28 settembre 2016

CENTRI COMMERCIALI E SISTEMA METROPOLITANO MILANESE

Gli effetti indotti tra scomparsa di vecchi esercizi e problemi di traffico


Da pochi mesi ha aperto a nord-ovest di Milano il nuovo centro commerciale nell’area ex-Alfa Romeo di Arese, facendo parlare di se per il design accattivante, l’ampia offerta di negozi e di servizi, e il traffico indotto sulla viabilità circostante. A sud in autunno aprirà il nuovo outlet collocato tra Opera e Locate Triulzi, un villaggio per gli acquisti di dimensioni comparabili a quello di Serravalle Scrivia. A est sembra ormai prossimo all’avvio il cantiere per il centro commerciale Westfield a Segrate, che includerà il primo grande magazzino in Italia delle Gallerie Lafayette.

05pompilio31fbLe procedure di autorizzazione di questi progetti sono state avviate molti anni fa, anche prima della crisi economica. Tuttavia anche oggi gli operatori continuano a presentare nuovi progetti, nonostante la crisi non sia passata e nonostante le regole più stringenti per l’autorizzazione di grandi strutture commerciali approvate a inizio 2014 dalla Regione Lombardia.

I tre interventi citati sono tutti esterni ai confini del Comune di Milano, ma i loro effetti cumulativi possono arrivare a interessarlo. Le nuove regole della Regione favoriscono il dialogo tra comuni per evitare, compensare, o perequare gli effetti negativi, ma è necessario che la Città Metropolitana, con le sue competenze più ampie di quelle della precedente Provincia, almeno sulla carta, sia messa in condizione di svolgere un ruolo di coordinamento e di favorire il dialogo tra i comuni tutti, dal più piccolo al più grande.

La valutazione degli effetti di questi insediamenti è molto complessa, e per determinati aspetti soprattutto sociali e ambientali non è neppure quantificabile. Questo non impedisce di svolgere alcune considerazioni qualitative.

La questione probabilmente più controversa riguarda i posti di lavoro. Gli effetti di una nuova struttura sul territorio richiedono un po’ di tempo per manifestarsi, e non è facile trovare dati e studi che abbiano svolto a posteriori un bilancio complessivo tra posti creati dalla nuova struttura e posti persi nelle strutture esistenti intorno e nei negozi dei centri storici. Gli effetti non sono peraltro determinabili univocamente, o trasferibili da un caso a un altro, dipendendo fortemente dalla situazione di contesto. In generale il bilancio risulta negativo, ma non sempre è così: vi sono anche casi in cui una nuova struttura commerciale ha attratto investimenti permettendo di rilanciare gli esercizi attorno e di riqualificare aree urbane da tempo depresse. Certo si tratta di casi fortunati, dove è stato possibile contare su un’attenta regia delle istituzioni pubbliche.

Ci sono consistenti effetti sui centri storici, che solo recentemente hanno cominciato a essere studiati. Osservando alcune città capoluogo di provincia si nota che molti negozi tradizionali chiudono, rimangono sfitti o vengono gradualmente sostituiti da attività di intrattenimento e di ristorazione a basso valore aggiunto, e spesso a rapido turn over. Da qualche tempo anche uffici e studi per la crisi economica chiudono o si trasferiscono in periferia. Lo shopping si contrae e la movida notturna si intensifica creando conflitti con la funzione di residenza. Se il tessuto sociale esistente si deteriora anche il presidio sugli spazi pubblici si indebolisce.  In molti centri storici è ormai urgente intervenire.

Il comune deve mettere a punto una nuova missione per il centro storico e quindi avviare una serie di coerenti azioni e servizi di sostegno per perseguirla. Esistono casi in cui l’operazione di rilancio ha funzionato. Se i nuovi centri commerciali sono sempre più ricchi e diversificati nei servizi offerti, i centri storici si devono attrezzare a loro volta, devono migliorare gli spazi pubblici, e risolvere i problemi di accessibilità che li rendono difficili da raggiungere.

Ci sono, ultimi di questo elenco ma non meno importanti, gli effetti sulla viabilità, per i quali esistono strumenti previsionali affidabili, ma che devono essere alimentati con dati completi, considerando un intorno territoriale sufficientemente ampio, e gli effetti combinati delle infrastrutture esistenti e di quelle programmate ma non ancora costruite. E’ necessario garantire la presenza al tavolo di lavoro delle istituzioni che gestiscono le strade e il trasporto pubblico. I nuovi centri commerciali citati all’inizio dell’articolo sono tutti localizzati nei comuni intorno a Milano, nei pressi delle sue tangenziali e delle autostrade, con ricadute che come intuibile interessano la mobilità del capoluogo.

Sarà interessante vedere se l’outlet che aprirà in autunno, collocato accanto alla stazione di Locate Triulzi, una delle fermate della linea suburbana S13, riuscirà a contenere l’accesso con auto e l’impatto sulla Tangenziale Ovest. Agli effetti sul traffico vanno aggiunte le connesse emissioni in atmosfera, che contrastano con gli sforzi del capoluogo per limitare i picchi di concentrazione degli inquinanti (area C, trasporto pubblico, limitazione Euro3, e altre iniziative).

Milano è molto più grande e strutturata, e non è detto che arrivi a soffrire dei problemi che si stanno manifestando nei centri storici delle altre città Lombarde. Tuttavia l’offerta di commercio a corona continua ad aumentare, e recentemente qualche preoccupazione è emersa da parte dei commercianti del capoluogo verso il grande outlet che sta per aprire a Locate Triulzi, che non è più a 100 km di distanza come quella di Serravalle, ma è raggiungibile in 15-30 minuti dal centro, con auto o ferrovia suburbana.

L’apertura di nuove strutture, più attraenti per i servizi offerti, e magari per il design, porta, a parità di capacità di spesa dei consumatori, alla chiusura di quelle esistenti più obsolete, o semplicemente fuori moda, con la conseguente creazione di nuove aree dismesse e il paradosso di un sempre crescente consumo di suolo a offerta commerciale quantitativamente invariata.

Le decisioni su interventi tanto complessi e impattanti per il territorio non possono essere lasciati al singolo comune, specie se piccolo. Le più recenti linee guida della Regione favoriscono il coinvolgimento dei comuni confinanti, ed è già un passo avanti. Ma non basta, ci vuole anche un soggetto istituzionale sufficientemente autonomo che svolga il lavoro di coordinamento conoscendo il territorio. Un ruolo che un tempo era affidato alla provincia e che oggi, a maggiore ragione, deve vedere coinvolta la Città metropolitana. Alla conferenza di servizi per le autorizzazioni bisogna che gli enti si presentino con competenze e strumenti adeguati, con piani territoriali aggiornati, per valutare i contenuti degli studi presentati dal proponente. Anche il livello più strategico e politico deve essere coinvolto, a partire dai sindaci attraverso l’Assemblea metropolitana.

 

Marco Pompilio
Ingegnere, esperto di pianificazione territoriale

 



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