14 aprile 2020
NIENTE SARÀ COME PRIMA! SARÀ MEGLIO O PEGGIO?
Una domanda. Qualche risposta.
14 aprile 2020
Una domanda. Qualche risposta.
Lo scorso 28 marzo ho scritto una lettera agli autori di ArcipelagoMilano chiedendo loro una riflessione sulla ripartenza di Milano e come vorrebbero che avvenisse. Sono giunti moltissimi articoli, ancora ne sono in arrivo e li pubblicheremo tutti nelle prossime settimane. Gli autori hanno dato vita a una sorta di tavolo virtuale di discussione che sono certo proseguirà. Un grazie agli autori.
La stessa domanda me la sono fatta pure io. Sarà meglio o peggio? Temo peggio ma non disperiamo.
Purtroppo un primo segnale del peggio l’ha dato il sindaco Sala indicando recentemente Renato Mazzoncini, (ex numero uno di Ferrovie dello Stato), per il consiglio di amministrazione di A2A, l’azienda energetica posseduta da Milano e Brescia. C’eravamo illusi che, com’era stato lasciato trapelare in passato, Milano si considerasse in qualche modo vittima di Mazzoncini che aveva sottratto le aree degli scali ferroviari ai suoi legittimi proprietari: i cittadini milanesi. Non era così. Mazzoncini andava premiato!
Qualcuno ha detto che il Covid-19 sarebbe stato una cartina di tornasole. E’ vero. Ci ha fatto capire da che parte sta Sala. E pensare che tra le mie proposte ci sarebbe quella di metter mano al PGT, dimenticare il passato, cancellando in autotutela lo scempio della convenzione sugli Scali, ripartire da zero, farne uno nuovo che prenda atto di uno scenario completamente diverso dove l’assessore all’Urbanistica non avrà più bisogno di dipingere le piazze per salvarsi l’anima.
Questo comunque è Sala che come responsabile milanese della protezione civile non ha nemmeno fatto quello che la legge gli imporrebbe.
Un peggio latente poi c’è: perdita definitiva di elementi di democrazia e libertà perché sotto sotto, come per il virus dove ci sono più contagiati di quanto si veda, così tra i politici ci sono più sovranisti di quanti non lo dichiarino apertamente.
Prima di parlare del “meglio” qualche considerazione.
Che sentimenti mi animano nello scrivere? La rabbia, l’amarezza e lo sconcerto.
La rabbia per aver visto morire inutilmente tante persone, una nuova “strage degli innocenti”. Ho pietà per tutti ma soprattutto per gli anziani e non lo faccio per difesa della mia classe anagrafica. C’è una ragione particolare. Muoiono gli anziani, ma anche i meno anziani e con loro scompaiono i loro saperi, un patrimonio insostituibile. Il Covid-19 è una potente macchina che ha interpretato ad abundanziam lo spirito rottamatore di Renzi: far fuori i vecchi.
Nelle tribù ai primi passi della storia dell’uomo c’erano, ascoltati, gli anziani. Il consiglio degli anziani era un organo di tutte le comunità, un “senato” spontaneo e rispettato. Giovani e vecchi governavano insieme.
Oggi di quella tradizione ci sono ancora solo alcuni “anziani” ancora in circolo che sono ahimè parte della gerontocrazia politica ma soprattutto economica e che non fanno onore alle loro canizie.
L’amarezza, che mi accomuna con molti dei nostri autori, è quella di esser rimasti inascoltati. Questo non ci autorizza certo a dire la classica frase “noi l’avevamo detto”. Non lo dobbiamo dire perché sarebbe ammettere la sconfitta. Resistiamo. Ricominceremo a dire le stesse cose sperando che sia la volta buona. Accantoniamo l’amarezza.
Lo sconcerto. E questo è il peggio. La lettura dei quotidiani e le notizie che ci arrivano dagli amici a vario titolo coinvolti nella lotta contro il virus, per non parlare di quelli malati entrati e fortunosamente usciti dal girone infernale che si chiama “sanità lombarda”, ci fanno scoprire l’assoluta inadeguatezza di chi ci amministra: Gallera, Fontana, Sala per parlare solo dei più visibili.
Ma quello che negli ultimi giorni mi ha più colpito è la nostra città: “Milano attrattiva”, Milano Smart City”, “Modello Milano”, che vede crescere i contagi e i morti. La Milano internazionale, motore d’Italia, di fronte all’inefficienza dello Stato e della Regione che oggi brilla persino per il fallimento dell’ospedale in Fiera, non ha fatto nemmeno ciò che altre amministrazioni hanno saputo fare: provvedere direttamente a comprare per ogni dove mascherine, guanti e camici per proteggere i medici di base milanesi, ai quali andavano anche date mascherine a disposizione negli ambulatori da far indossare ai pazienti prima di visitarli. Tanto per dirne una, la prima che mi viene in mente.
Il cahiers de doléances sarebbe infinito e dunque inutile proseguire nell’elenco anche perché molti degli articoli che pubblichiamo vertono proprio su queste inadeguatezze clamorose.
Da alcuni di questi articoli emerge però un dato veramente drammatico. Quasi tutto quello che si dovrebbe fare per ripartire presuppone due cose: una riorganizzazione rivoluzionaria della burocrazia e una classe politica diversa.
La rivoluzione della burocrazia non sarebbe impossibile ma qui il cane si morde la coda: per farla ci dovrebbe essere una classe politica diversa perché la burocrazia campa sull’incompetenza della classe politica ridotta ad ancella della burocrazia.
Una classe politica diversa. Questo è il vero dramma. Dove la si trova, se a cercarla dovrebbero essere i Partiti stessi ormai estranei al Paese e in grado di muoversi solo per cooptazioni? E’ una domanda alla quale io per primo non so rispondere: mi di-spero ma spero che il miracolo si compia.
A questi nostri articoli altri ne seguiranno e comunque la nostra agenda non si ferma: parleremo anche della “decrescita felice” e del suo massimo ideologo, Serge Latouche, confrontandola con la nostra “crescita infelice”; parleremo del nuovo modello economico e sociale di cui si vagheggia e ci domanderemo, anzi vorremmo sapere, cosa hanno detto i governanti a Vittorio Colao a questo proposito.
Ho molto parlato del peggio e nulla ancora del meglio. Il meglio è una speranza. La speranza che tutti quelli che si sono rimboccati le maniche, che hanno lavorato a rischio della propria vita, che hanno dimostrato che ancora una volta il Paese è migliore di chi lo governa, serbino la memoria di chi è morto e diventino un’incalzante forza del cambiamento.
Per il momento non ci resta che augurare buona lettura e buona fortuna!
Luca Beltrami Gadola
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