13 dicembre 2017

DI CHE AUTONOMIA HA BISOGNO LA LOMBARDIA? TRE PROPOSTE

Il vero problema sono le competenze


Acquisito l’esito positivo del referendum sull’autonomia (hanno votato il 39% degli aventi diritto) la Lombardia ha aperto le trattative con il Governo per regolare il trasferimento delle competenze nelle materie previste dagli articoli 116 e 117 della Costituzione, così come modificata nel 2001. Si tratta di venti materie a legislazione concorrente Stato regioni, e tre materie a legislazione esclusiva dello Stato: si va dal commercio con l’estero e dall’ordinamento sportivo alla ricerca scientifica; dal governo del territorio alle grandi reti di trasporto e alla produzione e distribuzione dell’energia; dalle casse rurali al coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario(?)(1). Materie dunque di rilevanza assai differente tra loro per il governo della regione.

targetti41FBL’operazione “autonomia” non modificherà il residuo fiscale delle regioni, ovvero la differenza tra prelievo fiscale e spesa pubblica per ciascuna regione (per la Lombardia valutato tra 45 e 55 miliardi di avanzo positivo), principale motivazione di chi è andato a votare al referendum. Infatti le stesse risorse che oggi lo Stato spende in Lombardia saranno spese dalla Regione “autonomizzata”: il vantaggio economico per i cittadini lombardi si avrà solo se la Regione risparmierà o spenderà meglio le risorse pubbliche ad essa trasferite anziché spese direttamente dallo Stato. Il prelievo fiscale a favore dello Stato resterà immutato (2).

Il consiglio regionale ha votato a larga maggioranza un documento di sostegno e di indirizzo alla trattativa. Maroni oggi ha fretta, vorrebbe giustamente chiudere la partita prima della fine della legislatura e del suo mandato. A dire il vero la regione avrebbe potuto aprire la trattativa già sedici anni or sono, quando nel 2001 fu approvata la modifica costituzionale e poco dopo la Lega secessionista di Bossi andò al governo del Paese con Berlusconi. Ma un conto sono i proclami, e un altro è governare. Probabilmente oggi è più facile aprire la partita delle autonomie regionali perché i conti dello Stato sono un po’ più sotto controllo; forse lo sono un po’ meno quelli delle regioni.

Anche Giorgio Gori, candidato del PD alla presidenza della Regione, ha sostenuto il referendum per l’autonomia. Non so se abbia espresso una valutazione nel merito della trattativa in corso e quali obbiettivi intenda proporre nel programma elettorale. Non ho informazioni al riguardo.

Ma cosa serve effettivamente alla Lombardia? Innanzitutto va detto che un massiccio trasferimento di competenze rischia di ingigantire e accentrare il già pesante apparato burocratico della regione. Sarebbe bene dunque che nello sviluppo della trattativa si selezionino bene le competenze utili e si fissino le priorità. Comunque non penso che la Lombardia abbia bisogno di una generica maggiore autonomia in materie di ordinaria amministrazione, ma ha bisogno di poche speciali condizioni di legge che rispondano ai nodi strutturali del tutto specifici del territorio lombardo.

Ne propongo tre.

1. L’area metropolitana milanese (più grande dell’attuale Città Metropolitana) è l’unica area metropolitana di rango internazionale del Paese ed il suo funzionamento è questione nazionale. Bisogna istituire una forma di governo efficace ed autorevole per quest’area (elezione diretta e ruolo autonomo degli amministratori) ed assegnare ad essa una speciale status anche di autonomia legislativa, ma in stretto coordinamento con la Regione e lo Stato (altre nazioni europee hanno città autonome – “Città – Stato”). Alla Regione il compito di delimitarne il territorio e concorrere con lo Stato alla definizione dei compiti.

2. La Lombardia ha bisogno più di tutte le altre regioni, per questioni di dimensione demografica, numerosità dei comuni e complessità del territorio, di enti intermedi efficaci, preso atto che l’elevatissimo frazionamento amministrativo dei comuni è destinato a permanere (3). La legge Delrio confligge con la vigente Costituzione (vedi articoli su ArcipelagoMilano del gennaio 2017), e dunque andrebbe abrogata. Se il Paese, però, non riuscirà a dotarsi di una nuova legge per gli enti locali che la superi, bisogna che la Lombardia rivendichi un’autonomia in materia ordinamentale al fine di riorganizzare le proprie province (come ha già fatto la Sicilia) per il governo dei territori regionali a forte caratterizzazione; ovvero, oltre all’area metropolitana: i sistemi urbani dei capoluoghi, la fascia pedemontana dei grandi laghi e la fascia montana; la pianura agricola, da Vigevano a Mantova; l’area metropolitana di rango regionale (ovvero la provincia di Brescia, più popolosa di 6 regioni e di 9 delle 12 città metropolitane stabilite dalla legge Delrio). Una nuova legge di riordino degli enti locali potrebbe affidare alle regioni la riorganizzazione delle province (delimitazioni territoriali e funzioni).

3. La crisi del modello manifatturiero della piccola e media impresa ha prodotto l’obsolescenza di parti rilevanti di molte città e territori; è un fenomeno che ha interessato tutte le regioni e le aree industriali del Paese, ma in Lombardia tale condizione è divenuta parte strutturante di molte città e delle parti di territorio a più intensa urbanizzazione. Secondo le analisi del Piano Territoriale Regionale (Variante ex legge 31/2014) le aree urbane da recuperare in Lombardia, (quasi 5.000 ettari) interessano più di 500 comuni con più di 7 milioni di abitanti, concentrati nella fascia ad intensa urbanizzazione, ovvero in tutta l’area metropolitana, nei capoluoghi pedemontani, nei poli industriali di pianura, nel Bresciano e anche nelle valli pedemontane di vecchia industrializzazione, ecc. Il fenomeno è strutturale, ovvero condiziona il funzionamento del territorio e la sua pianificazione. Il riuso delle aree obsolete è un’alternativa efficace al consumo di suolo. Tuttavia le condizioni del mercato immobiliare, i limiti alla spesa pubblica e l’incertezza della ripresa economica non consentono di fare della rigenerazione l’asse portante delle trasformazioni urbane. Solo a Milano e forse in alcuni capoluoghi più dinamici, il mercato e le iniziative economiche (nuove imprese) sono in grado di sostenere il processo di rigenerazione urbana. In altre città e in altre parti della regione è necessaria una politica fiscale mirata.

La Lombardia deve dunque rivendicare una speciale autonomia nell’applicazione delle norme fiscali, (tasse e imposte sugli immobili, sulle imprese, sul lavoro, sulle professioni, sui redditi delle persone fisiche – detrazioni fiscali) limitata nel tempo e nello spazio (esenzioni decennali, aree freetax, ecc.), mirata alla rigenerazione urbana. Una parziale riduzione della pressione fiscale capace di generare in poco tempo e in modo controllabile attività economiche e redditi, fonti, in un prossimo futuro, di nuovo prelievo con un bilancio attivo per lo Stato.

Temi, questi, per la prossima legislatura, e perciò possibili contenuti programmatici per la futura campagna elettorale.

Ugo Targetti

Nota 1

Costituzione, articolo 117, 3° comma

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato

Costituzione, articolo 116, 3° Comma

Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere L) (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa) limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, N) (norme generali sull’istruzione) e S) (tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.

Nota 2

Per ridurre il residuo fiscale delle regioni con saldo positivo bisognerebbe condizionare la misura dei trasferimenti dallo Stato alle regioni con residuo negativo (quelle del Sud) al raggiungimento di standard di efficienza; tema che era stato affrontato dalla riforma costituzionale bocciata. (Il che non risolverebbe ancora la questione delle regioni a statuto speciale i cui rapporti fiscali con lo Stato sono regolati da leggi costituzionali.)

Nota 3

Insieme al referendum per l’autonomia in Lombardia si è votato per la fusione di 17 comuni (dai 121 abitanti di Introzzo ai 6.771 di Cernobbio) per formarne 6 nuovi; due fusioni in provincia di Como sono fallite per l’opposizione dei cittadini di quattro comuni (Cernobbio, Moltrasio, Carate Urio e Albiolo) fusioni che avrebbero portato a nuovi comuni con più di 5.000 abitanti. In Italia dal 2014, anno dell’approvazione della legge Delrio, ad oggi le fusioni di comuni sono state 60, per un totale di 149 comuni. In totale i comuni sono passati da 8.090 a 7.998. La riorganizzazione dei piccoli comuni, uno dei pilastri della riforma Delrio che avrebbe dovuto sostituire le province, non costituisce una valida alternativa all’ente intermedio. La Lombardia ha sempre più di 1.500 comuni (1.521).



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