28 febbraio 2019
VELVET BUZZSAW
Il finto thriller che esplora la vitalità istintiva dell'Arte
28 febbraio 2019
Il finto thriller che esplora la vitalità istintiva dell'Arte
Regia di Dan Gilroy
Con Jake Gyllenhaal, Rene Russo, Toni Collette e Zawe Ashton
Genere: thriller, orrore
Distribuzione: Netflix, 2019
Durata: 113 minuti
Come affermava Picasso, “l’arte scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni”. Così si potrebbe riassumere l’essenza di questa pellicola. Avete mai pensato all’arte come qualcosa di meschino o di misterioso? Se così non fosse questo è il film che fa per voi. Sedetevi sul divano, spegnete la luce e godetevi l’esuberanza artistica.
La storia narra di Josephina, un agente emergente d’arte contemporanea, che trova delle opere mozzafiato nell’appartamento di un vecchio inquilino del suo palazzo, defunto da poco. Decide di ignorare le istruzioni dell’artista, cioè di distruggere tali dipinti, e di venderli al mercato. Queste opere hanno molto successo e fanno scalpore tra collezionisti e critici. Nessuno sa che celano una maledizione: chiunque ne entri in possesso è destinato a morire.
L’idea di ambientare un thriller nel mondo delle gallerie d’arte è tanto ambiziosa quanto pericolosa. Infatti, basta poco per rendersi conto che questa realtà fa da sfondo a un tema molto più grande: la mercificazione delle opere d’arte. Sembra che ogni inquadratura ci suggerisca che si tratta di satira. Una satira un po’ troppo esplicita e didascalica. L’arte dovrebbe essere il frutto di emozioni e non deve essere pensata per il valore che può assumere. È chiaro il messaggio del regista: la mercificazione deve essere condannata.
Velvet Buzzsaw è un horror un po’ banale. L’intento di saldare questo genere al mondo delle gallerie d’arte è sicuramente originale, ma non ben riuscita. Più che thriller dovrebbe essere stato chiamato “film grottesco e d’intrattenimento”. Ci sono personaggi troppo caricaturali che lo rendono poco credibile. La parola thriller implica suspense, quindi, il suo compito dovrebbe essere quello di far rimanere lo spettatore incollato allo schermo fino alla fine. Purtroppo, si sviluppa in modo abbastanza ovvio fin dal principio. Il pubblico dovrebbe essere costantemente in cerca di risposte plausibili, ma i misteriosi eventi sono prevedibili fin da subito.
Anche il titolo del film è abbastanza esplicito. Velvet Buzzsaw rimanda a un gruppo punk, citato un paio di volte, tatuato sulla spalla di uno dei personaggi principali, Rhodora. Lei suonava per passione quindi il tatuaggio non è altro che il ricordo romantico dell’arte come espressione. Così facendo, si vuole sottolineare come la sincerità sia in contraddizione con la finzione del mondo artistico contemporaneo.
Nonostante le varie critiche non si può condannare questo film. È divertente e ti intrattiene, magari con una struttura un po’ incerta, ma originale. I personaggi sono molto interessanti. Le performance di Jake Gyllenhaal e Toni Collette possono definirsi sopra le righe. Ma la vera protagonista di tutte le scene è l’Arte. Le opere che vediamo nella pellicola, disegnate dal pittore defunto, sono quasi ipnotiche e catartiche. Ricordano la psicologia e l’introspezione di Freud, non a caso richiamato nel film. Creano un processo di liberazione e purificazione che poi sfocia nella morte. Una morte tormentata per essersi approfittati dell’artista e delle sue emozioni. Ecco quindi la grandezza dell’arte.
Samuela Braga