2 febbraio 2010

LA RIFORMA DEI TRASPORTI LOCALI CHE NON RIFORMERÀ


La riforma dei trasporti locali è ferma da quasi vent’anni, con continui rimandi. Nessuno la vuole.

Ma occorre una riforma? Sì, eccome. In Italia abbiamo le tariffe più basse d’Europa (e questa può essere una legittima scelta politica: si preferisce sussidiare di più il trasporto piuttosto che, per esempio, la sanità…). Ma abbiamo contemporaneamente i costi di produzione del servizio (cioè quanto costa far andare un autobus) più alti d’Europa. Per esempio, questo costo è circa la metà in Inghilterra, ed è più basso del 20% in Francia.

Questo non è accettabile socialmente, prima che economicamente: a parità di soldi pubblici disponibili, significa meno servizi, o tariffe più alte. Se avessimo i costi di produzione inglesi, i viaggiatori in Italia potrebbero essere pagati per prendere l’autobus, visto che le attuali tariffe italiane coprono solo il 30% dei costi di produzione.

La riforma sempre rimandata è tutt’altro che liberistica o tantomeno privatistica: stabilisce solo che occorre mettere in gara periodicamente i servizi come sono oggi (stesse tariffe e medesimo livello di servizio), in modo da ridurre i costi di produzione senza toccare la socialità del servizio. Se le imprese pubbliche saranno più efficienti di quelle private, vinceranno loro.

Si chiama “competizione per il mercato”, contrapposta alla “competizione nel mercato” che significa piena liberalizzazione. Questa seconda ha dato, dove applicata, risultati discutibili, mentre la prima ha fatto risparmiare in giro per l’Europa un fiume di soldi alle casse pubbliche, a parità di servizi offerti ai cittadini.

Sembrerà strano, ma le regioni e i comuni non sembrano aver alcuna intenzione di ridurre costi e sprechi (in modo sostanzialmente bipartisan). Come mai? La spiegazione è banalissima, ma non si può dire: in termini economici, è un fenomeno noto come “cattura”. Cattura vuol dire molte cose, ma è sintetizzabile in “scambio di favori”. Il principale è il voto di scambio: tu assessore comunale tieni manodopera in eccesso, con bassa produttività, e conserverai un sacco di voti, anche dai famigliari dei dipendenti ecc. Poi, potrai avere a fine carriera un eccellente posto nel consiglio di amministrazione. Inoltre, i fornitori possono essere imprese “amiche”. In alcuni casi c’è anche la più “banale” corruzione.

Questo gaio scambio di favori, sostanzialmente, viene a cessare se vengono fatte gare rinnovabili per chi offre di fare servizi al minor costo.

Ma perché tutto questo è possibile? Come possono sopravvivere imprese fuori mercato? Di nuovo, in “economicese” si dice che c’è un pagatore in ultima istanza, cioè le imprese pubbliche non possono fallire, per quanto inefficienti: comunque lo stato o le regioni pagheranno. Non è così ovvio naturalmente in un contesto di gare, soprattutto con soggetti privati non troppo grossi (per questo a Londra il servizio è stato messo in gara con uno “spezzatino” di 550 lotti diversi, e con ottimi risultati, e lo stesso sta tentando di fare il Piemonte per i servizi ferroviari).

In Italia in questi anni un centinaio di gare in effetti sono state fatte: peccato che erano finte, infatti le hanno vinte nella quasi totalità dei casi dalle imprese che c’erano prima, per cui nulla è cambiato.

Perché non si può essere ottimisti sull’impatto della nuova riforma recentemente varata? Perché non rimuove i fattori fondamentali che impediscono di fare gare vere e di far aumentare la produttività del settore verso livelli europei.

Il primo problema non risolto è il più clamoroso: i giudici della gara, cioè gli enti locali, possono essere anche concorrenti nella stessa gara (anzi, lo saranno sempre). In altre parole, i comuni giudicheranno le gare in cui le loro imprese di trasporto saranno concorrenti. Dato che per un soggetto nuovo fare una gara sul serio costa, e comporta dei rischi, chi “correrebbe” in queste condizioni? A Milano la gara è stata indetta. Si è qualificato un solo concorrente: l’ATM di Milano.

Il secondo problema è che all’Antitrust è stato lasciato solo un ruolo consultivo, senza possibilità di sanzionare comportamenti anticoncorrenziali: di cosa si aveva paura, se le intenzioni erano serie? Il terzo è una “colpa” più delle regioni che del governo centrale, ma concorre al pessimismo: invece di costituire “fondi sociali” per tutelare i lavoratori che eventualmente perdessero il posto o vedessero rischi di riduzioni di stipendio ecc., si sono introdotte “clausole sociali”, che garantiscono l’obbligo al subentrante di mantenere tutti gli addetti alle stesse condizioni. E’ evidente che se il problema è la bassa produttività (sempre rispetto agli altri paesi europei), è chiaro che così non si può fare molto.

Inoltre la recente normativa non obbliga più a mettere in gara i servizi locali su ferro, senza spiegare il perché: solo il “virtuoso” Piemonte, come si è detto, ci prova lo stesso, ma in un contesto così l’esito non è affatto garantito, per ragioni che qui sarebbe lungo spiegare.

La legge prevede poi che un concorrente di una nazione che non mette in gare i servizi non può partecipare a gare italiane (“clausola di reciprocità”). Ma è una ben curiosa clausola per una gara per l’efficienza, cioè per chi chiede meno sussidi per fare i servizi di trasporto richiesti dai comuni. Infatti, se arrivasse un’impresa francese che chiede meno soldi di un’italiana, o perché è più efficiente (allora perché non approfittarne a nostro beneficio?) o perché è sussidiata molto generosamente per i servizi che fa in Francia, e può chiedere poco in Italia per questa ragione. In altre parole, i contribuenti francesi (che pagano quei sussidi) ci consentirebbero di offrire servizi a minor costo per le casse pubbliche, o a minori tariffe. Contenti loro….

“Dulcis in fundo”, chi privatizza l’azienda pubblica fino almeno al 40%, è esonerato da questa legge dal fare gare. Cioè si privilegia la privatizzazione alla concorrenza. Ma notoriamente i privati non esposti alla pressione concorrenziale si comportano generalmente peggio dei soggetti pubblici: in questo caso avrebbero come massimo obiettivo di perpetuare il monopolio, e userebbero ogni mezzo (lecito, s’intende….) per conseguirlo.

 

Marco Ponti



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