27 novembre 2018

ELEZIONI PD, DALLE DONNE IL SEGNO DEL CAMBIAMENTO?

Segreterie milanesi del Partito Democratico, proviamo a ragionare sulle ultime nomine


I risultati non hanno stupito, anzi erano ampiamente annunciati nella tendenza. Questo non significa che non siano di rilievo o segnati da importanti fenomeni. Certo, era prevedibile l’elezione di Roggiani alla Segreteria Metropolitana di Milano e lo stesso per Vinicio Peluffo in Lombardia. Prevedibili, ma non figlie di una univoca matrice politica. Se Silvia Roggiani ci appare, ma attenzione alle sorprese, come legittima erede del renziano Bussolati, Vinicio Peluffo sembra sostenuto da uno schieramento che, se è sbagliato descrivere come antirenziano, certamente trova le sue coordinate in un quadrante di ispirazione, come dire, “zingarettiana”. Entrambi, pur apparenti opposti, hanno vinto largamente nell’area metropolitana milanese, introducendo il sospetto non nuovo della schizofrenia dell’elettore democratico. Cosa pensare se sul medesimo territorio la “renziana” Roggiani tocca il 58% mentre lo “zingarettiano” Peluffo vola oltre il 64 %? Ma è proprio così, gli elettori democratici sono schizoidi o piuttosto nei singoli contesti elettorali hanno inciso, e come, altri fattori? Proviamo una prima analisi.

181127_Ucciero-02Il primo elemento, pare per quasi unanime consenso, è il fattore donna: le donne del Pd hanno votato compattamente e trasversalmente per Silvia Roggiani. Se la Pollastrini fu segretaria milanese del Pci nei lontanissimi anni ’80-’90, difficilmente si può negare che l’elezione diretta di una donna a segretario metropolitano Pd assuma oggi, in questo dato momento storico, una sua particolare e maggiore valenza politico sociale. Aldilà delle troppo facili caratterizzazioni a cui indulge la ripetitiva stampa di tendenza (“onda rosa”, “gang dem delle donne”, “madamine” e via discorrendo), la marcia delle donne verso i piani alti della società, della politica e delle istituzioni, sta marcando il nostro tempo come uno dei segni più autentici e di lungo respiro: in Italia e a Milano il suo protagonismo prende corpo anche come forma di “resistenza” democratica e come germe di rinascita civile. Certo, il soffitto di vetro ancora resiste, ma si notano crescenti incrinature. Se il ‘900, almeno fino agli anni 70, è stato il secolo del conflitto sociale tra capitale e lavoro, occorre riconoscere che il secolo da non poco ormai iniziato trova nel tema, ed il conflitto, di genere un suo importante connotato. E’ una lunga deriva, non priva di rigurgiti e difficoltà, ma che le donne siano ormai ben decise a contare effettivamente per la “metà del cielo” che sono, e finalmente anche nei posti di comando, è un fatto da mettere ormai a registro, e per fortuna.

L’elezione di Silvia Roggiani, giovane oltreché donna, è segno concreto di un passaggio culturale ormai trasmutato in articolazione della politica. Certo, è sempre in agguato la duplice illusione che assegna alle donne in politica, per il loro genere, una qualche specifica qualità “democratica”, o che il percorso sia ormai in discesa, mentre le difficoltà che ostacolano tuttora la pratica politica femminile sono ancora forti. In ogni caso, benvenute che noi “maschietti”, ammettiamolo, siamo un po’ stanchi, un po’ delegittimati, un po’ resi insicuri dal problematico bilancio millenario di un esercizio di potere non propriamente esaltante.

Approfondire sarebbe molto interessante, ma fuori dall’economia di questa analisi e passiamo oltre, segnalando un altro rilevante fattore di analisi del voto: la diversa dislocazione di alcune aree politiche PD nei singoli contesti elettorali, metropolitano e regionale. Non è un segreto per nessuno, ad esempio, che Area Dem, la componente che si riconosce in Dario Franceschini, abbia puntato sulla Roggiani per la competizione metropolitana e su Peluffo per la competizione regionale. Diciamo Area Dem, indicandola come parte più significativa di un tutto, certo disorganico, ma accomunato dalle sensibilità, e dagli interessi, in “libera uscita” dal finora egemone blocco renziano e che, in tale processo di dislocazione, operano scelte di arbitraggio tra gli schieramenti che, a dire il vero, in modo sempre più confuso, si stanno destrutturando e ridefinendo nel gran corpaccione del Pd nazionale e locale. Se questo complesso fenomeno di mobilità trasversale del voto di alcune componenti PD ha rilievo, forse ha inciso anche la diversa qualità delle candidature in campo: certo, le figure del giovane Skenderi e del maturo Vecchiarelli possono essere state percepite come non competitive, dando peraltro atto, in sede di bilancio, al “giovane” di un ottimo risultato ed al “maturo” di un esito decisamente al disotto delle aspettative, quasi un disastro. E così anche in Lombardia per il certamente più solido Comincini.

Una diversa chiave di lettura, potrebbe essere ravvisata infine nella differente platea di elettori chiamati al voto nelle assise metropolitana e regionale. Nella prima, è bene ricordare, hanno votato solo gli iscritti, mentre nella seconda anche i simpatizzanti ed i semplici elettori democratici. Il diverso universo elettorale potrebbe aver inciso, se si considera che gli iscritti dell’area metropolitana milanese sono 6.144, mentre si sono recati al voto regionale nella medesima area territoriale 9.475 votanti, tra iscritti e non, e dunque un bel 54 % in più. Se Roggiani ha raccolto il voto di 3.564 iscritti su 6.144 totali, Peluffo è stato votato da 6.048, ripetiamo tra iscritti e non iscritti. Aggiungiamo che il suo competitore, il renziano Comincini ne ha ottenuti 3.427, poco meno “numericamente” della “collega” Roggiani, ma certamente molti meno tra gli iscritti, se consideriamo che una buona parte dei suoi 3.427 voti non possono che provenire da non iscritti. Dobbiamo allora assegnare al candidato “zingarettiano” la maggior capacità di attrarre i voti fuori dagli iscritti PD, nel suo elettorato più largo? O piuttosto, e più semplicemente, il Comincini è stato abbandonato al suo destino di loser predestinato da chi ha pur votato Roggiani a segretaria metropolitana? O tutte e due? E si potrebbe formulare l’ipotesi per cui il Partito Democratico ha cambiato la sua pelle originaria, assomigliando ahimè sempre più a Matteo Renzi, mentre fuori, sul territorio, sembrano ancora prevalere orientamenti più vicini alla precedente identità del Pd? E che significa questo, ammesso che così sia, se lo proiettiamo verso le prossime elezioni generali, in primis le europee di maggio?

Se ne può parlare a lungo, ma tutto sommato conviene stare ai fatti, per come sono usciti dalle votazioni. Una giovane donna è stata finalmente eletta segretaria del Partito Democratico di Milano e questo aggiunge un segno importante al crescente protagonismo femminile.

Il Partito Democratico rimane indeciso sulla sua natura e sulle sue prospettive: prevalgono posizionamenti di potere rispetto a quelli di identità e di programma.

Detto questo, e, anche se è arduo immaginare oggi come i due fenomeni interagiranno, siamo molto curiosi ed interessati nel vedere come il nuovo protagonismo femminile inciderà “anche” sugli assetti del Partito Democratico e sulla politica intera del Paese, dando nuova linfa e credibilità a luoghi desertificati dalla caduta del consenso o magari chissà inventandone di nuovi.

Giuseppe Ucciero

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  1. Sergio BrennaMa non sarà meglio riflettere sul fatto che Silvia Roggiani, eletta segretaria metropolitana del PD milanese ha 34 anni abbia già avuto una lunga esperienza nel partito come assistente per 11 anni dell'europarlamentare Pd Patrizia Toia". Cioè assistente di una democristianona (a lungo funzionaria regionale delle giunte centriste) riciclatasi come politico prima nel PPI e poi nel PD? Andiamo proprio bene! Quante e quanti che, quando ho fatto l'assessore in giunte di sinistra, ho conosciuto all'opposizione sono oggi in ruoli di responsabilità amministrativa o di partito nel PD ! Sarà solo un caso ?
    28 novembre 2018 • 15:04Rispondi
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