9 luglio 2012

LA CRISI: VESTIRE I PANNI DEI TEDESCHI


In un recente articolo su ArcipelagoMilano sostenevo che si dovrebbe guardare con maggior indulgenza alla politica praticata dalla Germania verso l’Europa. In assenza di una vera banca di riferimento per la moneta unica, la dialettica tra stati forti e stati deboli, o se si vuole, tra i paesi del rigore e gli altri, ha almeno in parte fatto in modo che le grandi istituzioni finanziarie compissero scelte razionali da “prestatore di ultima istanza”. Né troppo presto né troppo tardi, né troppo né troppo poco. Il fatto che la situazione si stia sempre più aggravando e che né il debito sovrano, né le banche europee riescano a risollevarsi e a tenere a debita distanza la speculazione, non mi pare un motivo sufficiente per demonizzare la Germania.

Per due ragioni: la prima riguarda la natura effettiva dei problemi e le soluzioni praticate e praticabili, la seconda riguarda la possibile crescita di una forma di revanscismo paneuropeo antitedesco che forse è la cosa peggiore che in questo momento ci si possa augurare.

Tutto il ceto politico europeo e il mondo accademico praticamente di tutto il mondo critica la Merkel e si affanna a cercare di convincere lei, il governo e le autorità monetarie tedesche che così non va bene e che alla fine anche i tedeschi pagheranno un conto salato. Come è dunque possibile tanta impunita testardaggine? È vero che la storia ci fornisce esempi straordinari di cocciuta perseveranza nell’errore da parte di governi, ma forse stavolta occorre uno sforzo supplementare per mettersi nei loro panni. I tedeschi cerchino di capire gli altri, ma gli altri, cioè noi, cerchino, cerchiamo di capire un po’ i tedeschi, perché è vitale trovare una via d’uscita. Per cominciare guardiamo in casa nostra. Facciamo “i compiti a casa”, ma facciamoli bene!

In un’intervista del 13 giugno su La Stampa, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, incaricato della laudatio in onore di Monti insignito del Responsible Leadership Award, dice alcune cose di un certo interesse che non sono state riprese da nessuno. A una domanda su eurobond e projectbond, il ministro risponde: «Eurobond e project-bond non hanno nulla a che fare gli uni con gli altri. Nel caso dei project-bond si tratta di muovere soldi privati attraverso risorse pubbliche e avviare dei progetti sensati. Però non abbiamo una carenza di risorse finanziarie per i progetti infrastrutturali, bensì una carenza di progetti che incentivino una crescita sostenibile. Nei fondi europei ci sono risorse non usate. Prima di affrontare nuove discussioni, con cui sappiamo che non si risolveranno problemi, dovremmo preoccuparci di usare in modo rapido e sensato le risorse finanziarie che in Europa abbiamo già». Già questa mi pare una buona osservazione, che potrebbe essere condivisa da sindacati, ambientalisti e anche da economisti non conformisti.

Ora, o Schäuble non sa quel che dice, parla di risorse che non esistono e non conosce i progetti greci, spagnoli, portoghesi, italiani che incentivano una crescita sostenibile, oppure è difficile non dargli ragione. L’intervistatore lo incalza, chiedendogli “Cosa significa in concreto un progetto di investimento sensato”, e il ministro tedesco risponde: «Ad esempio non credo che possiamo spingere la crescita in Spagna o in Portogallo con nuove autostrade. Sarebbe ad esempio meglio investire nella formazione per combattere la disoccupazione giovanile. Ciò creerebbe posti di lavoro e crescita. Non darò all’Italia dei consigli attraverso i media. Monti sa meglio di molti altri quali riforme strutturali sia possibile attuare in Italia».

Non sarebbe stato carino, nell’occasione aggiungere l’Italia a Spagna e Portogallo, ma forse non sarebbe stato fuori luogo: i project bond all’italiana, ad esempio, previsti nel decreto sviluppo del ministro Passera, che progetti andranno a finanziare se non ancora e sempre autostrade e infrastrutture? Si parla ancora dell’edilizia volano dello sviluppo. E c’e un altro piano città, e un’altra cabina di regia… E la Lombardia, la locomotiva dello sviluppo? Anche la locomotiva viaggia in autostrada e paga pedaggio: 370 chilometri per 11,5 miliardi di investimenti. Concessioni a 50 anni, nuova finanza (seppur di progetto), nuove ipoteche sul futuro e ulteriori esposizioni per le banche. Ma questi project bond, più che motorizzare lo sviluppo, servono a proteggere le attività bancarie nel settore delle infrastrutture, in barba alla civile raccomandazione di Minsky che “per raggiungere risultati migliori è necessario riformare la nostra economia in modo che venga ridotta l’instabilità dovuta a una struttura finanziaria pesantemente gravata dal debito”.

Schäuble mi pare che volesse dire: “Se i progetti sono sensati, se incentivano la crescita sostenibile, se si tratta di promuovere l’occupazione giovanile, le risorse ci sono. E se non bastano se ne possono aggiungere altre. Se volete continuare con le autostrade, coi piani faraonici per le città, con la speculazione assistita dal sistema bancario e via dicendo, fatevi pure i vostri project bond nazionali e non venite a seccarci”.

È davvero impopolare oggi sostenere le posizioni della Germania. È impopolare e credo anche non sia giusto. Probabilmente è fuori luogo il suo terrore per l’inflazione, anche se non è appropriata nemmeno la noncuranza con cui da più parti viene quasi invocata. Penso che i tedeschi stiano sbagliando davvero e che si siano messi in una prospettiva non coerente con la storia e il progetto europeo, come ha recentemente sostenuto Helmut Schmidt in un bell’intervento su Il Sole 24 Ore. Però mi pare che ci sia qualcuno in Europa che li sta aiutando nei loro errori.

Anche la recentissima polemica tra l’Unione Europea e l’ABI sui rimborsi dei mutui per la casa indica una nostra perseveranza nell’errore. Uno studio della Commissione Ue sulla situazione occupazionale e sociale in Europa rileva che “il numero di famiglie italiane che non riesce a pagare il muto sulla casa è aumentato a un livello allarmante di una su quattro nei primi 3 mesi 2011”. L’Abi non si limita a contestare i numeri, ma ripete il vecchio ritornello con un tono che grida vendetta: “Le famiglie italiane sono finanziariamente solide e sostengono il peso dei mutui senza particolari problemi”. Capito? “Senza particolari problemi”, perché “il rapporto tra la rata e il reddito della famiglia è sempre stato fortemente equilibrato”. Un sistema bancario davvero in sintonia col paese reale. Ma questo richiede una riflessione a parte e ci torneremo sopra prossimamente.

 

Mario De Gaspari

 



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