8 febbraio 2011

LA BANDA MORATTI SI È BEVUTA ANCHE LO STATUTO


Leggere lo Statuto del Comune di Milano fa bene al cuore e male al fegato. Si impara che il Comune altro non è che una comunità di donne e uomini con valori condivisi, che decide di ordinarsi in un ente che la rappresenti. I “valori comunitari” (art.1), sono quelli che allargano il cuore perché libertà, giustizia, pace, solidarietà, moralità, coope-razione, pari opportunità, responsabilità individuale e sociale, operosità e spirito di iniziativa, promozione della cultura e della qualità della vita, rispetto dell’ambiente, riconoscimento del ruolo della famiglia nelle sue diverse espressioni, rispetto e valorizzazione delle differenze, sono quelli in cui si riconoscono le donne e gli uomini che compongono la comunità milanese.

I “principi” (art.2) sono quelli che fanno rodere il fegato. Il Comune ispira la propria azione al metodo della democrazia, rappresentativa e diretta, (…), all’imparzialità, trasparenza, equità, efficienza ed efficacia dell’attività amministrativa. Uno crede di aver sbagliato città, o statuto. In questo statuto prima vengono i cittadini (parte prima: la comunità locale) poi l’amministrazione (parte seconda: l’organizzazione del comune). In questa città l’assessore all’urbanistica nega ai cittadini ogni possibile partecipazione.

Paradossalmente gli strumenti di democrazia diretta a disposizione dei cittadini per intervenire, modificare, proporre, controllare l’operato della amministrazione, dominano gli articoli dedicati alla comunità locale. L’istanza principe è di garantire la partecipazione dei cittadini all’indirizzo della politica, al di là della rappresentanza, come ben sa Masseroli che si adopera in prima persona per attuarne lo spirito…Il dubbio persiste quando ci si rende conto che i valori di cui sopra ispirano l’azione pubblica affinché si sviluppi in funzione della dignità della persona e della civile convivenza (art 1 comma.3). Il richiamo alla civile convivenza è quello che ci rende più nostalgici, in questi tempi rabbiosi, visto che per assicurarla il Comune chiede l’adempimento dei doveri di solidarietà (art.5).
Essere titolari di un dovere di solidarietà non è da poco, De Corato doveva averlo ben presente in tutti gli sgomberi ai campi rom.

Libertà e diritti: l’articolo 5 è il bigino del buon programma. Realizzate ogni comma e avrete una città se non felice, almeno giusta.

La qualità della vita cittadina non può prescindere da quella dei suoi servizi pubblici soprattutto quando (…) sono organizzati in modo da rilevare e soddisfare le esigenze degli utenti, (…) informare pienamente gli utenti sui loro diritti e sulle condizioni e le modalità di accesso, controllare e modificare il proprio funzionamento in base a criteri di efficacia ed efficienza. L’art.79 deve essere stato la stella cometa dell’Assessore Moioli che redige le Carte dei Servizi dei servizi all’infanzia tra Natale ed Epifania, probabilmente in compagnia di Erode visto che nessun altro è stato invitato a partecipare. E che in corso d’anno modifica gli orari di ingresso e d’uscita delle materne, tanto si sa: gli utenti non sono cittadini (il più delle volte infatti si dimenticano di esercitare correttamente il loro diritto di voto) e le donne.. si arrangino!

Le donne di questa città devono tutte aver fatto la scuola di circo: essere acrobate è un mestiere che vale la pena imparare da piccole, ma la loro rete è all’art.80 Tempi e orari. Il Comune riconosce rilevanza economica e sociale all’uso del tempo e individua nell’organizzazione razionale dei tempi della città un elemento significativo di qualificazione della vita collettiva. Il sindaco ha l’enorme potere di coordinare tutti gli orari della città e di orchestrare la nostra vita, peccato che tra le tante omissioni il Piano regolatore degli Orari non sia contemplato dal PGT. Ne vogliamo parlare?

È all’articolo 97 che il consigliere di zona a fine mandato riconosce il senso del suo operato: E’ attribuita ai Consigli di zona la gestione dei servizi di base, interessanti la zona. Tra essi sono comunque compresi i servizi alla persona, la manutenzione ordinaria degli immobili di proprietà comunale, l’edilizia di interesse zonale (…) Giusto precisare che i servizi alla persona, come da Decreto Legislativo 112/1998, comprenderebbero la tutela della salute, servizi sociali, istruzione scolastica, formazione professionale, beni e attività culturali, spettacolo, sport. Se si considera che ciascuna zona ha più abitanti della terza città della Lombardia, Monza (121.000 ab.), – con l’eccezione del Centro Storico che ne ha ‘solo’ 98.000 – e a seguire sono tutte capoluoghi di provincia! si comincia a capire di cosa stiamo parlando.

Vogliamo finalmente attuare la riforma per il decentramento e trasformare le zone in municipi? (La Moratti deve aver dimenticato per strada il suo cavallo di battaglia elettorale..) Ha senso parlare di decentramento senza considerare l’area metropolitana? La città metropolitana si farà mai? Questione di volontà e di scelte: chi sarà disposto a cedere parte del suo potere? I comuni della cintura, la Provincia, il comune di Milano a favore dei nuovi municipi? Lo Statuto non ce lo dice, anzi maliziosamente non parla mai dei confini del suo territorio…

Giulia Mattace Raso




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