15 marzo 2021

ZINGARETTI, LETTA E LE SLIDING DOORS DEL PARTITO DEMOCRATICO

Una Grande attesa, una incognita


Come diceva uno che se ne intendeva, “grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente”. Confido nella maggioranza ageè dei lettori per non dover ricordare il suo nome, sepolto come si trova sotto la damnatio memoriae del novecento comunista, ma lo riprendo, così calzante nello stato attuale della sinistra in Italia ed a Milano.

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Dunque, Zingaretti se n’é andato sbattendo la porta e facendo tremare i muri. Passati i primi lagni di cortesia, i penosi “resta con noi, Nicola”, come fosse ancora accettabile un segretario che dice di vergognarsi del suo partito, il PD si è concentrato sul possibile sostituto e l’ha trovato subito in Enrico Letta. Persona degnissima e politico di ispirazione ulivista, di lungo corso pur ancora giovane. L’avversione a Renzi, che lo sbalzò nel 2014 dalla Presidenza del Consiglio, lo rende politicamente ed umanamente simpatico a molti, ma basta ad un serio affidavit politico?

Difficile, perché la confusione regna tuttora sovrana nel PD e non si capisce se questo insicuro adolescente (ha solo 13 anni) possa immaginare un futuro, o se il suo tempo sia trascorso invano, senza aver mantenuto almeno qualcuna delle tante speranze accese. Nato dal tronco ulivista ma plasmato sul modello americano, con l’avventura di Renzi ha vissuto l’ubriacatura di una terza via dimentica del nostro specifico storico, per vegetare infine in un limbo dove è divenuto obbligatorio non scegliere, non dire, non decidere, pena la temuta rottura del partito.

Come Eugenio Montale, il PD sa solo dire “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”, che non è poco per definire l’identità ma non basta. La stagione di Zingaretti è passata rincorrendo, non senza qualche paziente sagacia, le decisioni altrui, per convincersi di volta in volta che gli altri avevano pensato bene: così per Conte 2, così per Draghi, il PD, acquattato sulla comoda posizione della responsabilità governativa a tutti i costi, ha esercitato poco o nulla della sua potenziale leadership.

Zingaretti ha sbattuto la porta ed ora Enrico Letta subentra, speriamo, non nella scomoda veste di “prossimo segretario uscente” (Angelo Turco dixit). Certo “primum vivere”, e non era certo tollerabile una vacanza di potere nel governo del partito. Questo, aldilà di alcuni maldipancia, è atto di necessario realismo politico. Necessario ma non sufficiente, che grande è la confusione sotto il cielo del PD. Due i grandi nodi tuttora irrisolti: la struttura del partito e la visione. Nel suo discorso di investitura si è concentrato molto sulla seconda e poco sulla prima, di cui si ricorda solo che non vuole sentire la parola “corrente”.

La stagione inaugurata con Veltroni, sotto la costellazione del sistema maggioritario e delle primarie, è solo un ricordo, passati ormai molti anni senza che il partito abbia mai davvero aderito al maggioritario monopartitico americano, o per meglio dire senza che la realtà del nostro paese l’abbia digerita. L’elezione diretta del leader, tolta di peso dalle primarie americane, si è tradotta in una serie di figure transeunti che, pur elette con milioni di voti, non hanno tratto dal mandato popolare diretto alcuna vera forza. Forse perché si è fatta indebita confusione tra primarie per le cariche pubbliche elettive (che solo a questo servono le primarie USA), e primarie per i dirigenti di partito, impegnati quotidianamente nella guida della sua comunità. Una struttura si è comunque così formata, per successive cristallizzazioni dei consensi raccolti dai diversi candidati alle diverse primarie, poi leader di corrente, ciascuno con il suo peso, le sue gerarchie interne, le sue logiche.

Per effetto, di questa cancrena correntizia, il PD vive a tutti i livelli della sua organizzazione una vita grama, dove i gruppi dirigenti sono selezionati principalmente per la fedeltà al capo, e non per il sostegno delle comunità di cui si propongono come guida. Zingaretti ha proclamato che si vergogna di questo PD di “poltronari”, andando poi dalla D’Urso per spiegare le ragioni che doveva dire prima di tutto ai suoi iscritti ed elettori. Lasciamo stare, ormai è acqua passata, ma passata lasciando il segno. Per uscire da questo vero e proprio cul de sac, non basta gridare basta correnti o viva le sezioni, occorre ridefinire da cima a fondo la struttura organizzativa del partito: qui Letta non ha detto molto, salvo concentrare la sua attenzione sul contributo che le nuove tecnologie possono dare. Poco o nulla più che un cenno, ma abbastanza per accrescere le chance di un partito disintermediato dai capi corrente e capace, per questo, di liberare le energie oggi non colte? Qualche dubbio è più che legittimo: come si dice, bisogna pur assaggiare il budino per capire se è buono. Ma alla fine la vera questione è l’identità del PD, la sua visione di società ed il programma per il governo del Paese.

Il discorso di Letta è stato in chiarissima continuità con il predecessore Zingaretti, aggiungendo di suo notevoli e più credibili riflessioni su Europa, giovani, donne e nuove tecnologie, connettendole alla politica delle alleanze ed al gusto della mediazione con i corpi intermedi, tratti genetici questi dell’Ulivo e non certo di Renzi, e se si vuole neppure troppo di Veltroni. Questa rappresentazione appare ancorata solidamente al successo di Biden ed alla necessità di proporsi come soggetto politico aggregatore delle istanze che individuano nell’edificio europeo, così come si é strutturato nel secondo dopoguerra (insieme dei valori di libertà, diritti, inclusione, solidarietà, mercato), come la più valida difesa contro la stagione della destra nazionalistica, trumpiana, salviniana ed orbaniana.

La riappropriazione del Governo Draghi come governo prima di tutto del PD, finora poco convinta nella gestione Zingaretti, è stata forte e decisa, e preannuncia un Letta che intende giocare le carte sul suo carattere europeista, senza se e senza ma. Detto questo, non dovrebbe neppure stupire troppo il voto quasi unanime che lo ha eletto nuovo Segretario: non solo perché così chiama l’opaca tradizione del partito, ma perché effettivamente si ha difficoltà a trovare nei contenuti, a parte politica delle alleanze e lo stile personale così fortunatamente diverso, proposte indigeribili dalle vedove di Renzi, oltre che da Renzi stesso, Calenda e tutto l’armamentario di centro democratico.

Poco in effetti ha detto Letta sulla questione chiave e davvero divisiva di questi ultimi decenni, ovvero della contraddizione insostenibile tra imprese globali e lavoro, delle diseguaglianze sociali generate da una distribuzione del reddito drammaticamente ineguale, in questo davvero tanto simile a quella constituency democratica (o socialdemocratica) che si propone di governare “addolcendolo” un modello di sviluppo globale che da troppo tempo distacca larghi strati sociali dalle istituzioni democratiche, aprendo praterie sconfinare alla nuova destra.

Una domanda per tutte: chi pagherà il conto, pesante, dell’inevitabile transizione ecologica o qualcuno davvero si illude che sarà a costo zero? Come saranno gestiti gli scambi con i paesi che tarderanno ad uniformarsi ai nuovi standard e come saranno controllati i capitali che, forsennatamente, si dirigeranno verso di essi, ben lieti di non pagare la tassa ecologica?

Enrico Letta ha promesso qualche risposta in più nelle prossime settimane e già oggi un vademecum: stay tuned.

Giuseppe Ucciero



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  1. Letizia ARCANGELImi sembra che il punto sia proprio l'ultimo, e quello delle alleanze. letta ha sottolineato di essere contro il proporzionale, è tutto rivolto a un partito che tenga insieme calenda renzi e leu e ha un bel dire che è contro le correnti, crede forse che spariranno per magia? e mettendo in tanto rilievo lo ius soli, uno dei temi più divisivi per quel ceto di penultimi che dovrebbe essere il suo tipico elettorati ma non si sente rappresentato dal PD, rivela che non è interessato all'alleanza coi 5 stelle. che era il grande progetto (bersaniano) di recupero di quel ceto che in parte non vota più e in parte vota a destra
    17 marzo 2021 • 11:16Rispondi
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