7 dicembre 2010

MILANO VIETATA AI MINORI


Perché avere costantemente così poca attenzione ai bambini e agli adolescenti? La risposta banale è sempre quella: fino a che un cittadino non vota non conta e dunque ci si occupa di loro in maniera riflessa, parlando della famiglia finché sono piccoli e, quando cresce, reprimendone i comportamenti fastidiosi per la società. Questo è almeno quello che succede a Milano.

Una curiosa “non cittadinanza” che ha origini storiche lontane e oscillan dal padre padrone ai ragazzi dell’99, quando a difendere la patria furono chiamati persino i diciassettenni, mentre il diritto di voto – solo maschile – partiva dai 21 anni. Se parlo di occuparsi dei bambini e degli adolescenti non intendo certo, come dice Fulvio Scaparro nella videointervista su questo numero di Arcipelagomilano, pensare alla trasformazione della città in una gigantesca Gardaland ma affrontare invece il tema della vita di bambini e adolescenti in città, il luogo che costituisce il loro habitat dalla culla in poi. È il luogo del primo imprinting, dell’inizio delle relazioni sociali, dell’apprendimento per poi divenire il mondo del lavoro e di cittadinanza piena ed autonoma. Le condizioni nelle quali trascorrono l’infanzia e l’adolescenza determinano il resto della vita: sono il presente che si farà futuro.

Di questo parla il “Report Card 9 – bambini e adolescenti ai margini” redatto dall’UNICEF e pubblicato ai primi di questo mese. Questo rapporto misura le disparità nel trattamento che i diversi Paesi dell’OCSE riservano ai loro cittadini al di sotto del diciottesimo anno di età. Il metro di misura dunque non fa distinzione tra Paesi ricchi e poveri, tanto è vero che quelli in cui è rilevata la maggior disparità sono Grecia, Italia ma anche Stati Uniti. L’indagine è complessa, documentata e accurata ma di là dalle amare conclusioni per la posizione del nostro Pese, sempre in fondo alla classifica, sono le conclusione che i ricercatori ne traggono riguardo allo sviluppo ed alla crescita dei Paesi interessati: le maggiori diseguaglianze nel trattamento dei giovani si traducono in minor crescita e minor sviluppo. Ma cosa possono fare le città, simbolo dell’odierna civiltà, e la nostra in questo specifico ambito? Se non tutto almeno moltissimo. Scuole materne, asili, scuole elementari sono una ambito strettamente comunale ma soprattutto l’assistenza sociale e sanitaria all’infanzia sono importanti non solo in sé ma anche come ambiente generale: tutte le discriminazioni di censo, di razza e di religione sono drammatiche. Anche se nei primi anni dell’infanzia queste condizioni di emarginazione non sono recepite direttamente, è il clima avvelenato in cui vivono i genitori che si riflette sui figli in termini di minor disponibilità all’attenzione e all’affetto.

Possiamo dire che praticamente ogni atto dell’amministrazione locale, nessuno escluso, concerna direttamente o indirettamente bambini e adolescenti. Ben vengano dunque la iniziative dei genitori di Chiedo asilo che rispondono a muso duro al sindaco Moratti quando spedisce le sue letterine elettorali sulle magnifiche e progressive sorti di scuole materne, asili ed elementari (vedi la loro lettera che pubblichiamo per intero) o l’iniziativa dei Genitori Antismog che voglio educare i più piccoli al rispetto per l’ambiente.

Si dice, a ragione, che l’Italia è un Paese di vecchi governato da vecchi ma questo non è come dire un Paese di nonni governato da nonni, perché è genetico l’affetto e l’attenzione della maggior parte dei nonni verso i nipoti. Noi siamo governati da vecchi senza discendenza o tanto egoisti da non vederla neppure. Niente a che fare coi nonni.



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti