24 agosto 2020
REPUBBLICA PARLAMENTARE E REFERENDUM SURREALE
Una superflua “causa temeraria” inflitta al Paese
24 agosto 2020
Una superflua “causa temeraria” inflitta al Paese
“Meglio meno, ma meglio”. Se passa il SI al Referendum costituzionale del 20 settembre – come prevedibile a occhio nudo – viene per certo confermata la prima parte della nota proposizione leniniana. Resta invece nel dubbio la seconda non essendo verificabile a priori la trasformazione della quantità in qualità (e viceversa), ipotizzata dalla filosofia dialettica, che potrebbe o dovrebbe far corrispondere il “meno” al “meglio”.Tuttavia, anche nella dannata ipotesi che tale corrispondenza non si verifichi rimarrebbe la magra consolazione che il peggio venga almeno numericamente ridotto.
Probabile comunque la massiccia conferma popolare della volontà del Parlamento, rivotata in seconda lettura alla Camera pressoché all’unanimità, salvo l’opposizione esplicita della storica “bastian contraria” Emma Bonino. Pertanto in caso teorico di prevalenza del NO i parlamentari in carica risulterebbero clamorosamente smentiti e sostanzialmente delegittimati.
Gli unici titolati a ricandidarsi risulterebbero i 71 senatori peones che ci hanno ripensato ovvero mandati avanti per imporre il referendum più dissennato della ormai non breve storia repubblicana (oltre, come detto, i radicali, inclini a tutti i referendum possibili, a prescindere). A nostra volta preferiremmo qui prescindere dai pur sgradevoli effetti collaterali di tale azzardata scelta: i costi aggiuntivi e le ricadute sul già problematico avvio dell’anno scolastico.
Il dubbio nasce dai recenti ondeggiamenti e mormorii intrapartitici, sorretti da squillanti sirene di noti opinionisti e maestri del pensiero, ansiosi di anticonformismo e disprezzo per il senso comune massificato, additato come gretto populismo. Meno stimolata a distinguersi ma piuttosto interessata a sopravvivere l’ampia categoria di ceto politico – eccessivo definirla “casta” – impegnata in un precario e logorante esercizio del sottopotere.
In discussione quindi il professionismo della politica (ovvero il semi-professionismo, abbinato a motivi di promozione personale nelle arti e nelle lettere o più banalmente nelle attività professionali collaterali) nondimeno privo delle certezze da “pubblico impiego” assicurate invece agli interlocutori più prossimi: i burocrati e i manager pubblici e para-pubblici.
La politica come professione in realtà ha una lunga storia. Nella prima repubblica era contigua al volontariato (nel PCI fino a Berlinguer i “funzionari di partito” erano retribuiti con i parametri del contratto-metalmeccanici terzo livello, ovvero operai qualificati, neppure specializzati), nello PSI e DC godevano di fittizi rapporti pubblici nella RAI o nei giornali collaterali.
Una modesta carriera era tuttavia assicurata con aperte possibilità di avanzamento, anche rapido, frutto di un’intensa attività di formazione e selezione, e di comprovate esperienze e competenze maturate sul campo. Non che non si affacciassero, già da allora, “nani e ballerine” grazie alle lungimiranti intuizioni di Bettino Craxi, precoce precursore dei successivi fasti berlusconiani.
Proprio quest’ultima stagione, sottoculturale e amorale prima che politicante, avrebbe contrassegnato la “seconda fase” della repubblica, nella quale la funzione politica ebbe a subire il generale dominio del mercato e della complementare concorrenzialità, anche interna alle organizzazioni, includente comportamenti spregiudicati e cinici.
Un machiavellismo d’accatto, disinteressato a perseguire – per quanto mediante “golpe e lione” – il “bene dello Stato” privilegia allora la manovra contingente e opportunistica; e talvolta tende a declinare verso il guicciardiniano “Franza o Spagna” con un’interpretazione alquanto disinvolta della garanzia costituzionale “senza vincolo di mandato”!
Pochi dubbi pertanto, personalmente, sul voto al Referendum; molti invece circa più o meno prossime elezioni politiche e/o amministrative, permettendomi di richiamare mia precedente perplessità in circostanze simili (Astensione vigile e attiva come voto potenziale”) pubblicato il 6 febbraio 2018, sempre su queste libere e disincantate colonne.
Valentino Ballabio
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