18 ottobre 2017

MARATONE MILANESI: DA MANZONI A DEEJAY

A ognuna il suo spazio e il suo tempo


A Milano abbiamo gli eventi. Teorizzati preconizzati istituzionalizzati: ecco qui Yes Milano, è una questione di spazio – tempo. Acceleri, condensi, crei il picco, il prodotto, lo confezioni, lo veicoli, lo vendi: marketing urbano in senso stretto. La comunicazione ha improntato il modello di gestione della città, il confine tra cittadinanza e pubblico sempre più sfumato, continua creazione di pubblici, per ennesimi eventi.

07mattace34FBQuesto è lo schema più ampio: grandi eventi “(…) in grado ora di stimolare – per il loro carattere di unicità – la partecipazione attiva dei milanesi, ora di accrescere la visibilità internazionale della città, catalizzando l’interesse e l’attenzione del pubblico, dell’industria del turismo e degli investitori. (…) opportunità di attrazione e sviluppo per l’intera città.” Come recita il “mandato” consegnato dall’Amministrazione nel luglio del 2016 a Pasquale di Molfetta, Linus di Radio Deejay per i più, per promuovere la città.

Uno dei prodotti di punta di questa città événementielle sembra essere la maratona, in questa stagione sicuramente. Deejay ten, Vodafone Milano Ride, Avon Running, Salomon Running – su e giù dalla torre Allianz a City Life – Ekirun, a staffetta, aspettando in primavera la storica Stramilano e la Milano Marathon.

Fidippide era solo e alla fine è morto. Sarà per questo che per noi le maratone sono sempre eventi collettivi, per coprire una lunga distanza, nello spazio o nel tempo, siamo in tanti o ci diamo il cambio. Maratone preparate, per lo più, in solitudine, celebrate nella moltitudine. Comunità emotive e di scopo, comunità colorate, tutti in arancio, tutte in rosa sciamano per la città: non è più solo o tanto una gara, ma la celebrazione di un comunità (one station one nation..), o una manifestazione vera e propria, scendo / corro in piazza per una ‘buona causa’ (il tumore al seno …).

E la città si adatta. Gli eventi stressano le dinamiche urbane, testano i processi e li ottimizzano: deviazione / interruzione di linee di trasporto pubblico, delimitazione, posti di blocco, servizio di pulizia straordinaria, servizi di ordine pubblico – in tempi di terrorismo plateale – pubblica assistenza e così via. Una dimostrazione di logistica potente, e probabilmente costosa. E la città si presta come scenario, si agghinda di stand, di toimoi, architetture effimere sempre più leggere, transenne, portali gonfiabili, pubblicità, si direbbe una città en travesti.

Come uno sciame, la maratona entra pervade invade modifica la città e poi appunto sciama via, si disperde. Quello non vorremmo si disperdesse è la banale considerazione che chi pratica maratone e run di ogni genere e grado si allena, chi due tre tutti i giorni della settimana, e … respira. Che una città palestra a cielo aperto, una città senza auto, non sono bandiere di altre politiche a canne d’organo. Che la città evenementielle non è vetrina per il miglior offerente (il fantomatico investitore straniero..) ma monito puntuale e perseverante, per quanto festoso, sulle politiche strutturali di trasformazione urbana.

Così con tono più sommesso, ma non con voce meno ferma, ci sono altre maratone che van dicendo cose in città: forse meno appariscenti ma non di minor impatto, perché profondamente radicate, punti di partenza e arrivo snocciolati nel tempo. Maratona Manzoni è una di queste: per calendario si è svolta, in ottobre, lo stesso giorno della Deejay Ten, non ha la potenza dello sciame ma la forza e la caparbietà della pianta pioniera, quella che colonizza un habitat.

ArcipelagoMilano ha accompagnato in queste settimane Maratona Manzoni, reading pubblico a staffetta dei Promessi Sposi in luoghi significativi della città, raccontandone il manifesto, i patrocini territoriali, lo specifico urbano e culturale: manca forse ancora un tassello, le radici profonde del progetto che portano con sé l’intelaiatura della prossima tappa.

È lo specifico lavoro sulla lingua che Alessandro Manzoni ha fatto nei Promessi Sposi: “uno dei lasciti maggiori della lingua manzoniana è l’assorbimento nella sintassi del romanzo dei modi dell’oralità”. Di edizione in edizione Manzoni continua a filtrare l’oralità nella lingua scritta, colma lo iato, ed ecco che allora la lettura ad alta voce chiude il cerchio, rende omaggio e fa tesoro.

Ce ne si accorge fino in fondo leggendo le definizioni dei lemmi manzoniani che Treccani ha selezionato nel suo dizionario per Maratona Manzoni: “azzeccagarbugli, avere (non s’ha da fare..)” “bravo, costringere, innominato,” – “mettere, misericordia, perpetua”- “provvidenza, rattoppare, sbattuto” – “scottare, volgere (quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno…), voto”. È qui che il Milanese Imbruttito potrà finalmente sciogliere i suoi dubbi: “che sbatti!” non sarà più espressione intraducibile, ma evidenza lessicale.

Non solo, Treccani ci invita a scegliere la nostra parola del cuore: occasione per imparare che la giustizia è una virtù sociale, la misericordia un sentimento, la provvidenza un soggetto. Una declinazione di quello “spirito personale di cittadinanza” cui saremo tutti chiamati in dicembre al prossimo appuntamento di Maratona Manzoni international.

Le lunghe distanze saranno quelle percorse da chi è arrivato fin qui da molto lontano, le comunità straniere di Milano, gli studenti Erasmus, gli alunni della Civica Scuola Interpreti e Traduttori, leggeranno i Promessi Sposi nelle lingue più diverse, le proprie e le altrui: non abiteremo la stessa lingua, ma la stessa storia, rendendola ancora più grande.

“Lettura come veicolo di bellezza, esercizio di consapevolezza e strumento di crescita culturale di una collettività, occasione per i cittadini di (ri)appropriarsi – e condividere insieme – un segmento illustre della lora identità e della loro storia, che nelle vicende manzoniane ha parte delle sue radici e della sua grandezza” con le parole di Filippo Del Corno alla scorsa edizione.

Di sciami di piante pioniere di radici abbiamo parlato: continuiamo le metafore prendendo in prestito quella di Munari, “un albero è l’esplosione lentissima di un seme”, è solo questione di time lapse direbbero i contemporanei. Diamole tutta la cura perchè Maratona Manzoni un grande albero lo possa diventare.

 

Giulia Mattace Raso

 

 



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