25 agosto 2020
BEPPE SALA SINDACO 2.0
I tempi del Covid
Ci son almeno tre cose che tutti noi vorremmo sapere: quando il Covid-19 non sarà più un pericolo, cosa ci lascerà e come ci arriveremo. A queste tre domande nessuno è in grado di rispondere e temo che chi oggi dia delle risposte esprima solo un auspicio.
Nella storia recente di Milano nessuna Giunta e nessun Sindaco si sono trovati di fronte ad uno scenario simile a quello attuale. Molti, nel tentativo “storicizzare” questo evento, hanno ricordato la ricostruzione post bellica ma è un confronto che non calza perché la pace sanava in un colpo la malattia della guerra in Italia e contemporaneamente mandava a casa un’intera classe politica responsabile della sciagura che si era abbattuta sul Paese. La classe politica nascente si formò in un profondo dibattito di idee e in un confronto tra ideali in aperto conflitto. La nuova classe politica inaugurò allora la democrazia in Italia.
Il Covid è diverso, la sua “pace” non sarà un improvviso voltar pagina ma un lento andare o ritornare: a cosa?
La classe politica non sarà azzerata ma profondamente traumatizzata dal Covid e messa di fronte ai suoi mali, alle sue contraddizioni, alla sua impreparazione, alla sua fondamentale debolezza: una politica che ha sostituito gli ideali con una banale strategia del consenso per un potere senza ideali che continuamente e inutilmente evocati, suonano beffardi rispetto ai comportamenti reali, fatti di piccole strategie quotidiane per la propria sopravvivenza.
Tra i guasti principali di questa “politica” c’è la debolezza nei confronti del potere economico all’interno del quale si cercano alleanze occasionali del tutto indipendenti da un disegno orientato al bene comune.
Forse la pandemia ha risvegliato gli animal spirits di una parte del mondo economico che si riconosce nel quarto settore ma è presto per dirlo.
Allora chiedere a questa classe politica cosa sia il “cosa” verso cui andare nel dopo Covid finisce con l’essere una delle tante domande che restano senza una risposta credibile perché disancorata da un modello di società che nessuno dichiara di voler avere perché non esistono modelli neutrali, un cappotto per tutte le stagioni che vada bene per tutti, anche per i più deboli. Forse è meglio non parlarne, meno compromettente e sopratutto non richiede coraggio.
Questo scenario vale anche per i poteri locali? Probabilmente sì ma non ne sono certo e possiamo partire da una considerazione: i sindaci sono i primi e forse realmente gli unici a subire sulla propria pelle i contraccolpi del disagio sociale, delle crisi economiche, dell’emarginazione crescente. Nei momenti di crisi come quello della pandemia spesso si trovano a giocare il ruolo di condottieri disarmati ma questo non li solleva dalla responsabilità di mettere in atto tutti i provvedimenti possibili nell’ambito della legislazione comunale vigente.
Questo disagio sembra sentirlo anche il sindaco Sala, almeno così traspare dalla sua ultima intervista a la Repubblica di martedì scorso (24.08), intervista che è sostanzialmente un’indicazione delle aree tematiche che intende privilegiare nella sua azione politica, precedute da una serie di affermazioni importanti: ci vuole coraggio, non dobbiamo avere rimpianti del passato e le azioni saranno alcune a breve, altre di lungo periodo.
Le aree tematiche sono i giovani, gli stranieri, la solidarietà.
Come sempre tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare: la declinazione in atti amministrativi sono l’esplicitazione di una precisa volontà. Se questa declinazione non c’è e non è dichiarata si ricade in un’inutile deludente genericità.
Da qui al prossimo giugno – le future elezioni comunali – sarà il tempo che Sala ha a disposizione per mostrare che dalle parole si è passati ai fatti.
Ma a giugno Beppe Sala ci sarà? Dice che scioglierà il nodo in funzione del risultato delle prossime regionali. Questo non lo capisco. Le prossime regionali potranno forse far cambiare gli equilibri di governo, potrà esserci un Governo amico o un Governo ostile. Se il Governo sarà amico che problema c’è? Se sarà nemico, si abbandona il campo? Non sarebbe decoroso. C’è il timore di un insuccesso elettorale? Chi fa politica non dovrebbe sottrarsi al giudizio degli elettori. Se invece lo scenario nazionale è visto in funzione di una propria carriera politica o manageriale, allora le cose sono molto diverse: ognuno se la vede con la propria coscienza e col suo senso di appartenenza. I milanesi lo sapranno giudicare.
Ci sono due parole nell’intervista a Sala che meritano un commento: il rimpianto e il coraggio, quello delle decisioni.
Ce n’è una terza: i giovani e la lascerò per ultimo.
Che cosa dovremmo rimpiangere? Chi dovrebbe rimpiangere? Dovremmo rimpiangere il Modello Milano? La città che nella sua crescita ha lasciato indietro gli ultimi? Quella che non ha ridotto le disuguaglianze? Che ha dimenticato le periferie malgrado le tante dichiarazioni del genere “Le periferie al centro” facendo interventi di pura facciata? Che all’arrivo del Covid per prima cosa si è occupati delle piste ciclabili? Che ha eletto a mantra dell’urbanistica cittadina la cosiddetta Urbanistica tattica ridotta a pittare le piazze? Che ha perso una delle buone occasioni, quella della risistemazione di Piazza Sant’Agostino, per farne un piccolo parco urbano invece di colare asfalto, alla faccia della permeabilità del suolo?
Sul chi dovrebbe “rimpiangere” non ho dubbi: gli operatori immobiliari che sono diventati i veri decisori dell’urbanistica milanese. Lo saranno ancora? Mano libera a chi manomette pesantemente la città intervenendo sull’architettura storica dell’esistente?
Quanto al coraggio, quello sì ci deve essere! Il coraggio di chiudere la vicenda Stadio senza andare contro la volontà dei residenti che, se vogliamo adottare la strategia dei Borghi di cui parla Stefano Boeri, sono un borgo, un borgo che vuole più verde e meno edificato. Il coraggio di riprendere in mano il Piano di Governo del Territorio, di rivedere tutto il problema degli Scali per restituire alla città il maltolto, il coraggio di una vera politica del verde e dell’ambiente.
L’elenco degli atti di coraggio che i cittadini si aspettano è molto più lungo, c’è solo il problema della scelta.
Veniamo ai giovani.
Sembra che il loro problema sia la casa. Lo è certamente ma non il solo e apparentemente il più facile da risolvere se è vero che il mercato dell’affitto calerà in mancanza di turismo e qualche opportunità arriva e potrà arrivare da iniziative specifiche.
Già che ci sono vorrei ricordare che il problema casa non riguarda solo i giovani ma di questo non si parla.
Il vero problema è capire i giovani e il loro rapporto con la città ma soprattutto creare occasioni di lavoro stabile e contrastare la diffusione dei cosiddetti “lavoretti”, la gig economy, la vera prateria del lavoro sottopagato. Il Comune non ha strumenti specifici a difesa del lavoro giovanile e questo problema va risolto a livello legislativo ma il Comune deve proprio aprire il confronto politico perché la gig economy è un problema specificamente urbano.
Il tema del lavoro non può ignorare uno degli aspetti più sorprendenti dell’effetto Covid: l’esplosione del lavoro da remoto. Non posso aggiungere nulla a quello che si è già detto e scritto e sulla rivoluzione probabile del mondo del lavoro ma anche dei problemi di viabilità, di trasporto urbano e nel mercato immobiliare. L’amministratore delegato di Leonardo, Profumo, ha ipotizzato che il 30% dei dipendenti di concetto delle aziende e forse anche degli studi professionali continuerà a lavorare da remoto. È detto tutto.
Nessun dubbio sul fatto che la Giunta e il suo Sindaco si trovino ad affrontare una sfida improvvisa e con elementi di assoluta novità e drammaticità. Come Sala ha detto ci vuole coraggio ma, io penso, senza inutili fughe in avanti o pericolosa fretta.
Quanto tempo dovrà passare perché il “lascito” del Covid sarà diventato stabile e si saranno consolidati i suoi effetti sociali, economici e di comportamenti personali? Quando arriverà il tempo delle decisioni senza esitazioni?
Io non ho alcuna idea al riguardo, ho solo l’impressione che saranno tempi lunghi a quanto ci dicono i virologi, lunghi in Italia e forse lunghissimi nel resto del mondo e con riflessi anche da noi.
Luca Beltrami Gadola
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