbraio a Firenze, il gruppone “per una lista Unitaria Verdi Europei”, Europa Verde che si propone a tutti come soggetto di riferimento. Obiettivo: una lista unica alle lezioni politiche del 2023 che permetta all’ecologia e alla giusta transizione di entrare con forza nelle istituzioni nazionali e condizionare le politiche, non solo ambientali, di qualsiasi governo democratico futuro.
Ambientalismo significa sempre di più giustizia sociale e ambientale, cura della persona, diritti, salute, lotta alle diseguaglianze. Inutile riproporre il modello rossoverde del passato, schiantatosi, anche lui, su personalismi sterili e sulla continua contraddizione lavoro/ambiente, vedi la parabola significativa, nel bene e nel male di Vendola. Oggi la politica ha bisogno di una forte iniezione di cultura ecologica, di scienza e consapevolezza dei limiti, di formazione economica green. Dove formarsela se non aprendo le porte a quella area che è anche schierata dalla parte dei soggetti più fragili della società, che contiene, insieme, storia e nuove istanze giovanili (non giovanilistiche), che offre, tra l’altro e, nello stesso tempo, presenza in piazza e sui territori, e anche centinaia di pubblicazioni, seminari, approfondimenti sul fallimento del sistema neoliberista e i limiti energetici del pianeta?
Per far questo non abbiamo certo bisogno di un neo partito verde calato dall’alto e studiato a tavolino dai soliti cinque o sei, proprietà di poche, anche se nobilissime, famiglie green. C’è sicuramente bisogno che parta e urgentemente, una proposta di grande rassemblement per elezioni, politiche del 2023 (anche regionali in parecchie realtà), che spinga dentro le istituzioni ecologisti solidi preparati sia politicamente che scientificamente, consapevoli che “se non ora quando?” ci sarà qualcun altro che furbescamente riuscirà a cavalcare la tigre della nuova consapevolezza ambientale di larga parte dei cittadini italiani e ne farà scempio. Cingolani docet e forse, finalmente, i verdi riusciranno a uscire dalle loro microscopiche” lobbies” e accompagnare il paese a rispettare i limiti dell’agenda 2030 (e nel frattempo le direttive del PNRR).
Giuseppe “Pino” Rosa
Pagina FB: Agenda Verde -> https://www.facebook.com/TransizioneEcolo
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