8 marzo 2022

PRIMO: RISPARMIARE, RIUTILIZZARE, RECUPERARE

La sostenibilità nell’edilizia


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L’attuale crisi energetica ci fa toccare con mano, la mano quotidiana che cerca nelle nostre tasche, quanto sia costosa la dipendenza energetica.  Il continuo aumento dei consumi e della produzione di beni fagocita una esponenziale crescita energetica. La crisi climatica ci impone di sostituire le fonti fossili con quelle sostenibili e naturali. Ma questo non basta a metterci al riparo dagli squilibri di un mercato che continua a penalizzare i molti a favore dei pochi fino ad arrivare a generare anche crisi internazionali.

Perché finché la logica sarà solo quella di sostituire una fonte energetica con un’altra, ci sarà sempre chi ne detiene i mezzi di produzione, chi le materie prime, chi i sistemi di distribuzione.
Il che non significa che le energie rinnovabili non siano il meglio a cui dobbiamo puntare, significa che questo non sarà sufficiente a emanciparci dalla dipendenza energetica.

Il nostro obbiettivo deve quello di una progressiva riduzione della necessità di risorse trovando nuovi e diversi sistemi di produzione dei beni di cui abbiamo bisogno (ammesso, e non concesso, che noi se ne abbia realmente bisogno).  Io, come architetto, mi interesso di edilizia, che tra tutti, è uno dei settori più energivori. Non solo nella sua conduzione d’uso ma anche, e soprattutto, nelle fasi di costruzione, manutenzione, demolizione, smaltimento. 

Si tratta di quella che è definita l’energia incorporata, cioè quella propria dell’edificio, necessaria per la sua realizzazione e anche per la sua manutenzione. Un’energia iniziale distribuita nella formazione dei diversi elementi costitutivi dell’edificio: fondazioni, struttura portante, chiusure verticali opache, isolamento, impermeabilizzazioni, intonaco e rivestimenti, infissi, pareti interne. Ogni elemento richiede energia sia per la produzione del materiale che lo costituisce sia per la sua posa in opera.

A titolo esemplificativo la classifica delle emissioni di CO2 trova al primo posto la produzione del calcestruzzo, seguita dall’acciaio, dal laterizio, fino agli intonaci e ai materiali di finitura quali legno, tessuti, rivestimenti. Tutti materiali che spesso hanno una vita inferiore alla presunta longevità dell’intero edificio. Tutte componenti del tradizionale sistema di costruire, fermo ormai da centinaia di anni.

Un dispendio di energia a cui possiamo porre rimedio progettando e costruendo diversamente i nostri edifici, secondo i principi del riciclo e del riutilizzo dei materiali e delle risorse. Vi è, in tal senso, una nicchia di interventi indirizzata principalmente in due direzioni:

  1. Riutilizzare gli edifici dismessi e abbandonati, privilegiando il loro recupero e la loro rifunzionalizzazione, rispetto alla demolizione e ricostruzione.
  2. Recuperare quanti più materiali possibili dalla demolizione e dismissione degli edifici esistenti, rendendo meno impattante l’effetto delle demolizioni, trasformando quello che era fino ad oggi un rifiuto in una nuova risorsa.

Due modalità con una buon numero di esempi e una vasta letteratura che però si esprimono “a posteriori”, utilizzando, grazie a un processo che richiede spesso molta creatività, il patrimonio edilizio esistente. Un patrimonio costruito senza prevederne un riutilizzo oltre la propria funzione originaria.

Il vero salto di qualità, la nuova frontiera sarà pensare e progettare il contingente in una prospettiva di più lungo termine, seguendo alcuni semplici accorgimenti, nella definizione del progetto sia nell’utilizzo dei materiali.

Riguardo al primo aspetto sarà importante:

  1. Prevedere una trasformazione del complesso edilizio che realizzeremo con funzioni diverse in grado di adeguarsi ai cambiamenti del tempo in una logica di adattabilità che non ne stravolga struttura e caratteristiche morfologiche.
  2. Utilizzare sistemi costruttivi il più possibile “a secco”, che combinino in una sorta di Lego tutti gli elementi, permettendone un futuro smontaggio senza alterarne la forma o la consistenza, ma avendone già in mente un futuro, e anche diverso, utilizzo.
  3. Scegliere sistemi costruttivi che richiedano il minor dispendio di energie possibili.
    In tal senso, ad esempio, le costruzioni in legno dimostrano una loro convenienza energetica rispetto alle tradizionali case in murature, così come dimostra una ricerca del Politecnico di Milano che mette a confronto i due sistemi costruttivi per una casa di 100mq con i seguenti risultati:
CASA IN LEGNO

2.500 lt di acqua

18 m³ di sabbia per calcestruzzi e intonaci 

2,700 Kw di elettricità 

0 m³ di argilla    

4.000 lt di carburante per trasporti 

3 tonnellate rifiuti prodotti

CASA IN MURATURA 

80.000 lt di acqua

70 m³ di sabbia per malta e intonaci

10,500 Kw di elettricità

20 m³ di argilla per laterizi 

12.000 lt di carburante per trasporti 

52 tonnellate rifiuti prodotti

Rispetto ai materiali fare essenzialmente due scelte:

  1. Materiali che non richiedano di essere riciclati, cioè ritrasformati attraverso processi a forte dispendio energetico, ma che possano essere riutilizzati. Pensiamo la legno, ai rivestimenti in pannelli, alle pavimentazioni galleggianti, agli isolamenti a secco e così via, che possono essere semplicemente smontati.
  2. Materiali che non richiedano un consumo energetico per la loro realizzazione superiore a quello che potrà essere il risparmio nel loro utilizzo.

Paradigmatico in tal senso il caso degli isolanti esterni, dei cosiddetti cappotti, tanto di moda in questo periodo, che vedono i prodotti più performanti essere anche quelli con il più alto costo energetico.

Si tratta di alcuni degli accorgimenti, non degli unici, necessari per risparmiare energia già alla fonte, per non sprecare risorse ma prevederne un continuo utilizzo.

Il tutto per non limitarsi a trovare nuove forme di energia che soddisfino le esigenze ambientali, ma di limitarne la necessità. 

E in questo processo dovrebbero essere in prima linea le amministrazioni delle grandi città, premiando e incentivando tutti i sistemi costruttivi indirizzati a questa riduzione dei consumi originari e non solo a quelli derivanti dall’uso dei complessi edilizi. Alle classi energetiche dovrebbero essere affiancati dei parametri di valutazione di quanto è l’energia incorporata di ogni intervento, di quale è la sua aspettativa di vita, di quale sia la sostenibilità dei materiali utilizzati.
Solo così potremo incominciare a ridurre la nostra dipendenza. Che incomincia dal ridurre i nostri bisogni, incomincia dal risparmiare e non sprecare.

Andrea Bonessa

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  1. Giorgio OrigliaSono del tutto d'accordo, è ciò che cerchiamo di portare avanti da anni nell'istituto Nazionale di Bioarchitettura. Aggiungo un punto: c'è una "risorsa latente" anche nel suolo urbano occupato da edilizia in disuso. Una legislazione seria, che non è l'attuale legge regionale sul contenimento dell'uso del suolo, dovrebbe tenerne conto.
    10 marzo 2022 • 15:20Rispondi
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