5 dicembre 2017

MAFIA IN LOMBARDIA. LO STRUZZO HA TIRATO FUORI LA TESTA

Prendere atto (in ritardo) della terribile realtà.


Non passa settimana senza essere costretti a interrogarci su quanto occorrerà mai perché l’opinione pubblica lombarda prenda coscienza fino in fondo della gravità del pericolo mafioso. Un comune importante della Brianza, Seregno, si è dimissionato per non vivere l’onta di essere sciolto d’imperio il giorno dopo dall’autorità di governo. Esattamente come aveva fatto Desio nel 2010. Perché tutto si sa, ma si fa finta di non vederlo, salvo capirlo fulmineamente il giorno prima, ossia molti anni dopo. Gli stessi opinionisti più attenti, a volte perfino i magistrati giudicanti, parlano di una mafia astuta, e per questo invisibile. Di una mafia “silente”. Ma di fronte ai gravi fatti di Cantù, alla corsa ad appropriarsi con violenze e pestaggi in piazza dei locali del centro, la dottoressa Alessandra Dolci della Direzione distrettuale antimafia è sbottata. “Ma quale silente!”, ha ammonito.

06dallachiesa40FBCerto non sono silenti gli incendi che si ripetono intorno a Milano, a Rozzano come a Bruzzano, per non parlare del carosello di fuoco nella provincia pavese o della bomba sul pianerottolo del padre di un usurato a Pioltello. L’incontro tra economia legale ed economia illegale striscia sotto la pelle della metropoli e i suoi frutti si vedono.

La Commissione regionale antimafia ha inviato un questionario a tutti i comuni lombardi per iniziare a capire se davvero stia salendo il fenomeno dell’intimidazione nei confronti degli amministratori locali, come sempre più spesso si viene a sapere per via privata o anche pubblica, come è accaduto agli Stati Generali dell’Antimafia promossi dal Ministero della Giustizia il 23 e 24 novembre. Lì Rossella Pera, consigliera di opposizione a Fino Mornasco, ha raccontato in che situazione è costretta a fronteggiare la ‘ndrangheta, e al ritorno al paese l’hanno accusata di avere diffamato la comunità.

Per quanto dunque il questionario non abbia suscitato una partecipazione oceanica, sono però stati segnalati un centinaio di casi di intimidazione, dall’incendio o danneggiamento dell’auto al proiettile in busta, fino alle pesanti minacce verbali. Ma c’è anche la testa di maiale. Come dire che dall’attacco al libero mercato si sta via via passando all’attacco alla democrazia. Il che per la mafia è assolutamente naturale, visto che, più che impresa, è anzitutto potere, giurisdizione alternativa a quella dello Stato.

Per fortuna c’è una novità. Assolombarda sembra volere cambiare registro. Ha promosso una ricerca sulla provincia di Monza-Brianza, e l’ha consegnata ai suoi associati. Li ha riuniti in teatro proprio a Seregno, dove era diventato imprenditore di rispetto un tale coinvolto anni prima in una sparatoria furibonda con killer mafiosi, per mostrar loro uno spettacolo (“Dieci storie proprio così”) che parla di mafia e antimafia, anche in Brianza. E il vicepresidente Antonio Calabrò ha detto dal palco, con encomiabile nettezza: “Bisogna che la smettiamo di pensare che la mafia sia un’agenzia di servizi, una cosa per ottenere soldi o appalti e di cui poi ci si libera. Dopo che ci hai fatto affari, della mafia non ci si libera più”. Quanti lo capiranno?

Nando Dalla Chiesa



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