8 marzo 2011

PAT E SINDACATO INQUILINI


La questione degli alloggi del Pio Albergo Trivulzio sollecita qualche considerazione di merito, al di là delle polemiche e degli accenti scandalistici del momento. Il Pio Albergo Trivulzio, il Redaelli e l’ Ospedale Maggiore (Policlinico) sono eredi di una storia secolare di donazioni e nel tempo hanno assunto una configurazione pubblica a carattere sanitario o sociosanitario. Poiché il loro patrimonio deriva da donazioni e la loro funzione è assistenziale o sanitaria, non esiste una disciplina specifica che riguardi l’uso di questo patrimonio, se non un vincolo, a carattere eminentemente morale, che richiederebbe la realizzazione di un reddito da impiegare nelle attività istituzionali (come accadeva alle origini).

E’ da tempo che dal patrimonio di questi enti non proviene nessun reddito o un reddito insignificante rispetto alle esigenze assistenziali, le quali sono finanziate prevalentemente dalla Regione e poi dalle rette delle famiglie o dalla rette dei Comuni. In mancanza di leggi specifiche e vincolanti le scelte di questi enti si presentano del tutto libere e discrezionali. Per questo il problema che si pone al Pat, ma ancor prima al Comune e alla Regione (e alla stessa Commissione Comunale che ha sollevato il problema) consiste nello stabilire quali siano i giusti canoni da applicare e a chi e come devono essere assegnati gli alloggi.

La legge sugli affitti attualmente in vigore è la n.431 del 1998 che prevede due possibilità: o il libero mercato o il canone concordato con le organizzazioni sindacali degli inquilini. Si possono sostenere legittimamente entrambe le tesi, fra loro contrapposte: o applicare gli affitti di mercato a tutti gli stabili per ricavarne il maggior vantaggio possibile a favore degli scopi assistenziali; oppure al contrario, invocando il carattere “pubblico” dell’ ente, si potrebbe chiedere di estendere il canone concordato, in questo caso a favore degli inquilini. Oggi, è bene sapersi, gli affitti del Pat rientrano nella maggioranza in questa seconda categoria, grazie a un accordo firmato di recente dai sindacati inquilini, i quali naturalmente difendono i risultati raggiunti.

Trascurando per un momento questo dato di fatto, non irrilevante, si potrebbe ipotizzare una soluzione equa del problema in una duplice direzione: da una parte definire una area centrale della città (la cerchia della mura spagnole?, la circonvallazione?) in cui applicare i canoni di mercato e una seconda area più esterna in cui realizzare il canone concordato (tenendo conto che la maggioranza degli affittuari sono tutt’altro che abbienti e che le case sono in uno stato di grave deterioramento). Su questa seconda area il Comune potrebbe proporre un uso convenzionato in modo da rispondere alla imponente domanda di case popolari che oggi non trova risposta.

Vi è poi il problema della scelta degli inquilini, al fine di evitare favoritismi soprattutto politici. Il meccanismo dei canoni sopra proposto è in grado di evitare la maggior parte delle scelte discrezionali; a questo possono essere aggiunte due condizioni ulteriori, la prima consistente in un atteggiamento intransigente di diniego da parte del Consiglio di Amministrazione, il secondo relativo all’assegnazione degli alloggi nella zona centrale (comunque, a mercato libero) dove la scelta potrebbe avvenire per sorteggio tra più richieste, evitando oggettivamente favoritismi.

Una piccola nota storica merita di essere aggiunta. Alcuni anni fa una legge regionale ha abolito le IPAB – Istituzioni di Pubblica Assistenza e Beneficienza (fra cui si annoverava il Pat, allora Copat, Consiglio Orfanotrofi e Pio Albergo Trivulzio) consentendo due alternative: o la formazione di enti a carattere regionale oppure la formazione di Fondazioni autonome, in presenza di soggetti di riferimento. Con questa legge al Pat è avvenuto un fatto grave e innaturale: si sono unite in unico ente due realtà che andavano tenute ben distinte, da una parte il Trivulzio rivolto agli anziani e dall’altra i Martinitt e le Stelline rivolte ai ragazzi.

Il patrimonio del Trivulzio era fortemente ridotto perché venduto per realizzare nuove costruzioni, del tutto legittimamente, mentre il patrimonio dei Martinitt e delle Stelline era sostanzialmente intatto. Il Comune avrebbe potuto tenere distinte le due strutture e ora avremmo una struttura a carattere regionale per gli anziani e una Fondazione sociale a carattere comunale per i ragazzi (Martinitt e Stelline) con un ingente patrimonio, per operare attivamente a favore di tanti giovani delle periferie, dei senza lavoro, di quelli che non studiano né lavorano, di tanti giovani che oggi hanno bisogno di orientarsi. Ne parlai con il sindaco di allora, Albertini, ma non successe nulla; altri erano gli interessi e le preoccupazioni.

Molti, come si vede, sono i problemi da affrontare e a cui dare risposte. E’ un motivo di rammarico che prevalgano le polemiche e che ben poco emerga invece di che cosa sia giusto fare, quali orientamenti e regole proporre, quale proposta avanzare per il miglior uso del patrimonio, al contempo equa ed economicamente soddisfacente. Si è trovato un capro espiatorio, ma il Comune e la Regione non sono egualmente responsabili? E non tocca anche alla Commissione Comunale studiare il problema, indicare le linee di soluzione, sovrintendere alla loro attuazione? I cittadini a chi dovrebbero rivolgersi se tutti sollevano i problemi e nessuno responsabilmente li affronta?

Sandro Antoniazzi*

*presidente Pat 1992-94



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