17 ottobre 2023

LA CRISI GLOBALE

Verso una società medievale


Copia di Copia di rification (8) 

Tre anni fa, epoca Covid, su ARCIPELAGO MILANO accennavo a due scenari ereditati dai decenni precedenti. Uno era la società a somma zero: il guadagno degli uni è perdita degli altri. L’altro era il “dilemma del prigioniero”, dalla teoria dei giochi. A due sospetti di un grave crimine il giudice offre tre alternative: 7 anni se entrambi confessano, 10 al solo che confessa l’altro libero, 1 anno a entrambi se nessuno confessa (le prove sono indiziarie). Gli imputati possono comunicare e accordarsi, ma hanno entrambi interesse a violare l’accordo. Robert Axelrod ha poi dimostrato in tornei informatici che fondamento della cooperazione non è la fiducia reciproca, bensì la prevedibile durata della cooperazione.

In epoca Covid non era possibile fare previsioni sulla durata della crisi e l’impegno delle persone e delle istituzioni fu, anche con motivazioni diverse, altissimo. Più che affrontare un nemico comune, si trattò di superare insieme una prova imposta a tutti. Da chi o che cosa non era chiaro, ma evidente e condivisa era la necessità di uscirne tutti insieme. Così è stato, nella speranza – non certezza – che funzionasse. La cooperazione era necessaria per una durata non prevedibile. Ha funzionato.

Raggiunto il risultato – non l’eliminazione di Covid, ma la capacità grosso modo di gestirlo – nel 2023 stiamo vivendo un’ulteriore crisi globale di guerra, inflazione, cambiamento climatico. Lavoro per gli storici futuri, in carenza di quello dei politici contemporanei anche ma non solo per difficoltà obiettive, che c’erano anche con Covid. Peste, guerra, fame sono i cavalieri dell’Apocalisse comparsi in Europa all’alba del Mille, fino a ieri il nostro millennio. Nella tradizione medievale è comparso talora un quarto cavaliere, ineffabile salvatore/giudice. Oggi può esserlo la crisi climatica globale, sigillo delle altre tre e provvidenziale spinta a ridefinire le concrete priorità della nostra malconcia umanità: vivere in pace, avere cura di noi e della terra che ci fa vivere, valorizzare con saggezza le risorse sue naturali e nostre di intelligenza.

Lavoro per storici futuri, ma già anche contemporanei. Storico, sociologo e antropologo britannico, nel 1973 Norman Cohn ha pubblicato The Pursuit of the Millennium, tradotto nel 1965 e riedito nel 1976 da Edizioni di Comunità con il titolo I fanatici dell’Apocalisse. «In una forma o nell’altra, la tradizione apocalittica è sempre esistita: perché dunque essa ha acquistato, da un cento anni in qua, un dinamismo quale non aveva mai conosciuto, neppure del Medioevo?» [p. 382]. «Perché il propheta ai suoi seguaci non offriva semplicemente l’occasione di migliorare la propria sorte e di sfuggire a pressanti angustie: offriva anche loro, e soprattutto, la prospettiva della partecipazione da protagonista a una missione ordinata da Dio, eccezionale e prodigiosa. Era un sogno che ben presto li stregava. E allora si formava un gruppo del tutto particolare, il prototipo del moderno partito totalitario, spietato e in costante fermento, ossessionato da chimere apocalittiche e assolutamente convinto della propria infallibilità.

Esso si sentiva infinitamente al di sopra del resto dell’umanità e respingeva ogni pretesa estranea alla sua presunta missione. E talvolta, benché non sempre, riusciva a imporre il suo volere alla grande massa dei diseredati, degli inquieti, degli spauriti. Una serie di promesse millenaristiche e sconfinate, fatte con convinzione assoluta e profetica a una schiera di uomini sradicati e disperati, in una società le cui strutture tradizionali sono in via di disintegrazione: ecco, a quanto sembra, l’origine di quel fanatismo sotterraneo che costituì una minaccia permanente per la società medievale. Non è fuori posto pensare che quella è pure l’origine dei giganteschi movimenti fanatici che, nella nostra epoca, hanno scosso il mondo» [pp. 389-390]. E lo stanno tuttora scuotendo anche con le nuove tecnologie di comunicazione e con le sempre più diffuse tecnologie di distruzione di massa.

Di nuovo, per così dire, al momento c’è appunto la tecnologia. Ma storicamente rivoluzionaria è la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata all’unanimità e proclamata dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 a Parigi. Storicamente rivoluzionaria è anche la Comunità Economica Europea, poi Unione Europea politica, incompiuta ma già con gli strumenti fondamentali di governo – Commissione, Parlamento, Banca Centrale – e sede all’Aia della Corte Internazionale di Giustizia, organo giurisdizionale ONU. L’Europa è tuttora madre delle rivoluzioni. «Di fatto, in questo tempo ansioso, il futuro si colora delle più diverse e smisurate speranze: quante ne propone un mondo che – solo apparentemente globalizzato – resta, come scrisse Antonio Gramsci, sempre e ancor più di prima “grande e terribile”» [Adriano Prosperi, Tremare è umano. Una breve storia della paura, RCS MediaGroup, 2021, p. 149].

Giuseppe Gario



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  1. Lucio D’UbaldoUn saluto dopo…vari anni. Articolo molto stimolante. L. D.
    18 ottobre 2023 • 02:01Rispondi
  2. Annalisa FerrarioIl "dilemma del prigioniero" però è riportato in modo impreciso. Scritto così, vale decisamente la pena di non confessare
    18 ottobre 2023 • 11:34Rispondi
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