8 febbraio 2017

AUTONOMIE LOCALI E PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI

Non rassegnarsi alla scomparsa della “volontà popolare”


Ha fatto bene Valentino Ballabio a riproporre le questioni attinenti gli Enti di governo di livello comunale e sovra-comunale, e specificamente quelle dell’area metropolitana milanese in relazione col territorio padano e lombardo. Condivido la sua proposta di “Carta rifondativa”, arricchita dalle considerazioni di Ugo Targetti. Ritengo anche che siano necessari ulteriori approfondimenti e integrazioni.

08natale05FBDal 2005, quando fondammo (Ballabio, Giuseppe Boatti, Targetti e chi scrive) un Comitato per la Città Metropolitana confluito nel 2011 nel Forum Civico Metropolitano, insistiamo a scrivere e a prendere iniziative sulle aree metropolitane (in particolare Milano) e sulla necessità di riformare le “autonomie locali”.

Va dato merito ad ArcipelagoMilano di essersi fatto portavoce delle diverse posizioni, e soprattutto strumento e spazio di riflessione e dibattito sulla democrazia decentrata e sulla questione urbana e metropolitana, che nella storia italiana ha – per dirla con Carlo Cattaneo – il suo “cuore” pulsante nelle città e nei comuni.

Accogliendo il suggerimento di Targetti di “alimentare il dibattito”, mi limito a qualche cenno su alcuni nodi che tardano colpevolmente a venire sciolti dalla politica nell’interesse generale e per il buon governo dei territori.

La campagna per l’abolizione delle Province si è rivelata demagogica e distruttiva, quando occorreva ridurne (e non aumentarne) il numero e precisarne compiti e funzioni , abolendo la figura del Prefetto, tipico rappresentante del centralismo statale di segno monarchico-autoritario: nel 1944 Luigi Einaudi affermava che “democrazia e prefetto ripugnano profondamente l’uno all’altro”!

Oggi gli effetti devastanti della L. 54/2014 sono sotto gli occhi di tutti. Per il vulnus inferto al diritto di voto: i cittadini non eleggono più i governanti di Province e Città metropolitane. Per gli enormi danni arrecati alle comunità locali e ai territori: non si capisce più chi deve fare cosa nel passaggio di accentramento nelle mani delle Regioni di funzioni tipiche delle Province.

Risultati catastrofici nell’erogazione dei servizi alle persone e nella gestione di infrastrutture e dell’edilizia scolastica. Due esempi: 5 mila scuole superiori senza manutenzione con aggravamento delle condizioni ambientali e organizzative per oltre 2 milioni e mezzo di studenti; 130 mila km di strade provinciali abbandonate al loro destino, con relativi ponti che crollano e uccidono … con l’impasse di forze e mezzi di soccorso nelle drammatiche emergenze (come i terremoti e gli sconvolgimenti derivanti dai cambiamenti climatici)… con il rimpallo di responsabilità nel (non)prendere le misure antismog, ecc. Se le Province piangono, non ridono le Città metropolitane che, né carne né pesce, senza risorse adeguate e con bilanci in rosso, neanche decollano … .

Con la politica scriteriata dei tagli indiscriminati, ma senza ridurre davvero gli sprechi, si esegue piattamente la linea liberistica di un becero capitalismo finanziario che mira a smantellare le conquiste fondamentali dello Stato sociale. In questo quadro anche i Comuni sono in forte sofferenza e non riescono più a erogare servizi essenziali e a fare normale manutenzione di scuole e strade.

Con la vittoria del NO al referendum costituzionale, è auspicabile che si torni a camminare sulle gambe della Costituzione, da rispettare e attuare, mai più stravolgerla in senso oligarchico e limitativo della “sovranità popolare”. Si dovrebbe quindi riprendere il cammino interrotto all’indomani della prima legge repubblicana sugli Enti locali (l. 142 / 1990), che prevedeva e prevede l’applicazione dell’art. 5 / Cost. – la Repubblica una e indivisibile, non apparato centralistico ma articolazione di autonomie locali nel più “ampio decentramento” da riconoscere e promuovere.

Diventa indispensabile e urgente raccordare con la legislazione ordinaria i principi fondamentali della partecipazione dei cittadini con quelli della sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (Prima e Seconda Parte Costituzione).

Chiedo scusa se mi permetto di fare riferimento ad alcuni miei articoli pubblicati su ArcipelagoMilano (in particolare i due interventi del 5 novembre e del 26 novembre 2014), nei quali si cerca di dimostrare la necessità e la funzionalità di un sistema equilibrato e paritario di Comuni, ciascuno con le prerogative amministrative del proprio territorio, ma dentro una rete di relazioni organizzata e governata dall’Ente Provincia e / o Città Metropolitana con funzioni di governo di scala sovra-comunale e di livello intermedio di raccordo con la Regione.

Tale sistema può funzionare come organismo vivo se si avvia un processo partecipativo e di controllo dalla base del “popolo sovrano” e di diffuso e ampio decentramento di poteri e funzioni gestionali in capo allo Stato centrale, alle Regioni, ai grandi Comuni capoluoghi.

A tal fine ritengo indispensabile: – l’abolizione del capoluogo in quanto comune unico, da articolare in più comuni e non certo nella finzione di apparente decentramento dei cosiddetti municipi che neanche esistono in Costituzione; – la fusione dei piccoli Comuni in nuove entità amministrative di dimensioni relativamente omogenee e di sicura autonomia finanziaria.

Dentro tale processo potrebbe davvero mettersi in moto un circolo virtuoso di vero decentramento dall’alto in basso e di attiva partecipazione dal basso in alto. A una condizione: che una cittadinanza consapevole impegnata e responsabile prenda direttamente in mano anche queste questioni, allo stesso modo con cui si batte per i diritti fondamentali, per l’ambiente e la riconversione ecologica dell’economia, e così via.

 

Giuseppe Natale
Forum Civico Metropolitano

 

 



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