17 aprile 2018

PAVIMENTAZIONI STORICHE URBANE A MILANO: PRO E CONTRO

Masselli o no? Bisogna scegliere prima del degrado totale


Le pavimentazione storiche in pietra della nostra della nostra città sono da tempo sotto processo ma prima di sentire le ragioni della pubblica accusa e della difesa vediamo esattamente in cosa consistono. Sono i masselli, pietre rettangolari di diverse dimensioni e profondità (di media circa 30x50x20) con i toni grigi e picchiettati di vari tipi di granito o rossi di pietra di Cuasso al Monte (località sopra Varese) come in via Manzoni e corso Venezia. Non sono da confondere con i cubetti di porfido trentino di color ruggine, massetti a spacco di dimensione circa 10×10 cm che compaiono a Milano nel secondo dopoguerra e vengono utilizzati sia per marciapiedi che per careggiate con scarso beneficio.

06repellini15FBI masselli invece compaiono a fine Ottocento; prima c’era la rizzada* o la terra o il Macadam: tanto per la cronaca la prima strada in acciottolato e carradore fu via Case Rotte nel 1807, modello successivamente allargato a tutto il centro per decreto di Eugenio Beauharnais. Si trattava di strade concave con scolo al centro che, per quanto più robuste delle precedenti, presto si mostrarono inadeguate per il forte traffico delle carrozze.

Dopo vari esperimenti a fine secolo il Comune di Milano definì un modello stradale per molti versi ancora valido : careggiata convessa con marciapiedi rialzati e lastricato in pietra a corsi inclinati: nel 1896 fu così realizzata Porta Garibaldi e successivamente corso Vittorio Emanuele.

In quel periodo comparve un nuovo materiale, l’asfalto colato , particolarmente adatto un situazioni di intervento continuo e i lavori fervevano in quel periodo tra nuove fognature, impianti elettrici, acquedotto, gas ecc. Il Consiglio Comunale quindi ancora decise: masselli in careggiata, bitume sui marciapiedi e cordoli in granito Montorfano larghi 30 cm. come gradini separatori in tutta la città.

La posa dei masselli era molto attenta: posati su sabbia e ghiaia ben stipata, leggermente inclinati rispetto al marciapiede a cui si appoggiano con una pietra pentagonale, alla fine dei lavori la strada si presentava bella compatta con la caratteristica forma a schiena d’asino. Inizialmente per tenerli fermi vi era solo terra ( ancora oggi ne vediamo ad esempio in via Cappuccio dove in primavera spunta l’erbetta tra le lastre) successivamente malta e infine con l’aumento del traffico, per bloccarli con poca spesa, bitume colato.

Negli anni del boom e anche oggi le pietre stradali sono parse un retaggio del passato, migliaia di metri quadri di lastre o di acciottolato, sono stati distrutti per fare posto ad asfaltature più scorrevoli per il traffico incalzante. Sono state rotte, comperate da privati, usate per stipare fondazioni, oggi, a ricomprarle, quelle pietre avrebbero un immenso valore, anche perché le cave sono spesso esaurite. il guaio che questi interventi distruttivi sono stati fatti a pezzi e bocconi per cui in una stessa strada si trovano pezzi asfaltati , pezzi con pietra storica, pezzi a cubetto o massetti drenanti in cemento nei posteggi. Un arlecchino poco allegro.

Negli ultimi anni si è capito che quelle pietre avevano un valore culturale pari alle facciate degli edifici e creavano un paesaggio urbano omogeneo, bel collegato e particolarmente originale perché poche città sono dotate di pietre cosi belle e robuste ; si è allora cominciato a recuperarle (siamo alla fine degli anni 90)e a riusarle soprattutto nel centro storico (esempio piazza sant’Alessandro o la chiesa delle Grazie).

Ma i problemi di tenuta si ripresentano continuamente: la pubblica accusa insiste che i masselli devono essere rimossi in tutte le strade a scorrimento o con il tram (esempio corso Magenta e via Torino) perché sono pericolosi per i ciclisti che cascano sulle pietre sconnesse, sono una barriera architettonica per i fruitori di carrozzine e passeggini, scassano le guarnizioni delle macchine e delle moto: meglio un bell’asfalto compatto e regolare (esiste?) che una serie di pietre sconnesse.

La difesa, formata da cittadini comuni, Sopraintendenza, associazioni culturali e parte degli amministratori, ribadisce l’assurdità di eliminare un elemento fondativo dell’estetica urbana milanese, soprattutto nel centro storico e in vie di pregio come appunto Magenta e Torino.

Che fare dunque? Fondamentalmente due cose; riaggiornare il piano della pietra (per altro mai utilizzato)e definire bene in quali strade la pietra storica può essere tolta o deve assolutamente restare e poi ragionare sulla posa e sulle malte anche con delle parziali sperimentazioni di alcuni tratti.

Le caratteristiche delle malte si sono molto evolute in questi ultimi anni, facciamo qualche esempio tecnico. Nelle aree con armamento tranviario sottoposte a forti vibrazioni, si possono utilizzare due tipi di leganti: malte fibrate dove la presenza delle fibre toglie la fragilità al prodotto pur molto compatto (costo doppio rispetto al prodotto normale) oppure, ma siamo in fase sperimentale, la stuccatura può essere fatta con una resina che l’impedisce l’ingresso dell’acqua (metodo ancora sperimentale che chiede di essere testato). Si butta ghiaino a spolvero, si bagna e si cola la resina. La diversità della resa estetica (più lucida e di tonalità marroncina) sparisce dopo pochi mesi di usura e sporcizia.

Per le zone a trasporto su gomma si possono usare anche in questo caso due tipi di prodotti: malte premiscelate impermeabili per allettamento e sigillatura o, malte elastiche drenanti a base resinosa (anche questo materiale in fase sperimentale). Certo la posa del massello richiede una cura particolare sia per la preparazione del fondo che per il posizionamento stesso con la giusta angolatura, ma ritengo sia il caso di iniziare con la prova con questi nuovi materiali su una strada e valutare la durata e il costo complessivo. D’altronde il Comune di Milano ha fatto mille sperimenti per le superfici stradali e con gli austriaci si provò anche ad utilizzare blocchetti in legno, si, proprio come quelli della Fondazione Prada, e furono posati in via Torino, con scarsa durata.

Riportiamo infine la notizia che sta per uscire (in giugno) una nuova norma , revisione della UNI 11322 e 11521, intitolata: “Rivestimenti lapidei di superfici orizzontali, verticali e soffitti – Istruzioni per la progettazione, la posa e la manutenzione”.

Nella norma, oltre a identificare i ruoli e le competenze di ciascuno degli operatori coinvolti nella fase di progettazione posa e manutenzione c’è anche un paragrafo  dedicato ai requisiti finali del rivestimento tra cui la durabilità soprattutto sul suolo urbano occupa un ruolo importantissimo.

 

Giovanna Franco Repellini

*) Tipica pavimentazione lombarda costituita da ciottoli arrotondati e accostati posati su sabbia o più di recente su malta cementizia

06repellini15-02



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti