27 febbraio 2018

LA FUSIONE FSI-ANAS: UN PROGETTO INEFFICIENTE

Come mascherare un aggiramento di vincoli europei


07ponti08FBGli aspetti industriali di questa fusione lasciano di per sé molto perplessi. Vi sarebbero economie di scala e “altre sinergie” per un beneficio in termini di costi di produzione di qualche centinaio di milioni in molti anni. Ma chi ha verificato questa ipotesi? Non si conosce alcuna valutazione “terza”, cioè non commissionata dagli interessati. Su tale grandissima scala queste economie suscitano molti dubbi dal punto di vista tecnico. Far strade e ferrovie insieme? Su alcune decine di migliaia di km? La gran parte delle economie di scala sono probabilmente già esaurite su dimensioni minori.

Ma assumiamo benevolmente che tali economie esistano: non sono una ragione sufficiente per fondere per “monopoli naturali pubblici” (imprese davvero lontane dal mercato…). Chi garantisce che questi costi risparmiati vengano restituiti agli utenti o ai contribuenti, e non incamerati dal nuovo super-gestore per finanziare sue inefficienze, o avventure all’estero ecc.?

Ma gli aspetti di mercato peggiorano molto e questa è una assoluta certezza: un simile colosso pubblico godrà di un costo del denaro nettamente inferiore di quello di possibili concorrenti, non potendo “politicamente” fallire (“sovereign credit”). Il rischio per i finanziatori è nullo e quindi scompare il “prezzo del rischio”. Godrà anche di forti “asimmetrie informative” sia nei confronti degli utenti che degli organismi regolatori (in particolare dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti, ART). Cioè gestirà l’informazione in modo molto più organizzato ed “impenetrabile” da terzi, sia sull’uso delle risorse sia sull’efficienza interna, che diventerà in pratica inosservabile. Godrà soprattutto di una smisurata capacità di influenza politica (“clout”), legata alla sua natura di serbatoio di voti (i sindacati amano i colossi pubblici) e di distributore di commesse al settore privato (anche i fornitori amano i colossi pubblici, che non debbono fronteggiare fastidiose pressioni dal mercato, tendono per natura ad essere più tolleranti su prezzi e qualità).

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Questo peso politico Milano lo ha già sperimentato sulle aree dismesse e sulla penetrazione di FSI nei trasporti locali. E tutti gli enti locali saranno ben felici di cedere a loro le aziende di trasporto, in perenne scarsità di fondi. Un ex-assessore milanese ha dichiarato esplicitamente allo scrivente: “Magari le ferrovie si prendessero l’ATM … a loro i soldi non mancano mai”. Come dargli torto, aggiungendo solo che sempre di soldi nostri si tratta?

La fusione, che crea un nuovo IRI dei trasporti, notoriamente è stata fatta principalmente per far uscire ANAS, che versava in cattive acque con debiti e contenzioso che avrebbero richiesto pesanti aiuti di stato, dal perimetro della finanza pubblica. In questo modo i soldi (sempre nostri) che saneranno la situazione, formalmente passeranno ad una SpA, FSI, che potrà riceverne dallo stato quanti gli servono senza allargare il deficit pubblico, in quanto, per un discutibile cavillo, si tratta di trasferimenti “a scopo sociale” ad una impresa che opera sul mercato (anche se in minima parte), mentre ad ANAS, pur anche essa una SpA, questa possibilità non è riconosciuta.

Una cosa molto italiana: si riesce a trovare una “spiritosa invenzione” (per dirla col Goldoni) per aggirare i vincoli europei alla spesa.

Che cosa si dovrebbe fare invece? Esattamente il contrario: invece di creare opachi giganti pubblici, totalmente controllati dalla politica, occorrerebbe fare uno “spezzatino” (“unbundling”) di FSI, separando innanzi tutto i servizi (che sono perfettamente apribili alla concorrenza) dall’infrastruttura (che è invece un “monopolio naturale”). In una fase immediatamente successiva, i servizi che stanno già parzialmente sul mercato, come l’alta velocità e le merci, dovrebbero essere venduti e messi in piena concorrenza, con benefici sia per l’erario sia per i contribuenti. I servizi locali e quelli sussidiati dovrebbero essere invece affidati in gara periodica, per gli stessi motivi. L’affidamento in gara dovrebbe poi estendersi alla gestione di segmenti della rete ferroviaria, mantenendo pubblica la proprietà, ma evitando un gestore unico che avrebbe di nuovo troppo potere (“clout”).

Per l’ANAS, la cura migliore sarebbe addirittura uno “spezzatino” regionale, già tentato invano, ma con poca convinzione, una volta. I traffici a scala regionale prevalgono nettamente su quelli di lunga distanza, sulla viabilità non autostradale, e quella è la scala corretta per gestire, sempre in gara periodica, le relative infrastrutture.

Ma con l’aria “sovranista” che tira, questo appare sempre più un programma di difficile realizzazione. L’ultimo argomento usato dai difensori dei monopoli, o degli oligopoli, è infatti il patriottismo: il nuovo grande gruppo sarebbe un “campione nazionale”, creato solo per il bene di tutti noi.

Peccato che, come diceva il filosofo Samuel Johnson, il patriottismo spesso sia l’ultimo rifugio delle canaglie.

Marco Ponti

Bridges Research



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