28 febbraio 2011

musica


LISZT E MUSORGSKIJ

In Italia Liszt non è molto amato, ed è curioso perché invece lui amò molto il nostro paese nonostante che, dopo aver preso a Vienna le prime lezioni di composizione dall’italiano Salieri, sia stato un altro italiano, Cherubini, a complicargli la vita negandogli l’accesso al Conservatorio di Parigi. In Italia viaggiò molto e visse in più luoghi e in diverse occasioni; visitò Milano, Venezia, Firenze, Napoli, abitava a Bellagio quando nacque la figlia Cosima (l’unica che gli sopravvisse e che lo fece disperare a causa dello sconsiderato amore per Wagner), fu a Pavia che vinse il duello musicale con Thalberg, infine abitò a Roma gli ultimi anni della vita e lì prese gli ordini monastici.

Non è molto amato un po’ perché appartiene a quella scuola di pensiero wagneriana nei confronti della quale la nota antipatia di Verdi ha lasciato il segno per decenni; un po’ anche perché di Liszt ci è stato propinato più il virtuosismo panistico che la poetica musicale, un po’ come è accaduto con Paganini per il violino. Questo bicentenario della nascita (Liszt è nato il 22 ottobre del 1811) sembra stia portando verso una riconciliazione, così come peraltro non molti anni fa accadde con Wagner; l’immagine che noi abbiamo del compositore ungherese sta poco a poco cambiando e finalmente ne scopriamo la poesia e la modernità. La settimana scorsa, a Milano, due serate al Conservatorio – che con la Scala e l’Auditorium è l’indispensabile motore della vita musicale milanese – hanno dato un grande contributo a questa riscoperta.

Lunedì 21, per il ciclo delle Serate Musicali, Louis Lortie ha offerto un concerto molto generoso: in tre ore e mezza filate (inizio con un’ora di anticipo e unica interruzione per l’intervallo) ha eseguito per intero i tre “Anni di pellegrinaggio”, una serie di 23 brani per pianoforte solo in cui Liszt racconta, ricorda, riflette, dipinge la luce di laghi, mari, montagne, rivela atmosfere talvolta reali, altre volte trasognate, in Svizzera e soprattutto in Italia, e spiega gli umori di queste terre tanto diverse dalle grandi pianure centreuropee in cui – da Parigi a Budapest – ha consumato la più parte della sua vita. Lortie si è tenuto alla larga da ogni forma di virtuosismo facendoci trascorrere da un luogo all’altro, da un’atmosfera all’altra, tessendo il filo ininterrotto del viaggio – del pellegrinaggio – restituendoci la “meraviglia” del viaggiatore; una bellissima lezione di come si deve condurre l’analisi e l’approfondimento di un pensiero musicale, concentrandosi con grande attenzione sull’intimo significato di ogni nota.

Cinque giorni dopo, in sostegno di una nobile istituzione di beneficenza, Michele Campanella in una delle sue rare e preziose apparizioni milanesi ha proposto un altro Liszt, quello estremo degli ultimi anni, la musica cerebrale e astratta di un uomo che ha abbandonato ogni desiderio di apparire e di inseguire il successo, che attraverso la musica cerca di penetrare la profondità più remota del proprio animo. Sette composizioni (Sancta Dorothea, Nuages gris, En rêve, Die Trauer Gondel, Bagatelle sans tonalité, Ave Maria e Carrousel), anche in questo caso eseguite una dopo l’altra senza interruzioni, tutte infinitamente lontane dalle mode musicali dell’epoca (siamo ancora in pieno romanticismo, fra gli anni settanta e ottanta), pensieri rarefatti allo stato puro, eseguite come da un sacerdote che celebra i misteri della sua divinità.

Anche chi non ha mai amato Liszt non può non farsi rapire dalla eterea bellezza di questa musica che sembra distaccata dalla realtà: non ci sono più sentimenti, emozioni, struggimenti o eccitazioni, solo pura contemplazione di spazi e di tempi infiniti. Il merito di queste suggestioni ovviamente non è solo di Liszt ma va ripartito con Campanella che Liszt suona da cinquant’anni e di Liszt sembra essere una sorta di reincarnazione. Il concerto però non finiva qui e, nella seconda parte, abbiamo potuto mettere a confronto due Europe che non sono mai state tanto vicine fra loro come nella seconda metà dell’ottocento: da una parte la Mitteleuropa di Liszt, dall’altra la grande Russia di Musorgskij di cui Campanella ha eseguito i tanto amati “Quadri di un’esposizione” nella versione originale per pianoforte solo.

I quadri di Liszt e quelli di Musorgskij ci sono stati illustrati da un pianista che a queste opere ha dedicato la vita, estraendone forse più senso di quanto gli autori stessi non abbiano consapevolmente voluto esprimere. Dei Quadri del russo, come tutti sanno, Ravel ha tratto un grande capolavoro per orchestra, un vero capolavoro, ma talmente “altro” rispetto all’originale, da doverne considerare stravolto il senso. E non vi è pianista, purtroppo, che subendo il fascino della interpretazione raveliana non finisca per perdere di vista l’ispirazione originaria. Michele Campanella l’altra sera ha avuto il merito di restituirci un Musorgskij vero, con le sue asperità e le sue durezze pietroburghesi, con la forza disarmante dell’essenzialità; una esecuzione “per sottrazione” anziché per “arricchimento”, una sorta di nuova orchestrazione che ha rivelato particolari, dettagli e ricchezze della scrittura di cui si è capita immediatamente l’autenticità ma che – nelle infinite letture ascoltate e ritrovate nella discografia più diffusa – avevamo perso. Una scoperta affascinante e sorprendente.

 

Musica per una settimana

* venerdì 4 marzo al Conservatorio per le Serate Musicali la pianista Polina Leschenko, dopo una prima parte dedicata a Chopin (Polacche e Ballate), ci ripropone i “Quadri di un’esposizione” di Musorgskij. Magnifica occasione per mettere a confronto la scuola pianistica russa con quella napoletana di Campanella.

* sabato 5 marzo alle 18, all’Auditorium di largo Mahler, concerto dell’arpista Floraleda Sacchi con un inusuale programma di danze, spagnole e non solo.

* il 3, 4 e 6 marzo ancora all’Auditorium, l’Orchestra Verdi con la sua direttrice Xian Zhang esegue tre opere molto note e accattivanti: il Capriccio spagnolo di Rimskij Korsakov, il Concerto in Re per violino e orchestra (violinista Arabella Steinbacher) di Čajkovskij e il poema sinfonico “Così parlò Zarathustra” di Richard Strauss il cui incipit è stato reso celebre dal film “Odissea nello spazio” di Kubrik.

* il 4, 6, 23 e 25 marzo alla Scala le ultime repliche di Tosca diretta dal giovanissimo israeliano Omer Meir Wellber, con giudizi molto variegati.

* domenica 6 marzo al Dal Verme concerto in maschera per bambini, con l’Orchestra “I piccoli pomeriggi musicali” diretta da Daniele Porziani.

* lunedì 7 marzo al Conservatorio per le Serate Musicali, il pianista ungherese – ma fiorentino di adozione ed ormai beniamino del pubblico milanese – Andras Schiff, con un programma di sole opere di Schubert, fra cui gli otto “Improvvisi” D.899 e D.935.

* martedì 8 marzo, sempre al Conservatorio per La Società del Quartetto, il grande Murray Perahia con un programma omnibus che comprende Bach, Beethoven, Brahms, Schumann e Chopin. Non è un pasticcio?

* mercoledì 9 marzo, ancora al Conservatorio ma per la Società dei Concerti, il pianista Rudolf Buchbinder non è da meno e infatti mette insieme Bach, Beethoven e Schubert. Mah.

* mercoledì 9 marzo la Verdi Barocca all’Auditorium presenta due chicche:  la Missa S.Emidio di Pergolesi (1710 – 1736) per soprano, contralto, coro e orchestra, e la Messa da Requiem, capolavoro di Jean Gilles (1668-1705), opere entrambi di due ragazzi morti precocemente.

* giovedì 10 marzo, al Conservatorio, per le Serate Musicali un programma dedicato alla viola di Yuri Bashmet che suona e dirige (ahinoi!) i Solisti di Mosca con musiche di Paganini, Alessandro Rolla (Pavia 1757-1841) e una novità del giovane violoncellista piacentino Lamberto Curtoni, “Concerto per due viole e archi” scritto appositamente per questa occasione.

* infine il 10, 11 e 13 marzo, ancora all’Auditorium, l’Orchestra Verdi con la sua direttrice Xian Zhang esegue la Quinta Sinfonia di Mahler in do diesis minore, preceduta da “Rendering” di Luciano Berio, composizione del 1989 costruita su musiche e frammenti di Schubert.

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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