23 maggio 2017

FFSS: CHIEDI ALL’OSTE DEL SUO VINO

Silenzi e code di paglia nei rapporti tra FFSS e Milano


Venerdì della settimana scorsa Michele Serra su la Repubblica ha scritto una delle sua pungenti “amache” a proposito del dibattito sulla legge elettorale. In sintesi dice: ci intontite con discorsi dei quali non siamo in grado di capire perché sono troppo specialistici. Vi abbiamo eletti, avete la delega, fate il vostro mestiere. Se non ce la fate arriveranno i cinesi (anche in questo caso – N.d.R.) e li accoglieremo festanti.

01editoriale19FBIn quelle poche righe c’è una grande verità: cosa capiscono, cosa sanno i cittadini degli affari del Governo? Cosa emerge comunque? La risposta banale è che emerge solo quello che è oggetto di un dibattito parlamentare che permetta di marcare le differenze, in pratica solo quello che serve alla campagna elettorale, che sia domani, doman l’altro o chissà quando visto che come sempre i Governi cadono al momento più alto del consenso di una forza politica che dunque vuol passare all’incasso.

Non è dato sapere dal ministro Delrio che cosa succeda dunque al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, e che decisioni abbiano preso per quel che riguarda le Ferrovie dello Stato e la loro attività, ovviamente di concerto con il Ministero del tesoro che ne è l’azionista. Possiamo dunque solo basarci sulle dichiarazioni di Renato Mazzoncini amministratore delegato di FFSS, ormai un po’ su tutti i media e da ultimo in una lunga intervista rilasciata l’altro ieri, 22 maggio scorso, ad Affari&Finanza, il supplemento business di la Repubblica. Una intervista del genere “chiedi all’oste se è buono il suo vino”: una sorta di avviso agli operatori perché ne tengano conto.

Suggerisco a chi si sta occupando degli scali milanesi di leggerla ma lo suggerisco anche a chi vuol cercare di capire da che parte sta andando il Governo in materia di sviluppo economico e a favore di chi. Per questa seconda categoria di lettori ci mettiamo a calendario un nuovo appuntamento.

Ai primi, per capire bene come stanno le cose, suggerisco di puntare gli occhi nell’intervista alla risposta data alla “garbata” domanda: Treni, metropolitane, autobus. All’elenco mancano le stazioni. Che ne fate? La risposta è chiara: centri commerciali sul modello Autogrill, perché abbiamo visto che: ” il 30% delle persone che entrano in Centrale ci vanno a fare la spesa”. Sono contento per loro, molto meno contento l’altro 70% che per raggiungere il treno prima fa il giro dell’oca e maledice FFSS e il trolley che si sta trascinando. Come dire: il viaggiatore non è un cliente ma una risorsa: spremiamola. Per vostra informazioni Grandi Stazioni Spa – vedi Stazione Centrale – è stata ceduta al gruppo Antin – Borletti – ICAMAP per 1 miliardo. Nell’interesse dei viaggiatori ovviamente. A chi le piccole stazioni? Si preparino gli amici.

Per carità, business is business ma questo e altri episodi, dei quali parleremo, serve da un lato per capire quale è l’interesse di Renato Mazzoncini e di Carlo Di Vito* per le sorti degli scali milanesi – far cassa e valorizzare l’asset patrimoniale costituto dalle aree – e perché si capisca una volta per tutte che siamo una pedina di un gioco che si fa altrove, che le operazioni pubbliche di (finta) partecipazione, dibattito e compagnia sono solo fumo negli occhi, presa in giro: alla fine le cose andranno come vogliono lorsignori.

Vale la pena di porsi la domanda se è giusto che Milano e i milanesi siano una pedina di un gioco fatto altrove al quale non hanno diritto di partecipare, visto che ci hanno assegnato il titolo fresco di locomotiva del Paese e di Smart City ma questo riguarda la schiena dritta di consiglieri comunali e Giunta. Pedine perché?

Vorrei anche aggiungere una nota assolutamente personale: il dibattito sugli scali ospitato da questo giornale, a prescindere dalla sicura autorevolezza degli autori, ha dimostrato quanta passione vi sia in città per la cosa pubblica e questo è il vero “modello Milano”. Per questo non nascondo una certa irritazione nei confronti di chi giudica questo dibattito come una sorta di opposizione preconcetto al “fare”: noi vogliamo che gli scali si utilizzino al più presto per soddisfare “bisogni” pregressi , attuali e possibilmente futuri della città. Bisogni. Di Milano.

Resta aperta una grandissima questione: dopo l’Accordo di Programma cosa? Chi sta tracciando una credibile time table? La sua scansione, nessuno lo può negare, avrà come unità di misura l’anno. Premere per approvare l’Accordo di Programma entro luglio è indispensabile? Per chi? Perché? Continuiamo e continueremo a chiederlo. Per ora nessuna risposta.

E poi vogliamo ripetere l’errore di Expo? I’orizzonte si ferma all’Accordo di Programma come se non si dovesse pensare al dopo?

Luca Beltrami Gadola

*) Amministratore delegato di FS Sistemi Urbani



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