22 maggio 2018

IL MODO DIGITALE

Disintermediazione e cittadinanza nella piattaforma globale


Le evidenze di una criticità negativa sia sul piano politico locale che internazionale, sia sul piano della comunicazione/informazione/gestione dati, segnano un passaggio che sollecita istituti e valori come la democrazia e le libertà. Occorre farci i conti per declinare la crisi come condizione per il cambiamento e non come catastrofe.

05cortiana19FBLa politica si deve misurare con la combinazione di un cambiamento strutturale nei modelli di comunicazione, informazione e conoscenza, prodotti dalla rivoluzione digitale, dalla ricerca scientifica e dalla fine dell’equilibrio bipolare segnato da Yalta e dalla deterrenza nucleare.

La natura di questo contesto presenta straordinarie opportunità e delle criticità che vanno comprese e affrontate in modo da non precludere la loro realizzazione.

Internet non è solo un nuovo strumento, al contrario costituisce un cambiamento totale della natura del sistema. La potenza del calcolo in una rete interattiva ha generato un nuovo e originale sistema di comunicazione, che potremmo definire come un’impresa collettiva cognitiva, l’inizio dell’era della conoscenza. Diversamente dall’era materiale ora più il prodotto immateriale viene scambiato più aumenta di valore. In questo nuovo modo di produrre valore l’alienazione non è un problema di un singolo lavoratore o di una classe sociale, è un problema di un sistema cui ognuno degli utilizzatori di apparati digitali cede la prerogativa della definizione della propria identità sociale.

La globalizzazione dei mercati, dopo il secolo delle ideologie, è stata spesso presentata come l’avverarsi del sogno liberatorio della modernità, al momento, in verità, essa ha messo in luce i limiti della politica nell’azione di governance dei grandi problemi che essa ha svelato. Uno scenario segnato dalla deriva finanziaria dell’economia e dal controllo di piattaforme relazionali digitali che accumulano, organizzano Big Data e li ripropongono indirizzando il senso comune dell’agire collettivo in società. Insicurezza, migrazioni disperate, integralismi, tribalismi e autoreferenzialità xenofoba, omologazione consumistica, cambiamenti climatici e limiti delle risorse naturali disponibili, si presentano come un tragico risveglio. La Hybrys, la presunzione di un modello di sviluppo fondato sulla crescita quantitativa illimitata, sulla disponibilità infinita di risorse naturali e sulla capacità dell’uomo di trovare dentro questo modello gli espedienti in grado di ovviare ai problemi creati, presenta per intero i suoi limiti.

Il Villaggio Globale sta prendendo la forma del mercato unico nel quale la competizione politica è giocata da tre soggetti forti e da uno debole: Stati Uniti, Cina, Russia e Unione Europea. Il TTIP e il suo omologo nel Pacifico sono degli strumenti sostitutivi di quelli nucleari nella definizione di nuove sfere di influenza. Questo insieme al nuovo record storico nella spesa annuale per armi ed eserciti di 1.739 miliardi che proprio i tre soggetti forti hanno contribuito a realizzare. La reazione alla omologazione globalizzata è di carattere neo-tribale e prende le forme del nazionalismo in Europa, come dell’integralismo religioso islamico.

L’Europa come soggetto politico federato rischia di non vedere il suo compimento e l’Italia con le sue debolezze statuali strutturali riflette questo rischio.

Nei sistemi autoritari si tratta di articolazioni del regime statuale, nel resto del mondo tutto ciò presenta dei nuovi attori protagonisti: le grandi corporation dell’informazione digitale e le concentrazioni finanziarie, senza stato e confine.

Il nostro mondo di valori e la cultura su cui si è basata finora la nostra vita su questo pianeta mostrano tutti i loro limiti come strumenti di interpretazione e di gestione della crisi. I possibili sviluppi dell’Intelligenza Artificiale, con macchine in rete capaci di apprendere e di decidere ben oltre la verifica della consistenza del conto corrente per dar seguito ad un bonifico o a una richiesta al bancomat, pongono questioni eticamente più drammatiche di quelle imputate a Zuckerberg o alle manipolazioni demagogiche di Trump, delle quali Cambridge Analytica e gli hacker di Putin sono le evidenze ultime. Pensiamo alle possibili combinazioni transgeniche non solo in agricoltura e zootecnia ma anche in medicina. Pensiamo alla combinazione tra tecnologia-finanza-big data delle nuove finanziarie online. Non solo privacy, dati e algoritmi, si tratta di finalità ed esiti nella creazione di valore, nella sua redistribuzione e nella qualità del vivere sociale. Chi controlla i codici sorgenti e le back door dei sistemi operativi e delle applicazioni che ci girano sopra? Chi mette in grado miliardi cittadini con smartphone di superare la disuguaglianza culturale per un uso e una partecipazione consapevoli e praticare una cultura della cittadinanza condivisa? Nella società della conoscenza, la produzione di modelli di valore e distribuzione è resa più efficace attraverso processi collettivi, non lineari, con tutti i giocatori che possono accedere alla rete interattiva e alle conoscenze senza condizioni discriminatorie. La sfida dei produttori di valore nell’economia della conoscenza e lo scontro tra i modelli reticolari e variabili che essi praticano e quelli gerarchici e verticali propri di quelli tradizionali, costituiscono gli elementi del nuovo conflitto sociale che interessa il sistema normativo e la rappresentanza sociale. Qui non trovano alcuna corrispondenza efficace le antinomie che davano corpo alle narrazioni ideologiche dello scorso secolo: ‘operai-padroni’ ‘stato-mercato’. Qui sta tutta l’implicazione politica per una nuova cittadinanza e la definizione di nuovi diritti nella società della conoscenza, nella quale ogni netizen, ogni cittadino digitale, esige una rete neutrale, la disponibilità libera degli alfabeti digitali, la libera condivisione della conoscenza, la consapevole e controllata gestione della propria identità, nell’era della tracciabilità pervasiva, della profilazione e della previsionalità dei comportamenti. Nei contesti relazionalmente predefiniti dei social network, sono proprio gli utenti, i diversi stakeholder, ad avere interesse a partecipare alla definizione di regole di garanzia costitutive per la libertà della rete, del pensiero e delle identità che in essa si definiscono.

La politica pubblica è chiamata in causa in modo non rinviabile perché essa è tale solo se risponde agli interessi generali di queste e delle future generazioni, un sistema democratico può e deve garantire uno sviluppo regolato.

La partecipazione informata al processo deliberativo, insieme agli spazi e alle procedure per l’esercizio della Cittadinanza Attiva, dalla sussidiarietà e dell’autoregolamentazione, con diritti costituzionalmente definiti e con politiche pubbliche caratterizzate dalla pratica della rendicontazione, dell’accountability. Queste le fondamenta per una cittadinanza glocale, presupposto per l’esercizio della sovranità statuale democratica. Una responsabilità diffusa permette lo sviluppo di una cultura della cittadinanza condivisa. Queste regole saranno definite, pretese ed affermate quando tutte le esperienze che alimentano con le loro pratiche la produzione di valore cognitivo, culturale, sociale, politico ed economico in rete, si riconosceranno come blocco sociale dell’innovazione qualitativa, il “quinto stato” per il cambiamento.

Per noi, a fronte della crisi degli stati nazionali, ciò significa la capacità di portare a compimento il processo costitutivo dell’Unione Europea come soggetto politico federato con un governo in grado di rappresentanza e decisione perché eletto direttamente dai suoi cittadini. La straordinaria riserva di adattabilità laica costituita dal Rinascimento, dall’Illuminismo e dal Concilio Vaticano Secondo, insieme alla capacità di espungere la guerra come forma di risoluzione dei conflitti continentali, hanno consentito all’Europa di esercitare dal secondo dopoguerra una straordinaria resilienza.

Non smettiamo di provarci.

Fiorello Cortiana

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