27 febbraio 2018

SALUTE E REGIONE. AGENDA AL FUTURO

La riflessione di un paziente sulla figura dei medici di base


La sanità, come noto, rappresenta gran parte della attività e della spesa regionale e quindi la nuova amministrazione che uscirà dalle prossime elezioni avrà come sempre al centro tale tema nei suoi diversi aspetti. Nel dibattito preelettorale un argomento mi sembra finora avere avuto scarso rilievo: quello del futuro del ruolo dei medici di base. Tale ruolo, come sappiamo, è essenziale per tutto ciò che attiene all’uso delle risorse pubbliche, ma anche come unico custode delle condizioni sanitarie dei cittadini, nonostante -e forse proprio- per lo sviluppo della medicina specialistica. Solo il medico di base infatti può valutare le necessità del cittadino – paziente nel loro insieme e le interrelazioni tra le diverse cure che, soprattutto per i cittadini più anziani, vengono prescritte dai diversi specialisti.

08taranto08FBDi fronte a tale ruolo fondamentale del medico di base la realtà attuale e la sua evoluzione preoccupano molto i cittadini lombardi. Infatti è crescente il numero di medici di base che lasceranno per ragioni di età- ma non solo- la loro attività nei prossimi anni. In Italia entro il 2023 andranno in pensione circa 21.700 medici di base e ne mancheranno 16.000 rispetto al fabbisogno; la Lombardia sarà la regione con il maggior numero di pensionati entro tale data con quasi 2800.

Inoltre il numero di laureati in medicina iscritti ai corsi di medicina generale che si devono seguire dopo la laurea per poter diventare medici di base nelle nostre università è calante: ho raccolto un dato secondo il quale, contro gli oltre 30 necessari a Milano per sostituire i medici che andranno in pensione nei prossimi anni, se ne sarebbero diplomati solo 8 nell’ultimo anno; non tutti i diplomati, inoltre, vanno poi a praticare la professione di medico di base che per alcuni rimane una professione “ di riserva”.

La recente riforma lanciata dalla Giunta regionale lombarda, e che parte proprio all’inizio di quest’anno, concernente nuove modalità di gestione delle patologie croniche, costituisce una sfida importante per la categoria che, nell’area metropolitana milanese, pare tuttavia avere aderito al progetto solo per una percentuale minore al 50%. I medici di base potrebbero essere gestori o co-gestori del piano di visite programmate per tale tipologia di pazienti-soprattutto rappresentati da anziani affetti da più di una patologia-, ma molti di loro pensano che tale progetto, al quale possono candidarsi anche gestori privati molto presenti sul territorio regionale, andrà alla fine a vantaggio soprattutto di questi ultimi.

Sarebbe importante che il dibattito toccasse tutti i temi legati al ruolo del medico di base -o di medicina generale come si dice meglio – e delineasse alcune proposte capaci di salvaguardare tale ruolo di tutto rilievo per il cittadino attraendo più giovani laureati in medicina che sembrano in questo momento preferire indirizzi più remunerativi o professionalmente maggiormente stimolanti.

Cito a titolo di esempio solo tre dei temi che dovrebbero essere al centro del dibattito fin dall’inizio della prossima legislatura regionale:

  • innanzitutto andrebbe rivista la retribuzione assegnata al medico di base per paziente iscritto che è invariata da molti anni a fronte di un invecchiamento della popolazione degli assistiti, che come noto è in atto, generando a carico del medico la necessità di un impegno più gravoso pur a parità di pazienti.
  • in secondo luogo il sistema di gestione del numero massimo di assistiti per medico di base -1500 – andrebbe forse rivisto, stimolando la concorrenza tra medici sulla base della loro competenza e capacità. I medici cosiddetti massimalisti, cioè quelli che oggi raggiungono il numero massimo di assistiti e non ne possono aggiungere altri, potrebbero organizzarsi in studi medici introducendo così i neo diplomati in affiancamento a loro, mentre oggi essi sono prevalentemente utilizzati in sostituzione del medico titolare quando è malato o in vacanza.
  • in terzo luogo vi è la necessità che i medici di medicina generale sviluppino maggiormente il lavoro di equipe che finora, pur stimolato dagli enti pubblici, pare essere rimasto sulla carta; una lista di nomi di medici collegati tra di loro è sì appesa alle bacheche delle sale di aspetto dei singoli medici, ma spesso senza effetti reali sulla maggiore tant’è che i pazienti che ricorrono ai pronti soccorsi sono un numero molto più considerevole del necessario.

Roberto Taranto



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