10 ottobre 2017

QUESTIONI DI POLIZIA LOCALE: NON È IL FRONT-OFFICE DEL COMUNE

Per una sensibilizzazione della politica


Negli ultimi decenni, e non a caso in corrispondenza all’elezione diretta dei sindaci, la Polizia Locale è diventata sempre più determinante nel contesto sociale di appartenenza urbana ed è di fatto riconosciuta dai cittadini, e in generale dall’opinione pubblica, come l’immagine riflessa della pubblica amministrazione.

06ghezzi33FBLa Polizia Locale è chiamata a svolgere molteplici e complesse funzioni, come polizia stradale, prossimità sociale, prevenzione e repressione dei reati, controlli di varia natura e in molti contesti, come per esempio quello annonario, edile, falsi documentali e in genere di tutti gli atti amministrativi.

Nel recente passato però, la Polizia Locale è chiamata anche a svolgere ruoli che hanno origini storiche improprie, come l’antiterrorismo, l’ordine pubblico, gli sgomberi, le indagini presso le Procure della Repubblica. Tutte funzioni che erano di esclusivo appannaggio alle Polizie statali.

A fronte di questa evoluzione funzionale non vi è stato un adeguato intervento sulle norme che dovrebbero disciplinare quanto meno un coordinamento delle Forze dell’Ordine, contemplando tra esse e a pieno titolo la Polizia Locale.

Malgrado ci sia stato un tentativo, risultato inefficace, effettuato all’interno dell’impalcatura della legge che disciplina i poteri amministrativi degli Enti Locali, la Polizia Locale in Italia sconta la sindrome del dio minore, determinata dall’incertezza del proprio ruolo e dal mancato riconoscimento della dignità formale e soprattutto sostanziale che invece hanno in dote le altre Forze di Polizia.

Un paradosso che negli anni il legislatore, più corretto dire la politica, non ha mai voluto superare. Eppure basterebbe emanare una legge ad hoc per definirne, una volta per tutte, ruoli e competenze e che fornisca agli operatori strumenti utili all’operatività concreta, come la possibilità di utilizzare a pieno titolo tutte le banche dati per svolgere al meglio e nell’interesse dei cittadini i compiti che a loro vengono affidati.

Non solo, anche nella sfera dei diritti del lavoratore, sarebbe necessario e improcrastinabile riconoscere quelle tutele dovute a tutti coloro che svolgono lavori usuranti o pericolosi.

L’importanza del ruolo della Polizia Locale era ben chiaro, addirittura nei tempi che furono, Gaio Ottaviano imperatore, che nel 26 Avanti Cristo fondava la “Militia Vigilum affidandole i compiti di vigilanza notturna e prevenzione dagli incendi, sottraendo tali prerogative all’esercito che fino ad allora le aveva in esclusiva. L’arruolamento poi dei figli del popolo, in particolare gli schiavi affrancati, fece il resto. La Polizia Locale di prossimità venne accettata proprio per quell’idea geniale di far rappresentare le istituzioni sul territorio da persone conosciute e riconoscibili, da gente della stessa gente.

Detto ciò, penso sia opportuno comprendere ed esaminare quale sia la percezione che i cittadini hanno da qualche tempo della Polizia Locale. I cittadini non hanno la sufficiente conoscenza dello status sociale e istituzionale della Polizia Locale, affidandosi esclusivamente all’utilizzo che ne fa l’amministrazione comunale. Essendo di fatto diventata il front-office del potere amministrativo della città, ogni volta che un cittadino ha un problema e di qualsiasi natura, cerca la Polizia Locale, pretende la Polizia Locale e così come quando c’è da attribuire colpe o presentare critiche, lo sguardo è sempre rivolto alla Polizia Locale.

Nonostante negli anni i rapporti con le istituzioni, dopo lunghi anni di diffidenza, si siano in parte rasserenati, la collaborazione con la magistratura, le prefetture, le Forze dell’Ordine sono sempre più stringenti, anche se il rischio concreto oggi è che si scambi la Polizia Locale per l’istituzione tutto fare alla quale scaricare ogni tipo di problema.

Non aiuta certo il rapporto che questa istituzione ha per sua natura con la politica che, sempre più spesso, invade il campo delimitando perimetri con logiche che non sempre sono quelle dell’interesse della collettività.

La visibilità della Polizia Locale con il suo “appeal mediatico” è un elemento che ogni sindaco, vicesindaco e assessore alla sicurezza ha, fino a ora, giocato, operando con la logica della finalizzazione ai propri interessi personali o di partito, senza alcuna differenza politica, di programma e di Giunta.

Da decenni si parla di una radicale riorganizzazione del Corpo, ma nessuno ha l’interesse di iniziare nemmeno a pensarla, forse solo il movimento sindacale di rappresentanza lo auspica. Al contrario, soprattutto negli ultimi 12 anni, a Milano, si sono ben guardati dall’intervenire, quando proprio la città pretendeva una maggiore e qualificata presenza di operatori che avessero funzioni come quelli già citati.

Come un mantra, ogni anno, si propongono i cosiddetti “Vigili di Quartiere”, ma con progetti non adeguati e risorse insufficienti, denunciando approssimazione ed incapacità addirittura tecniche.

Si decantano le effettive operazioni messe in campo dagli operatori, per poi negare a loro i diritti fondamentali. Come non ricordare nel dicembre del 2015, ai margini di una contrattazione negoziale con le rappresentanze dei Poliziotti Locali, Giuliano Pisapia, Sindaco della giunta arancione e paladino di una certa sinistra, fu condannato dal Pretore del Lavoro per “attività anti-sindacale”.

Assessori alla partita che in questi anni non si sono accorti che all’interno del Corpo è quasi assente del tutto la “gestione del personale”, poiché non presenti quadri intermedi e un numero ridicolo di dirigenti, 3 per l’esattezza, in proporzione alla forza presente che è pari a 3.200 operatori.

Assessori che non si fanno carico dei diritti del poliziotto locale in merito al riconoscimento della “causa di servizio” per eventuali rischi ed incidenti, alla formazione e all’aggiornamento professionale e al riconoscimento di indennità che sono ad appannaggio di tutti gli altri operatori delle Forze dell’Ordine.

La politica, non importa quale sia il livello di competenza istituzionale, quando ha la gestione diretta di un corpo che ha funzione di ordine e di sicurezza pubblica, fa solo disastri. Certo, la politica determina gli indirizzi delle altre Forze dell’Ordine, ma attraverso la mediazione e l’autonomia dei corpi intermedi dello Stato, quali Prefetture e Questure e Comandi per quanto riguardano le Polizie a status militare. Nei Comuni il rapporto tra Sindaco e assessore alla sicurezza invece è diretto ed è un male incontrovertibile.

Basterebbe dare una lettura più attenta anche rispetto ai fatti che hanno portato la rimozione di Antonio Barbato con la sostituzione di un Dirigente della Polizia di Stato, anziché cercare di trovare una soluzione interna. Il dottor Ciacci è un’ottima persona e altrettanto ottimo Dirigente della Polizia di Stato, ma sono convinto ci siano più di una ragione per definire sbagliata la scelta effettuata dal Sindaco.

La prima è nella certezza che un Comandante della Polizia Locale debba essere individuato all’interno dell’Amministrazione Comunale, meglio se nel Corpo. Alla Polizia Locale manca la consapevolezza della propria identità, che non gli potrà dare un seppur valido Dirigente di un’altra amministrazione, seppur di Pubblica Sicurezza.

La seconda è quella più importante: la gestione del personale. Un elemento fondamentale e prioritario che poco si addice al pur bravo dottor Ciacci. Dirigere 3.200 operatori che hanno anche caratteristiche peculiari e organizzati operativamente in modo diverso, non è la stessa cosa come l’aver diretto uffici che se superavano le 200 unità era già tanto.

La terza è la mancanza di coraggio palesata dall’Amministrazione nel scendere dal proprio piedistallo per addivenire ad una scelta condivisa con la base del Corpo. La quarta motivazione è l’inopportunità di scegliere un esterno che ha il sapore amaro di chi vuole punire l’intero Corpo, accusandolo, non tanto velatamente, di non essere in grado di auto-governarsi.

La quinta motivazione e quella che se nelle intenzioni di un assessore e di un Sindaco balenasse l’ipotesi di riorganizzare la Polizia Locale di Milano come una Questura, peccherebbero di presunzione per un progetto che si presenterebbe aleatorio e non aderente al sistema sicurezza, soprattutto pensando alla Città Metropolitana.

La Polizia Locale ha la necessità di avere un progetto riorganizzativo originale e che non imiti passivamente altre organizzazioni di apparati, che forse così efficienti non sono e che mostrano anch’essi alcuni limiti.

Detto tutto ciò, il sospetto che questa Amministrazione post-arancione sia quella che riformerà la Polizia Locale trasformandola in una entità senza identità, capace di essere servizievole al potere politico e poco nei confronti dei cittadini è più che fondato.

Gabriele Ghezzi

Ex Consigliere Comunale ed ex Presidente Commissione Comunale “Sicurezza”



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