20 febbraio 2018

QUALITÀ DELL’ARIA E CANDIDATI, PENSIERI IN LIBERTÀ

Ognuno la sua ricetta:quella del dottor Dulcamara


Il Corriere della sera di domenica scorsa, nell’inserto di cronaca milanese, dedicava una pagina a un tema che colpisce la sensibilità universale: l’inquinamento. Titolava il Corriere, apocalittico: “Cosa ne sarà dei diesel?”. Nel sommario la spiegazione: “Oltre cento giorni sopra la soglia di Pm10. Il Pirellone fermerà gli Euro 3 a gasolio a partire da ottobre. La politica ambientale all’esame delle urne”. A completare l’utile servizio, corredato da chiari grafici (dai quali si deduce che la quota principale di Pm10, oltre il 70 per cento, è dovuta ai gas di scarico degli autoveicoli, tutti gli autoveicoli, gasolio o benzina, quasi otto milioni in Lombardia, quasi due milioni a Milano) quattro riquadri, ognuno dei quali dedicato ad uno dei candidati alla presidenza della giunta regionale. Nell’ordine: Onorio Rosati (LeU), Giorgio Gori (centrosinistra), Attilio Fontana (centrodestra), Dario Violi (Cinque stelle). Ogni candidato proponeva la sua ricetta contro lo smog, ovviamente sempre ricordando quanto grave sia la questione.

07pivetta07FBRiassumendo… Onorio Rosati sosteneva che la Regione dovrebbe ridurre la mobilità su gomma e incrementare il trasporto pubblico su ferro anche con politiche tariffarie che ne incentivino l’utilizzo; Gori auspicava che entro il 2025 almeno il venti per cento delle auto in circolazione sia alimentato a metano o da un motore ibrido o elettrico e vorrebbe introdurre zone a emissioni zero nelle principali aree urbane entro il 2030; Fontana vorrebbe ridurre il traffico di auto diesel, senza tuttavia – siamo o no in campagna elettorale? – penalizzare i proprietari di auto diesel, vorrebbe introdurre standard energetici per gli edifici, vorrebbe evitare che in regione – siamo o no lumbard? – si bruciassero i rifiuti provenienti da altre regioni; Violi caldeggiava la gratuità di mezzi pubblici, senza naturalmente chiarire chi dovrebbe poi pagare e come… si potrebbe partire da Cremona, Milano, Pavia, Bergamo, le città più intossicate. Tutti d’accordo su un punto (molto elettorale anche questo): i divieti non servono. Mettendo assieme una proposta e l’altra e l’altra ancora, ci ritroveremmo nel paradiso dell’aria pura.

Non mancherebbero ragioni per contestare questi propositi: irrealistici e costosi (riflettendo sui conti economici del Paese Italia), a scadenza incerta, fragili, demagogici… persino “la modulazione progressiva del bollo auto, con contributi per le famiglie meno abbienti” (Gori). Si ha la sensazione sgradevole di imbattersi nelle genericità, nella banalità, del luogo comune promosso a tecnicismo: mai incontrata tanta passione per l’auto elettrica. Proviamo però a illuderci che non sia così, che quanto promettono i nostri candidati, sia a portata di mano, sia nel senso possibile e concreto delle cose.

Una obiezione mi viene comunque naturale, una obiezione che mi si presenta come memoria pallida dei miei lontanissimi studi universitari, una obiezione che traduco in una domanda: non è per caso che il problema del traffico e quindi dell’inquinamento atmosferico da Pm10 sia prima di tutto una questione di forma e di uso della città? Mi esprimo rozzamente, la memoria è pallida… appunto e quindi scusatemi se sbaglio.

Forse – mi azzardo a credere – si dovrebbe discutere di funzioni, di concentrazioni delle funzioni, di riequilibrio. Una volta, decenni fa, si scriveva di decentramento, di pianificazione, di piani intercomunali, di piani interregionali, di progetti che toccavano territori di ampio raggio. Si pensava che un grattacielo generasse congestione, che una strada o un parcheggio richiamassero nuovo traffico, che si dovesse investire nelle periferie (della città o della regione) per restituire respiro al “centro”. Si arrivò, in tempi più recenti, a discettare di MiTo e persino di GeMiTo, nel segno comunque della redistribuzione, della programmazione, in una sorta di zoning interregionale…Di fronte alla “modernità” dei “mezzi pubblici gratuiti” o delle “zone a emissioni zero”, paiono adesso tutti concetti obsoleti. Nessuno dei nostri candidati è parso prendere in considerazione quelle idee che un tempo erano oggetto di studio e di discussione nelle università o nelle pagine delle riviste d’urbanistica e dei giornali, persino nelle pubbliche amministrazioni. Meglio tappare i buchi. A futura emergenza.

Oreste Pivetta



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