3 maggio 2022
MILANO, CASA E CAROVITA
Lo stipendio non basta
Gli affitti a Milano sono tornati a correre. Una tendenza che, fatta salva la parentesi della pandemia, si conferma costante negli anni. E l’opinione pubblica si divide tra chi rileva che vivere a Milano costa ormai troppo e chi obietta che, tutto sommato, il problema dei prezzi è comune alle grandi città europee.
Del resto, è vero che un monolocale fuori dal centro a Milano costa più che a Berlino o a Madrid, ma costa pur sempre meno che ad Amsterdam o a Parigi. Ma la classifica dei prezzi tra le grandi città europee, quasi fosse una Champions del mattone, non tiene conto di un elemento fondamentale: non è il prezzo in sé a determinare se una città è cara, ma il rapporto tra il prezzo medio e gli stipendi netti medi.
E così scopriamo che a Milano un monolocale fuori dal centro pesa per il 51,6% sullo stipendio netto medio, a Berlino il 25,6%, a Parigi il 35,6%, ad Amsterdam il 37,3%. Sempre a Milano, un trilocale fuori dal centro pesa per il 99,1% sullo stipendio netto medio. O, meglio, peserebbe perché è evidente che è impossibile viverci con un solo stipendio.
Parliamo di lavoratori e lavoratrici con stipendi medi, persone che a Milano lavorano ma che devono scegliere se vivere fuori Milano o se vivere in città al prezzo di grandi sacrifici. Sacrifici che vanificano il vantaggio di vivere in città, perché se è vero che Milano offre moltissimo in termini di intrattenimento, stimoli culturali e occasioni sociali, è anche vero che se più di metà dello stipendio va girata al proprietario di casa non restano poi molte risorse da allocare al tempo libero. In altre parole, si finisce per lavorare solo per pagare l’affitto o quasi.
Esiste una fascia sempre più larga, composta da giovani e non solo, di persone che, lavorando, hanno un reddito troppo alto per l’edilizia residenziale pubblica e troppo basso per il mercato. Con il fenomeno, sempre più diffuso, di giovani donne e giovani uomini che non possono permettersi di abitare nella zona dove sono cresciuti. Pur lavorando.
L’housing sociale, verso il quale si assiste a un vero e proprio innamoramento bipartisan, può rappresentare una parte della risposta, ma fisiologicamente limitata a un numero ridotto di persone. Senza contare che anche i requisiti per accedere all’housing sociale rischiano di escludere chi fa comunque fatica a permettersi un affitto in città.
Sul tema degli stipendi è tornato il sindaco Beppe Sala il 1° maggio in un’intervista al Corriere della Sera “I salari vanno aumentati”. Vero, Milano avrà anche stipendi più alti del resto d’Italia, ma (notevolmente) inferiori al resto delle grandi città europee. Ma il “Pay them more” di Biden sotto alle guglie si scontra con il fatto che a Milano – e in Italia a dire il vero – un lavoratore costa molto di più di quanto quest’ultimo non riceva sul conto corrente a fine mese. Siamo al 4°-5° posto al mondo per tasse e oneri sulle buste paga. E quello con gli stipendi netti più bassi rispetto agli altri Paesi che occupano le prime posizioni.
Una proposta di intervento che non consideri anche questo aspetto è destinata a rimanere una buona intenzione o poco più.
Tomaso Greco
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