12 dicembre 2017

IL PROGRAMMA DELLE OPERE PUBBLICHE E LE PROMESSE DEL SINDACO

Una ritrovata parsimonia tutta milanese


Il Programma triennale delle opere pubbliche approvato la settimana scorsa dalla Giunta e che sarà presentato al Consiglio comunale non può essere lasciato senza commenti. Cosa sia il “programma triennale” è presto detto: si tratta di un documento obbligatorio che ogni Comune deve redigere e che riguarda le opere pubbliche comunali previste per l’anno successivo a quello in corso e per i due seguenti, come prevede l’articolo 21 del Codice degli appalti.

editoriale41FBAll’origine di questa disposizione del Codice degli appalti stanno due obiettivi: da un lato obbligare i Comuni a programmare la loro attività edificatoria futura definendone fin nel dettaglio le caratteristiche, a cominciare dalle priorità, dall’altro lato fornire al mercato delle imprese edili indicazioni di qualità e quantità delle opere pubbliche che le amministrazioni locali intendono realizzare, per attrezzarsi a rispondere alla domanda del mercato edile di opere comunali.

Il primo obiettivo è raggiunto in parte perché solo alcuni dei contenuti che il Codice degli appalti prevede sono esplicitati nei documenti del Comune, mentre il secondo obiettivo è totalmente mancato perché, nelle realtà delle cose, solo la minima parte dei lavori previsti nel piano va poi effettivamente in appalto e le imprese ben lo sanno. Il confronto con i programmi dei trienni precedenti e quanto appaltato dà loro ampiamente ragione.

Venendo al sodo, questo programma triennale, a valere per gli anni 2018, 2019 e 2020, già ridimensiona fortemente il precedente che prevedeva 775 milioni per il 2017, che non sono stati fatti, e 630 per il 2018: con la recente delibera di Giunta il tutto si è ridotto a 300 milioni per il 2018.

Le destinazioni più importanti al momento sono le riabilitazioni e le manutenzioni di edifici comunali, la sistemazione di alcune piazze, il prolungamento della linea tranviaria verso il Quartiere Adriano e molte altre opere di massima urgenza.

La parsimonia nelle previsioni triennali è un buon segnale, vuol dire non farsi illusioni e tenere conto che la spesa del denaro pubblico in opere edili è sempre tutta in salita e in genere, se anche i denari ci sono, magari in bilancio ma non tutti in cassa, sono invece le procedure d’appalto che finiscono per costituire il maggior ostacolo, e le opere si perdono nel labirinto del Codice degli appalti che, come non smetterò mai di dire, va buttato nel cestino e rifatto di sana pianta perché non raggiunge nessuno dei suoi doverosi obbiettivi: spendere in un giusto equilibrio prezzo/qualità, garantire la concorrenza, evitare corruzione e infiltrazioni malavitose.

Ma veniamo al programma per le opere pubbliche del 2020: a quel che ne so, non vi è traccia della riapertura dei Navigli. Fortunatamente.

Il sindaco Sala lo aveva promesso in campagna elettorale e lo aveva ribadito anche recentemente. Ora i conti danno ragione a chi di quest’opera non ne vuol sapere. I motivi di tanta affezione a questo progetto sono per me incomprensibili se non con il desiderio di accontentare il folto manipolo di architetti e ingegneri che da almeno trent’anni inseguono il loro sogno leonardesco. Lasciamoli sognare.

L’intervento indiscutibile di Gillo Dorfles di domenica scorsa sul Corriere della Sera spero che sia la pietra tombale del progetto che io salverei, quando vi saranno i soldi e niente di più urgente, solo per due parti: la Conca di Viarenna e via Melchiorre Gioia. La Conca di Viarenna oggi è un residuo abbandonato che merita di essere sistemato.

Quanto a viale Melchiorre Gioia, vorrei lo prendessero da subito in carico tutti i cultori del verde orizzontale e verticale: Melchiorre Gioia deve diventare, perché ne ha la larghezza, un grande viale alberato, una bella spina verde che si può fare senza grandi investimenti. Quando?

Luca Beltrami Gadola



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