5 settembre 2020

REFERENDUM: SI, NO, M’AMA, NON M’AMA

Siamo alle ultime battute tra dubbi e ignoranza


Siamo veramente alle ultime battute prima del Referendum costituzionale. Nelle ultime settimane ci sono stati importanti cambiamenti di fronte a testimoniare che il dibattito parlamentare prima del voto delle camere era insufficiente e rispecchiava più che altro posizioni di schieramento.

natale

Non sarà, credo, come sfogliare la margherita, l’esito del referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari. Mi auguro comunque che, vinca il SI o il NO, nasca nel Paese un movimento più consapevole di opinione pubblica e di cittadinanza attiva in grado di esercitare il diritto di partecipazione alla vita democratica in modo autonomo libero e indipendente. Proprio per migliorare il livello di democrazia e di società civile, applicare finalmente la Costituzione e non più menomarla. Questo mio contributo vuole andare in tale direzione.

Il 20 e il 21 settembre le cittadine e i cittadini italiani sono chiamati a esprimere il SI o il NO alla legge di modifica costituzionale (artt. 56,57,59) che riduce del 36,5% il numero dei parlamentari. Riduzione drastica e chirurgica: da 630 a 400 i deputati; da 315 a 200 i senatori. Da 945 a 600 eletti: – 345!

Le motivazioni fondamentali del “taglio” risiedono: – nel risparmio di circa 100 milioni di euro l’anno; – nella convinzione che il numero 600 possa quasi automaticamente migliorare la qualità degli eletti e l’efficienza di funzionamento degli organi.

Si afferma da parte dei sostenitori del SI che è “meglio meno”, così si è più “credibili” e “ meno indistinti e dunque più forti, autonomi e autorevoli” (Travaglio, Il Fatto, 20.08.20). E diventa davvero rivelatrice l’affermazione del giurista Nicola Ferri che, a sigillo del suo intervento per il SI, riporta questa frase di Renzo Arbore: “ Meno siamo e meglio stiamo, che bisogno c’è di stare in tanti? (Il Fatto quotidiano,2.09.20). Traslata nel nostro contesto politico-istituzionale, questa frase diventa orripilante!

E’ meglio essere in pochi , sedicenti “buoni”, a governare? Meglio pochi nella stanza dei bottoni, come si diceva una volta? Ma questa concezione non porta al predominio permanente di oligarchie?

Ma non ci si ferma qui. Molti politici, ed ex presidenti del Consiglio, passano dal SI al NO e dal NO al SI con nonchalance e spregiudicata facilità, davvero riprovevoli sia dal punto di vista razionale che da quello etico. Come esempio, due pronunciamenti sconcertanti. Quello di Romano Prodi che condividerebbe il “taglio”, ma andrà a votare NO.

Come contrappasso mi viene in mente la “logica” che portò alla scelta del SI alla “schiforma” renziana di chi, come l’onnipresente filosofo Cacciari che affermò: “ Mi fa schifo ma voto SI”. Molto filosofico e razionale: voto SI allo schifo!

Tetragono Enrico Letta voterà SI perché lui non s’interroga su eventuali “effetti collaterali” più o meno negativi del “taglio”. Lui bada al sodo: SI, con la testa nella sabbia come gli struzzi.

C’è il SI chiaro e netto della destra, in particolare dei leghisti e degli eredi del fascismo: il taglio è un passo importante per approdare al “presidenzialismo”, per vere modifiche autoritarie del nostro sistema democratico. Ma c’è anche il NO di quelli che mirano a creare confusione (i cosiddetti poteri forti?) e a perseguire l’obiettivo di indebolire e far cadere il Governo “giallorosa” del Conte 2. Quelli che strillano e amplificano allarmismi su “populismo” e “antipolitica”: la grande stampa e le oligarchie proprietarie dei mezzi di informazione.

Mi fa ridere, anzi mi preoccupa, quando Il Fatto, quotidiano che meritoriamente gioca un ruolo importante nell’informazione libera e indipendente e che ebbe il merito nel 2016 di battersi per il NO allo stravolgimento della Costituzione da parte di Renzi e del suo governo, spara il 2 settembre un titolone di prima pagina “…I poteri forti per il NO”! Quel titolo fuorviante non contribuisce a informare sulle ragioni diverse e diversificate e trasversali del NO e del SI e fa il paio con gli strilli e gli allarmismi del cosiddetto “ giornalone unico”. La P2 di Licio Gelli – rappresentante dei poteri forti o di quelli deboli ? – nel suo “Manifesto per la rinascita” sosteneva il bipartitismo e, leggi, la riduzione dei deputati a 450 e dei senatori a 250: stranamente meno onerosa dell’attuale “taglio”. Generoso Gelli!…

Dalla Costituente a oggi si sono confrontate posizioni diverse sulla rappresentanza e sul rapporto eletto/elettore. Principalmente due. Una liberale/oligarchica/elitaria, l’altra più rappresentativa e plurale, più aperta e partecipata.

Quantità e qualità si influenzano e si condizionano. Come pure le modalità con cui si procede nel percorso riformatore.

La legge elettorale (proporzionale con liste aperte e diritto di scelta da parte dell’elettore, maggioritario e addirittura con premio di maggiorana, liste bloccate e candidati decisi dai capi partito, ecc.) è elemento costitutivo di un sistema democratico aperto o chiuso, partecipato e plurale oppure oligarchico e “castale”.

La democrazia rappresentativa non migliora se si opera in via preponderante sulla riduzione del numero degli eletti e sull’aumento del numero dei rappresentati in rapporto al rappresentante.

Infatti le stesse forze politiche promotrici del taglio assicurano, comportandosi come chi ha la coda di paglia, che approveranno una legge elettorale proporzionale ma con l’eccessivo sbarramento al 5%, modificheranno i regolamenti parlamentari e riorganizzeranno le commissioni, ecc.

Domanda: perché questi interventi non sono stati fatti prima dell’approvazione della legge costituzionale oppure contestualmente a essa?

Non è un bell’esempio di responsabilità istituzionale quando parte della classe dirigente (in questo caso il PD), dopo aver votato per tre volte NO in Parlamento, si accorda con i 5Stelle e cambia il NO in SI per formare una nuova maggioranza governativa. Ma il Governo non dovrebbe rimanere fuori dal processo di riforma costituzionale, esclusiva prerogativa del Parlamento? La scelta del PD non getta discredito su stesso e offende l’onore della classe dirigente?

Da oltre un trentennio, purtroppo, rimane fuori dall’orizzonte delle classi dirigenti del nostro Paese (e non solo del nostro) la prospettiva di costruire un futuro di vita sociale economica civile e politica che blocchi il progressivo aumento dello sfruttamento e delle disuguaglianze, che eviti il disastro ecologico e quello del sistema democratico costituzionale.

Non è un caso che, ad es., il referendum del 2011 per l’acqua pubblica non abbia ancora una legge applicativa.

Non è un caso che è ancora ferma in Parlamento la proposta costituzionale del referendum propositivo che possa dare al cittadino-a la possibilità di compartecipare direttamente alla formazione delle leggi.

Con leggi elettorali antidemocratiche e anticostituzionali, con denominazioni da brivido che gettano discredito sulle istituzioni (porcellum, italicum, rosatellum…), si limita il diritto di voto e la stessa democrazia rappresentativa. Ormai da più legislature i parlamentari sono per lo più “nominati” dai capi partito e capi bastone. Il loro ruolo è svilito a tal punto da diventare appendice del potere esecutivo e delle lobby e potentati economici. E anche quando si auto riducono e si auto castrano non riacquistano credibilità.

Dispiace constatare che anche una forza politica nuova, e di maggioranza relativa in Parlamento, come i 5Stelle, si sia dimenticata degli enormi sprechi delle risorse pubbliche in una pletora di enti inutili e di sperperi e di privilegi odiosi che impoveriscono la Repubblica e favoriscono pochi privati. E’ davvero un peccato che il M5S non sappia (non voglia?) valorizzare la propria scelta coraggiosa di autoridurre lo stipendio dei propri parlamentari a favore di un fondo di sostegno a piccole e medie imprese, trasformandola, ad es., in una proposta legislativa.

Possibile non porsi il problema cruciale delle enormi spese militari? Per i nostri governanti è sostenibile che si spenda all’anno per le armi e le infrastrutture militari oltre 36 miliardi? E , secondo i calcoli dell’Istituto Internazionale per la Pace, si arrivi a dilapidare 100 milioni di euro al giorno per micidiali strumenti di distruzione e di morte e, per occupare i primi posti come Paese produttore e venditore di armi, scimmiottare le potenze militari globali? Quante volte viene violato l’art. 11 della Costituzione (L’Italia ripudia la guerra…) ?

Dispiace constatare che anche il M5S non si interroghi sul rischio che il nostro Paese corre di spappolarsi da quando la nefasta riforma del centro-sinistra modificò (2001) il Titolo V della Costituzione, rincorrendo il movimento leghista nella folle corsa alla frantumazione localistica con ricorrente minaccia di secessione.

Oggi, le Regioni somigliano di più a 20 staterelli che a enti territoriali decentrati. Il vulnus costituzionale si fa sempre più grave e lo si è visto nell’acuirsi dei “conflitti” interistituzionali durante l’emergenza sanitaria e nella gretta rivendicazione della cosiddetta “autonomia differenziata” (cfr. mio articolo su Arcipelago n. 34/18.10.2017).

Come si fa ad accettare la vulgata nominalistica dei presidenti delle regioni denominati “governatori” come quelli degli stati federati degli USA? Come si fa a non indignarsi quando in qualche regione a statuto speciale (non è arrivato il momento storico di abolire la “specialità” delle 5 regioni?) i consiglieri si chiamano deputati? Non è scandaloso che un consigliere regionale arrivi ad avere uno stipendio di 200.000 euro e anche di più l’anno?

E’ mai possibile che nessuno si ponga seriamente la questione degli enormi costi complessivi delle 20 regioni-staterelli che ammontano a oltre 550 miliardi di euro l’anno?

Per una documentazione più accurata sulle ragioni del NO, consiglio di leggere l’appello di 183 costituzionalisti, il manifesto del Comitato delle donne, il documento della CGIL e quello dell’Associazione per il rinnovamento della sinistra; di frequentare i siti del Comitato per il No e del Coordinamento per la Democrazia costituzionale, del Comitato Rodotà per i beni comuni, dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI).

Giuseppe Natale



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  1. Annalisa FerrarioMi spiace, ma a mio parere le spese militari sono indispensabili per non delegare a terzi l'autodifesa (e quindi l'autonomia) territoriale (come invece avviene oggi, quando sono gli Stati Uniti che ci "proteggono" - se, quando e come vogliono, beninteso). Strano che su un tema così cruciale ci sia questa cecità. Saluti
    16 settembre 2020 • 11:17Rispondi
  2. FrancescaVoto No perché condivido pienamente le motivazioni del Comitato delle donne.
    16 settembre 2020 • 18:28Rispondi
  3. Massimo MaggiaschiGore Vidal vede nelle spese militari in Usa uno strumento di corruzione ed un punto altamente critico. È giusto vedere di spendere meglio le risorse senza pregiudicare l'efficenza dello strumento militare. Per il referendum siamo di fronte a un taglio secco ed ognuno farà le proprie valutazioni. La Knesset in Isdraele può essere un esempio valido cui riferirsi.
    17 settembre 2020 • 09:45Rispondi
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