26 gennaio 2010

IL RUOLO (MODESTO) DELLA MUSICA NELLA SCUOLA


Oggi, quasi ogni italiano, persino in tempi confusi come questi, coltiva la certezza di vivere in un paese di grandi tradizioni. Tra queste c’è anche quella musicale ma, come talvolta accade in Italia, la verità storica, se accostata alla realtà, stride fastidiosamente. A dispetto delle folle che partecipano ai concerti-evento, a dispetto della musica che ci accompagna ovunque, il rapporto spontaneo e non mediato con il far musica manca sempre di più. Per verificarlo è sufficiente proporre di cantare a un gruppo di bambini e la cosa verrà naturale, ma chiedere a un adulto o a un gruppo di adulti, magari tra loro sconosciuti, di accennare una breve melodia estemporaneamente produce silenzi. Anche se un simile risultato può essere prevedibile, non bisogna trascurare il dato di fatto: ciò che accade con gioia e spontaneità nei bambini possa diventare fonte d’imbarazzo per gli adulti. Sostenere, d’altra parte, che l’età adulta comporta tante inibizioni e includere tra queste anche l’inibizione al canto, significa dimenticare un fattore determinante nella vita di ciascuno: l’educazione, in particolare quella scolastica. Tralasciando l’autonomia delle scuole nell’indirizzare la programmazione e, più in generale il ruolo dei conservatori, ora l’educazione musicale è interrotta alla  fine delle scuole medie, proprio quando ragazze e ragazzi iniziano a maturare una propria vocazione, che è fatta non solo di un desiderio, ma anche di un corollario di esperienze e stimoli che vengono anche e soprattutto dal sistema scolastico. È così interrotto un percorso di crescita proprio nel momento in cui, a dispetto delle apparenze, la mente è più desiderosa di apprendere e di essere guidata. Questa scelta non comporta soltanto la rinuncia a insegnare la grammatica della musica, che pure sarebbe necessaria per imparare a riconoscere la buona e la cattiva musica (come la grammatica italiana ci consente di valutare meglio un testo), ma anche la rinuncia a sviluppare e trasmettere a ciascuno in modo compiuto la consapevolezza di una qualità comune e naturale: la musicalità. Il compito che devono fronteggiare insegnanti e professori di musica nella scuola  dell’obbligo è perciò arduo: con i mezzi e il tempo a disposizione (normalmente pochi) devono educare musicalmente schiere di ragazzi impegnati nello studio di materie considerate tradizionalmente più “nobili”. Il risultato è quindi prevedibile e, in mancanza d’insegnanti avveduti, sconcertante. Anche gli studenti musicalmente più dotati rischiano di non sviluppare in modo organico le loro qualità, mancando di diventare testimoni della bellezza del far musica. Il danno si moltiplica così di anno in anno. A fronte di questo, vanno segnalati diversi interventi, come l’attivazione di corsi a orientamento musicale nelle scuole medie, l’avvio di percorsi musicali extrascolastici e infine l’introduzione, con la prossima riforma dell’istruzione ad opera del Ministro Gelmini, del Liceo Musicale e Coreutico. La combinazione di questi fattori è probabilmente la soluzione più promettente, in quanto consente di coniugare la maggiore attenzione verso le materie più tradizionali con l’insegnamento della musica che ben difficilmente potrà diventare prioritario. Un ultimo elemento da prendere in considerazione è il ruolo dei genitori. Se adeguatamente sensibilizzati sin dai primi anni, possono essere gli alleati preziosi di una scuola dell’obbligo finalmente cosciente dell’importanza dell’educazione musicale nella crescita della persona. Per ricordare quanto tutto ciò sia allo stesso tempo ovvio e indispensabile, può essere d’aiuto un’ultima considerazione. Com’è necessario a un neonato, per sviluppare il linguaggio, sentir parlare intorno a sè, così non è difficile immaginare che il canto, in particolare della madre, sia altrettanto importante nello sviluppo di un bambino. Condividere senza riserve questo paragone, non può che costringerci a pensare in modo diverso al ruolo della musica nella scuola di oggi.

 

Andrea Vanzo



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