2 aprile 2021
IL MASTERPLAN DELLO SCALO DI PORTA ROMANA
Un primo esame senza poter vedere gli altri progetti proposti
2 aprile 2021
Un primo esame senza poter vedere gli altri progetti proposti
Ho seguito la discussione pubblica sul masterplan preliminare che ha vinto il concorso sullo scalo di Porta Romana oltre ad aver seguito i precedenti eventi di RFI. Del tutto prevedibile mi è sembrata la scelta dei vincitori, quasi tutti importanti studi di architettura e ingegneria che hanno lavorato molto a Milano e in particolare per Coima, uno degli acquirenti dell’area, a Porta Nuova.
La mia impressione è che il masterplan dipende moltissimo da decisioni precedenti, in particolare dalla scelta di non restituire alla città i terreni espropriati dalla Ferrovie a suo tempo per realizzare lo scalo e di vendere invece il terreno all’asta, asta peraltro in cui si è presentato solo un unico concorrente con una offerta di 180 milioni di euro per una superficie territoriale di 186.000 mq.
RFI non ha voluto interrare la linea ferroviaria lunga un chilometro che attraversa lo scalo ma solo 95 metri per una profondità di 4 metri. L’assessore Maran aveva detto l’anno scorso che il motivo era la pendenza delle rotaie ma ora ha dichiarato che il motivo era che sopra i 100 metri si sarebbe creata una galleria sottoposta ad una serie di norme di sicurezza. La salita dal punto più basso è di circa 100 metri, come si vede sugli allegati al bando. Per gli altri 700 metri i treni viaggiano a raso.
Il masterplan prevede una “foresta sospesa” larga 12 metri, circa 10 metri sopra le rotaie con due metri e mezzo di terra che dovrebbe consentire di collocare tre filari di alberi di alto fusto, opera che deve però essere sottoposta a fattibilità tecnica ed economica. Rimane il problema della schermatura dei lati, che non può essere fatta perché la fascia di rispetto di 30 metri sui lati delle rotaie non ammette piante alte vicino ai treni. Trattandosi di treni e non di convogli di metropolitana il rumore potrebbe essere elevato e solo parzialmente mitigato dalla “foresta sospesa”.
L’Accordo di Programma degli scali dà a Porta Romana l’indice più alto tra tutti gli scali, 0.88 mq/mq, consentendo di costruire edifici per 164.000 mq di superficie lorda di pavimento. Gli edifici potrebbero essere sviluppati in altezza come aveva ipotizzato l’arch. Boeri nella sua vision “il fiume verde” con tre grattacieli su via Ripamonti, lasciando a verde la maggior parte dell’area. Il masterplan non segue questa proposta ma prevede edifici di circa 10 piani di altezza, tranne un grattacielo residenziale su viale Isonzo, non lontano dal futuro grattacielo di A2A. Per stare il più lontano possibile dalla ferrovia gli edifici seguono il perimetro dell’area con alcuni edifici a C che consentono di avere il minimo di aperture verso il treno.
I grattacieli di Boeri non possono essere realizzati perché l’area verso via Ripamonti è destinata alla zona olimpica, con due edifici a C che saranno poi trasformati in studentati e saranno affiancati sui lati da due edifici residenziali con la stessa forma. Vengono inoltre salvate le rimesse ferroviarie fotografate da Basilico, seguendo la richiesta di una petizione, ospitando una palestra sportiva. La struttura è però fatiscente e si dovrà verificare la possibilità di salvarla.
Con tutti questi vincoli il masterplan, che sembra abbia vinto perché dà 100.000 mq di verde anziché il minimo di 93.000 mq grazie alla “foresta sospesa” di incerta realizzazione, non può che distribuire il verde per 35.000 mq (pari al parco Ravizza) sulla parte sopra la galleria di fronte alla Fondazione Prada definito “campo selvatico” con una pendenza del 5%, per 50.000 mq nelle due lunghe fasce lungo la ferrovia larghe 30 metri definite “eco-zone” che hanno limitazioni sulle altezza degli alberi e infatti quella a sud ospita degli orti, per 12.000 mq sulla “foresta sospesa” e il resto nelle corti racchiuse dagli edifici a C, che potrebbero essere privatizzate ed avere sotto dei parcheggi sotterranei con relative grate se questi non saranno collocati sotto gli edifici.
La parte filtrante è limitata perché sotto il “campo selvatico”, oltre alla galleria dei treni, vi sono gli impianti tecnologici per la raccolta e depurazione delle acque e le pompe di calore per il riscaldamento e raffrescamento degli edifici.
Per il “campo selvatico” è prevista una partnership con la pastorizia, ma mi sembra difficile che delle pecore possano brucare sul prato con il rischio che vadano in mezzo alla strada. Non sarà molto visibile dalle vie intorno perché su piazza Trento ci sono gli edifici di A2a ed un ex-edificio industriale mentre su via Brembo sono collocati due edifici di Prada, che è tra gli acquirenti dello scalo, uno spazio eventi di cinque piani e una torre per studi di artisti. L’eliminazione di questi due edifici spostando le funzioni in altri edifici permetterebbe di allargare il fronte del parco su via Brembo.
Non è stato detto nulla sul “preverdissement”, cioè sulla messa a dimora degli alberi al più presto in modo che possano essere cresciuti quando vengono consegnati gli edifici, il contrario di quello che è successo con la Biblioteca degli Alberi, progettata prima ma realizzata quando quasi tutti gli edifici di Porta Nuova erano stati completati.
Il progetto è sicuramente introverso in quanto il verde è quasi tutto all’interno del fronte degli edifici per consentire a questi di essere il più lontano possibile dal percorso dei treni. Su un perimetro di 2 chilometri e mezzo il parco si affaccia sulle strade per solo 400 metri. Gli abitanti di via Brembo non lo vedranno. Tutto il contrario del rendering fornito da RFI quando è stato venduto lo scalo nel novembre dell’anno scorso, che mostra una distesa di verde intorno alle rotaie del treno. Si costruirà nell’arco di dieci anni un nuovo quartiere con edifici piuttosto densi e il verde in mezzo, a moderare il rumore dei treni che passeranno abbastanza di frequente essendo una “circle line”.
Le altezze degli edifici saranno definite più avanti con il piano attuativo, quelle proposte sono solo indicative ma i 164.000 mq di slp sono tutti previsti e quindi se un edificio sarà più basso un altro si alzerà.
I percorsi pedonali e ciclabili di attraversamento nord sud e est-ovest saranno sicuramente comodi e romperanno la cesura prodotta dallo scalo. Uno di questi però ad ovest obbligherà a passare con scale sopra la ferrovia. Sembra sia previsto un passaggio anche attraverso il terreno di A2a che altrimenti creerebbe una barriera da piazza Trento. Non è stata prevista l’apertura delle due rogge che attraversano l’area, come richiesto dal Municipio 5.
La discussione pubblica ha avuto molte difficoltà. Sul sito www.scaloportaromana.com non sono state inserite tutte le tavole del progetto, i rendering non indicano il punto di visuale, la scala della tavola del masterplan ha una scala errata e una legenda illeggibile e senza tutti i numeri.
I rendering sono stati spiegati solo nelle illustrazioni del progetto e la maggior parte del materiale è stata pubblicata dal blog urbanfile, sempre molto informato. Il tempo è eccessivamente ristretto a causa delle Olimpiadi (6-14 aprile), la documentazione insufficiente e fornita a pezzi, il responsabile della discussione non è un organo indipendente ma il responsabile unico del concorso arch. Freyrie e una agenzia pagata dai committenti (SEC). Gli altri cinque progetti ammessi all’esame finale non sono stati pubblicati e quindi non si può trarne dei suggerimenti su possibili migliorie al masterplan. Le osservazioni della giuria non si sono potute leggere in quanto non ancora firmate da tutti i membri.
E’ molto difficile in questa situazione fare delle osservazioni sensate.
Rimane irrisolto il tema degli standard urbanistici che non tengono conto della popolazione fluttuante di Milano: chi ha impugnato al Tar l’Accordo di Programma per lo scalo Farini ha calcolato che per i 5.300 abitanti previsti dalla volumetria mancano 94.000 mq di standard rispetto ai 94.000 mq concessi (dotazione 35,50 mq/abitante o addetto). Questo vuol dire che non saranno probabilmente realizzati servizi pubblici a sufficienza per chi abiterà e lavorerà nel nuovo quartiere, andando a gravare sui servizi per gli abitanti esistenti.
Michele Sacerdoti
Un commento