24 novembre 2019

SOVRANISMO COMUNALE E SUDDITANZA METROPOLITANA

Una lucida provocazione del ministro Provenzano


PER COMINCIARE – Il governo locale, in Italia, si sviluppa oggi su tre livelli – Regione, Città Metropolitane (in alcuni casi ancora Province, dove queste non sono state abolite come nel caso di Milano) e Comuni. Peccato che, come Ballabio fa notare, la Città Metropolitana sia un organo sostanzialmente ignorato sia dalle amministrazioni comunali che da quelle regionali. Altro concetto importante per la comprensione del pezzo è quello di sovranismo: la riconquista della sovranità da parte di un popolo o di uno Stato (o, qui nell’articolo, di un Comune), in contrasto con le dinamiche di globalizzazione che tutti conosciamo.

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La voce fuori dal coro del ministro Beppe Provenzano che, come nell’apologo del “re nudo”, ha ostato mettere in discussione l’immagine di una Milano lustra e griffata ha suscitato scontate reazioni da parte del nostro Beppe Sala e corale al seguito, cui non mancano certo dati oggettivi e solidi argomenti per dimostrare l’effettiva validità e funzionalità del “modello Milano”.

Dichiara candidamente il ministro PD: “Oggi questa città attrae, ma non restituisce quasi più nulla di quello che attrae. Intorno ad essa si è scavato un fossato: la sua centralità, importanza, modernità e la sua capacità di essere protagonista delle relazioni e interconnessioni internazionali non restituiscono quasi niente all’Italia” (*).

A sostegno di tale azzardata tesi interviene l’economista Gianfranco Viesti che arriva a parlare di una città a rischio di “sovranismo comunale” certamente sostenuto da “buona amministrazione, diffuso senso civico, eccellente sistema dei trasporti, di quello universitario, ecc.”. Ma allora si pone la domanda: il tanto vituperato “sovranismo” è disceso dal livello nazionale a quello locale?

Su queste colonne si è più volte insistito sui limiti del modello Milano ritenuto non esportabile e riproducibile in quanto pezzo unico, una “ridotta” isolata tanto fiera della propria particolarità ed eccellenza quanto riluttante a rapportarsi con la circostante area metropolitana ed il resto della regione (tralasciando l’impari confronto con le altre grandi città, a cominciare da Roma).

La riconfermata intenzione del sindaco Sala di ricandidarsi alla stessa carica prova indirettamente che il “modello” rimane dov’è, cessando pertanto di mostrarsi tale, derubricato – come opportunamente notato da Luca Beltrami Gadola – a semplice “caso Milano”.

Tuttavia chi scrive, che si è sempre mostrato critico verso questo tipo di città “aperta al mondo ma chiusa al vicinato”, oggi vorrebbe esaminare il rovescio della medaglia, la speculare responsabilità appunto del vicinato più meno prossimo. Ad ogni “sovranismo” in fatti corrisponde una “sudditanza” più o meno percepita ed accettata.

La ragione va ricercata nella presente fenomenologia politica. Cosi come viene lamentato che “i politici” sono piegati sull’immediato e poco sensibili al futuro, stante l’evanescenza di partiti deprivati di strutture permanenti e ideologie millenaristiche, allo stesso modo la politica corrente non vede l’ampiezza dei problemi che pur si ripropone di affrontare, non riconosce la scala – tra il locale ed il globale – più adatta per agire con coerenza ed efficacia.

Pertanto la “sudditanza” dei sindaci dell’hinterland e del resto dell’area metropolitana da un lato si alimenta del risentimento verso il capoluogo sovrastante, dall’altro si riversa nello spezzatino di piccoli e piccolissimi poteri autonomi e autoreferenziali (padroncini in casa propria).

La “cessione di sovranità” consapevole e regolata dai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, di cui all’art. 118 della Costituzione, ha così ceduto il posto ad un’usurpazione di fatto, ad una legge del più forte legittimata dalla sottomissione ed isolamento dei più deboli.

Per altro chi dovrebbe coalizzare questi ultimi e unificare i poteri, almeno in tema di governo strategico del territorio, della mobilità e delle risorse ambientali, ovvero la Città Metropolitana è invece ridotta al ruolo di ciambellano del sovrano, risultando del tutto fittizio e virtuale il ruolo di “sindaco metropolitano” attribuito al sindaco in servizio permanente ed effettivo nel capoluogo.

Viene infine da chiedersi se le lucide intuizioni del ministro Provenzano possano dar luogo, sperimentata da oltre un quinquennio la legge 56/14 (nota con il nome del collega di partito Delrio) e pur tra le scosse dell’attuale situazione di governo, ad un’iniziativa politica e legislativa conseguente, tesa a recuperare razionalità ed equilibrio nella rete istituzionale locale ed intermedia.

Valentino Ballabio

(*) Da “Provenzano ha infranto la narrazione unica”, G. Barbacetto, Il Fatto Quotidiano, 14/11/2019.



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  1. Giancarlo Lizzeri“Milano prende dal resto del Paese a non restituisce nulla”. La frase di Provenzano fa arrabbiare. Non per quello che dice. Ma perché non si capisce cosa dice. Un ministro della Repubblica dovrebbe sapere che la partita del prendere/restituire si regola con la politica fiscale e con la politica della spesa. Provenzano vuol dire che Milano evade le tasse, o evade le tasse più di altre città? O che lo Stato dà più soldi a Milano che non a Roma, Torino o Napoli? Non ha detto nulla di simile e non pare comunque sia così. O forse Provenzano voleva dire che Milano è una società chiusa? Chi è dentro è dentro? Chi è fuori sta fuori? Non pare sia così. Pare che una delle forze storiche di Milano sia stata proprio quella di aver avuto meccanismi di integrazione che funzionano meglio che altrove. Oppure Provenzano voleva dire che anche se Milano sa integrare, di fatto fa fa correre solo i suoi. Gli altri restano indietro. Qui occorre magari entrare in dettagli che il Ministro Provenzano si guarda bene dal toccare. Tra i tanti dettagli ce n’è uno che Il ministro potrebbe considerare. Perché da tempo Milano faccia correre all’estero molti dei suoi. Sono molto sensibile all’argomento. Sono un milanese con tre figli: uno lavora a New York da 30 anni e una a Basilea da dieci. La mia famiglia non è un’eccezione: metà circa dei miei amici hanno almeno un figlio che si è trasferito all’estero. Non perché a Milano si fa la fame, ma perché se sei sveglio trovi di meglio da fare (e guadagni meglio) a Stoccolma, Londra, Dublino o Singapore. Oppure Provenzano pensa che Milano attragga troppe sedi di multinazionali e troppi investimenti immobiliari? Allora dovrebbe chiedersi anche perché vengono a Milano e non vanno altrove. E chiedersi anche: e se non venissero a Milano dove andrebbero? Se per caso la risposta è che non verrebbero in Italia, i milanesi dovrebbero poi anche “restituire” qualcosa al resto d’Italia. Che cosa e per quale motivo?
    27 novembre 2019 • 14:58Rispondi
  2. valentino ballabioLa conclamata preminenza di Milano si avvale dell'apporto di competenza, di lavoro, di fatica (vedi ancora i disagi dei pendolari) di alcune centinaia di migliaia di persone che vengono quotidianamente da fuori per contribuirne alla indubbia fortuna, che viene tuttavia restituita... più all'estero che, se non dell'Italia, nel resto dell'area metropolitana e della regione!
    28 novembre 2019 • 09:03Rispondi
  3. ugo targettiLizzeri parla del rapporto tra Milano e il resto del Paese. Ballabio del rapporto tra Milano e la sua area metropolitana. Che Milano traini il resto del Paese nel contesto internazionale è un vantaggio generale. Se mettesse in gioco anche la sua area metropolitana, che oggi stenta a crescere, il suo ruolo potrebbe probabilmente essere più forte (e i ragazzi milanesi potrebbero, forse, trovare migliori occasioni di impegno). Il rapporto tra Milano e la sua Area metropolitana non si consolida per ragioni politiche e istituzionali e qui Ballabio ha ragione. Il “sovranismo” di Milano è il risvolto del “sovranismo” dei comuni, principio che, sostenuto in modo trasversale da tutte le forze politiche, ha definitivamente reso marginale l’ente intermedio, Provincia o Città Metropolitana, con la legge Delrio. (già presidente dell’ANCI). Se Milano non dà, i comuni della Città metropolitana non chiedono, per non dover rinunciare in futuro alla propria “sovranità”. Il PGT di Milano, appena approvato, non è stato neppure discusso da parte della CM o dei Comuni, eppure il sindaco di Milano è anche sindaco metropolitano. Manca una visione di lungo termine, come per tutta la politica attuale.
    28 novembre 2019 • 10:42Rispondi
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