5 luglio 2017

POLITICA MILANESE: DALLA CARTA DEI VALORI ALLA CARTA DEI BISOGNI

Accordi difficili ma non impossibili


La partenza del difficile tentativo di raggruppare i brandelli sparsi della sinistra milanese parte con una dichiarazione (*) di Giorgio Gori, candidato in pectore alla carica di Governatore, che lascia a dir poco perplessi: la redazione di una “Carta dei valori”. Sinceramente non se ne sentiva il bisogno: i precedenti non sono lusinghieri.

01_editoriale25FBNon abbiamo ancora dimenticato la Carta dei valori redatta dagli 11 esperti (**) in occasione delle primarie per la scelta del Sindaco alle ultime comunali del 7 febbraio del 2016, Carta dei valori sottoscritta “implicitamente” da tutti quelli che si sono recati alle urne per quelle primarie.

Era un elenco di buone intenzioni interrotto da compiaciute considerazioni sui successi della Giunta Pisapia ma soprattutto mettendo in primo piano l’innegabile successo di Expo 2015. Farne una rilettura oggi potrebbe essere persino un utile esercizio per tracciare il bilancio di quello che è successo da allora a oggi e di quello che si dichiarava di voler certamente in materia di “atteggiamenti” da tenere nei confronti dei problemi della città più che non dei “provvedimenti” necessari a risolvere i problemi.

L’esempio più clamoroso è il caso della “partecipazione” dei cittadini che ha avuto una sola declinazione reale nel cosiddetto “Bilancio partecipativo”, ora alla seconda e più completa edizione, partecipazione che si è invece infranta in occasione dell’operazione scali ferroviari. Inutile parlarne ancora di questa vicenda ancora in corso e ridescrivere pantomima.

Viene spontaneo farsi una domanda: ma a cosa deve servire una Carta dei valori? Se serve come documento fondativo di un’alleanza politica, nella maggior parte dei casi per tenere insieme molte anime diverse e in qualche caso persino contraddittorie, si limita a un’elencazione di principi che qualunque pur modesto democratico non esiterebbe a sottoscrivere a patto che non abbia nessuna seppur velata obbiezione alla parità di genere, all’uguaglianza razziale, alla libertà religiosa e così via: insomma un parente stretto della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948.

Ma appena si volesse scendere in profondità entrando nel campo “minato” delle ideologie, date per morte senza esserlo, ecco che diventa in sostanza impossibile redigere una Carta dei valori “vera” che includa seriamente frammenti della sinistra a sinistra del Pd. Le prese di distanza di Tomaso Montanari sono lì a dimostrarlo e l’intervista a Repubblica di Bertinotti, il vecchio “guastatore” della sinistra, sono la conferma di un’inesauribile vocazione distruttiva.

Forse andrebbe tentata la via di una Carta dei bisogni: sui bisogni reali potrebbe essere possibile un’intesa che non scateni la saga dei paletti, dei distinguo, delle prese di distanza, dei vecchi rancori, purtroppo non l’ansia del leaderismo perché quella è inesauribile. I bisogni son quello che sono e non fanno distinzioni di colore politico.

Comunque anche conoscere e capire i bisogni non è né semplice né banale. I famosi “tavoli”, sempre evocati e organizzati, sono sì il luogo dove alcuni “bisogni” possono emergere ma si tratta solo dei bisogni avvertiti dalle persone nel rapporto tra sé e la società, tra le attese personali e la possibilità della loro soddisfazione, il conflitto tra i propri interessi e quelli altrui, il bisogno di legalità, di giustizia fiscale, di sicurezza, di tutela della salute. Emergono i problemi ambientali, il verde, l’inquinamento.

Le tecniche per il sondaggio dei bisogni sono ormai consolidate: c’è poco da scoprire a partire dalla formazione di gruppi di portatori di interessi e la loro capacità di rappresentazione rispetto alla collettività.

Ci sono poi i “bisogni” generali, quelli che ogni singolo cittadino stenta ad avvertire o non avverte affatto. Il caso dei servizi è esemplare: il cittadino ne avverte la qualità ma non è certo in grado di valutarne i problemi di organizzazione e gestione a grande scala. Il compito della politica e di chi si candida alla guida del Paese è proprio quello di individuare i bisogni di là da quelli personali e darne risposta. Per capire questi “bisogni” non ci vuole molta fantasia.

Certo come rispondere ai bisogni non è univoco ma è una questione meno sottile e meno divisiva per chi vaga nell’iperuranio delle grandi questioni ideologiche o di principio.

Su una “Carta dei bisogni” mi sembrerebbe più facile trovare un’intesa e comunque sarebbe un tentativo per dimostrare la volontà di avvicinare gli elettori agli eletti, soprattutto pensando a quelli che non si rassegnano al meno peggio pur di votare e perché non vadano a ingrossare la schiera degli astensionisti.

Luca Beltrami Gadola

(*) Montanari – il Corriere della Sera Milano – 1 luglio

(**) Marilena Adamo, Mario Artali, Alessandro Capelli, Giulia Cometti, Andrea Di Stefano, Gad Lerner, Alessandra Naldi, Ivana Pais, don Gino Rigoldi, Mario Rodriguez, Francesca Zajczyk



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


23 aprile 2024

L’ERRORE DI CAMBIAR NOME ALL’URBANISTICA

Luca Beltrami Gadola



9 aprile 2024

MILANO PREDONA

Luca Beltrami Gadola



19 marzo 2024

MILANO E IL CAPITALISMO RELAZIONALE

Luca Beltrami Gadola



5 marzo 2024

COMUNE DI MILANO: PSICOTERAPIA DI GRUPPO

Luca Beltrami Gadola



6 febbraio 2024

UNA GRETA THUNBERG PER L’URBANISTICA MILANESE

Luca Beltrami Gadola



23 gennaio 2024

NECESSE EST

Luca Beltrami Gadola


Ultimi commenti