17 maggio 2010

CA’ GRANDA: VALORIZZAZIONE PER CHI


I dubbi che stanno emergendo sulla proposta di “valorizzazione” del patrimonio della Fondazione Ca’Granda, fondazione che accoglie i lasciti testamentari che nei secoli sono affluiti all’Ente ospedaliero, nascono con riferimento in particolare ai temi dello sviluppo sostenibile, in senso non solo ambientale, ma anche sociale, problematiche che in questo periodo sono al centro del dibattito. Rientra nel primo aspetto il tema del “consumo di suolo” in Lombardia, mentre il secondo ha riguardo al tema del “social housing”, ovvero di come offrire anche ai soggetti deboli un’abitazione decente, a costi compatibili con i loro redditi, ma assicurando un minimo rendimento anche ai finanziatori dei progetti.

Premesso che la valorizzazione di un patrimonio presuppone la conservazione del bene, il dibattito si è acceso perché nei secoli l’ospedale Ca’Granda, grazie alle donazioni di vari benefattori, di fatto si era trovata a essere uno dei maggiori proprietari fondiari della Lombardia. Quando l’attività ospedaliera era soprattutto attività di assistenza, i rendimenti dell’agricoltura potevano essere più che adeguati a sostenere tale attività. Possiamo ricordare che la sede che ora ospita l’Università degli studi di Milano era la sede dell’ospedale e dove ora è ospitata la biblioteca, la crociera, vi sono i segni degli armadi che erano vicini a ogni letto.

Ma dalla metà del ‘900 l’attività ospedaliera è profondamente cambiata, da pura assistenza è diventata attività di cura e l’azienda ospedaliera ha dovuto dotarsi di nuove strumentazioni diagnostiche, molto costose, mentre la rendita agricola diventava insufficiente a sostenere la nuova attività. Ne è derivato che molte cascine, le tipiche cascine lombarde, sono state vendute, sono diventate aree edificabili, e la città si è estesa là dove c’era la campagna.

In un recente convegno “Terra!”, organizzato da Legambiente con il Politecnico di Milano sul consumo di suolo, si è lanciato l’allarme sui rischi crescenti di una crescita disordinata di Milano sulle aree ancora verdi limitrofe, in luogo di procedere a recuperi intelligenti di aree ormai dequalificate. Si è messo in evidenza che l’occupazione di suolo è stata molto superiore alla crescita della popolazione, si sono sottolineati i limiti di un agglomerato che cresce disordinatamente, secondo un modello sprawl, in quanto i costi di tale sviluppo appaiono superiori ai benefici immediati: l’impermealizzazione del territorio ha effetti negativi sui regimi delle acque, significa perdita di biodiversità, peggiora l’inquinamento, in quanto viene meno la capacità di assorbire CO2 del verde. Nello stesso tempo altri convegni hanno dibattuto il significato positivo che l’agricoltura periurbana può ancora significare: un verde agricolo, cioè curato dal contadino, è meno costoso per la collettività di un verde “parco artificiale” che deve curato dal Comune. Va inoltre osservato che la campagna attorno a Milano è una delle più fertili d’Italia.

Nello stesso tempo il verde ha effetti positivi sulla salute dei cittadini: il verde riduce l’ansia, favorisce l’ossigenazione, consente con un’attività fisica di ridurre lo stress e quindi le malattie. Nello stesso modo molte abitazioni donate alla Ca’Granda sono anche case acquisite a un costo zero o minimo e quindi potrebbero essere destinate ad abitazioni a canoni contenuti, adeguati al mantenimento delle stesse, destinate a giovani coppie che faticano a rendersi autonome, perché il costo della casa è spesso un ostacolo al formarsi di nuove famiglie. Ma la difficoltà di rendersi autonomi è un altro fattore di ansietà, che richiede poi interventi sanitari per evitare effetti dannosi alla salute.

Questa premessa per sottolineare che quando si parla di valorizzazione del patrimonio della Ca’Granda, costituito anche da Cascine, ora in affitto a contadini, e spesso collocate nell’area periurbana di Milano, non si dovrebbe dimenticare che missione di un ente ospedaliero è la salute dei cittadini, che si ottiene non solo con la cura, ma anche con la prevenzione. Non vorrei che politiche di breve termine portassero a scelte inefficienti, in quanto la salute dei cittadini si mantiene conservando il verde agricolo, mentre anche la Fondazione, con parte del suo patrimonio, potrebbe darsi cura del soddisfacimento del fabbisogno abitativo di chi ha redditi più bassi. D’altra parte l’approvvigionamento a kilometro zero sono politiche che si stanno estendendo nel mondo agricolo, al fine di interiorizzare parte della differenza fra i prezzi delle materie agricole vendute dal contadino e quelli praticati dalla grande distribuzione.

Se valorizzazione del patrimonio ospedaliero significa supportare un’agricoltura periurbana efficace, la scelta può essere condivisibile, ma se invece significa invece cementificare le ultime cascine attorno a Milano, questo sarebbe un comportamento opposto alla missione di un Ente ospedaliero, contrario a uno sviluppo sostenibile che deve essere obiettivo di tutti.

 

Alessandra Tami



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