30 maggio 2023
AREA METROPOLITANA E RISCHIO IDROGEOLOGICO
Ancora possibile un prevenzione primaria?
30 maggio 2023
Ancora possibile un prevenzione primaria?
L’impermeabilizzazione dei suoli è riconosciuta quale concausa rilevante delle frequenti esondazioni, persino di insignificanti rigagnoli rigonfiati dalla “bomba d’acqua” di turno. Stupore e indignazione affondano allora il coltello nell’emozione emergenziale. Ma se il difetto fosse nel manico?
“Le piogge si scaricano sui territori indipendentemente dai confini amministrativi” pertanto “le trasformazioni del territorio non possono essere gestite da piccoli piani comunali”. “In questa polverizzazione decisionale il singolo capannone sembra non contare ma la somma di tutti i capannoni produce il disastro” (Paolo Pileri, intervista al FQ, 19/05/2023).
Due i fattori critici. Primo: l’intreccio perverso tra la pletora dei comuni – piccoli per numero di abitanti e deboli per responsabilità tecnico-amministrativa ma spesso grandi per vastità e pregio del territorio – e la loro pressoché esclusiva potestà in materia urbanistico-edilizia. Secondo: la sostanziale deregolazione della normativa in materia, sostituita da pratiche di contrattazione spesso in condizioni di penuria delle casse comunali e abuso del territorio come impropria “zecca”.
Alcune regioni, in assenza della vanamente invocata legge nazionale, hanno provveduto in proprio a emettere leggi di facciata contro il “consumo di suolo” (vedi la Lombardia: L.R. 31/2014), in realtà chiudendo la stalla non solo a buoi scappati, ma pure autorizzati a fuggire con i diritti acquisiti nei sempre generosi “piani di governo del territorio” comunali!
Ma i Comuni, base residua per l’organizzazione del consenso di partiti politici altrimenti debilitati, non si toccano. La mannaia si è invece abbattuta sulle Province, alle quali era stato affidato dalla legge 142/1990 il compito di redigere i “piani territoriali di coordinamento”, proprio per contenere la ridondanza delle arbitrarie previsioni demografiche e volumetriche dei singoli autonomi comuni, spesso in concorrenza tra di loro.
Purtroppo la 56/1914, nota come legge Delrio, ha ribaltato la situazione. Le Province svuotate di competenze e private di organi elettivi diretti (solo derivati, guarda caso, dalla sommatoria dei consiglieri comunali). Invece i Comuni ancora una volta intoccabili. Possibili – ma su base esclusivamente volontaria – le fusioni, realizzate solo in una manciata di casi, e le unioni, che hanno provocato confusione nella commistione parziale delle competenze tanto da essere spesso revocate.
Pertanto le allarmate denunce e manifeste buone intenzioni riguardo un uso compatibile e sostenibile del territorio, già in gran parte irrimediabilmente compromesso, lasciano il tempo (ahimè pessimo!) che trovano se non si mette mano a strumenti politico-amministrativi adeguati e rigorosi.
Da ultimo è toccata alla Romagna. Ma la Lombardia? Prendiamone in considerazione la parte centro-occidentale tra Ticino e Adda, percorsa da corsi d’acqua medi, Seveso e Lambro, e minori, Olona e Molgora. Guarda caso un’area pressoché coincidente con l’area metropolitana milanese, per altro omogenea sotto il profilo socio-economico ma non di quello politico-amministrativo.
Il “governo del territorio” risulta infatti spappolato tra tre province (Milano, Monza e Lodi), altre tre mezze province (Varese, Como e Lecco) nonché tra oltre 250 comuni, come si è detto autonomi e sovrani in materia. La regione è lontana, impegnata a curare le restanti province periferiche fonti di più sicure fortune elettorali.
E il Comune di Milano? Intanto celebra il centenario della “cinta daziaria”, che un secolo fa abbracciava la città metropolitana dell’epoca e tutt’oggi delimita la città legale; ma che per la città reale ha la stessa attualità delle mura spagnole o degli ottocenteschi Corpi santi. Se un secolo fa inglobava undici comuni limitrofi per ampliare la sfera degli scambi e delle relazioni, oggi nega alle proprie periferie ambiti di partecipazione e autogoverno propri di un autentico decentramento.
Ultimo eclatante esempio: lo sfratto dalla storica ex-sede comunale di Crescenzago dell’ANPI locale e delle associazioni di quartiere, con una miope politica di alienazione del patrimonio pubblico insensibile alle istanze sociali e culturali popolari del rione.
Risultato? Fuori la polverizzazione in comuni medio-piccoli più le provincine scappate da casa; dentro centralismo e verticismo. Fuori una Città Metropolitana fasulla, dentro Municipi irrilevanti. E l’area metropolitana, ambito naturale pure di un possibile rischio idrogeologico, priva di una governance democratica, adeguata e razionale!
Valentino Ballabio
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