18 gennaio 2010

COLF & BADANTI IN ITALIA: INVISIBILITÀ DELLO STEREOTIPO O STEREOTIPO DELL’INVISIBILITÀ?


Dopo anni d’invisibilità d’immigrazione femminile, oggi la categoria di genere diventa uno strumento di analisi utile a completarne il quadro: le donne migranti sono ormai visibili (In Italia, nel 2008 sono il 50,8% dei migranti), ma di quale visibilità si parla? Secondo l’opinione pubblica le donne migranti sono: badanti, collaboratrici familiari o più raramente infermiere [Caritas/Migrantes 2009].

Alcuni elementi contribuiscono allo stereotipo dell’invisibilità sociale: il lavoro di cura, da sempre considerato invisibile, l’aspetto trascurato ma storicamente importante che vede le donne migranti come al seguito degli uomini e il ruolo dei media. Tuttavia in Italia il tasso di attività delle migranti è più elevato di quello delle italiane: 59,9% a fronte di poco più del 51% della totalità della popolazione di sesso femminile [Caritas/Migrantes, 2009] e le donne con permesso di soggiorno di lavoro (46,3%) hanno superato le titolari con permesso di soggiorno per motivi familiari (44,9%). Meno della metà (circa il 43%) è impiegata nel lavoro domestico/cura, ma poco ci s’interroga sulla parte restante, alimentando attraverso lo stereotipo immigrata-badante, il perpetuarsi di ostacoli all’inclusione sociale. Che lavoro svolge l’invisibile restante 57%? Siamo di fronte ad un imperialismo culturale in base a cui un gruppo è invisibile e contemporaneamente è additato all’attenzione e rappresentato attraverso stereotipi. [Young, 1996]

Il binomio donna migrante-badante è diventato così evidente da celare le differenze intragenere: le donne migranti sono invisibili e, in quanto impiegate nel lavoro domestico, tutte badanti e questo stereotipo diviene a sua volta invisibile, nascondendo le altre donne migranti. Esiste un mondo di non-badanti invisibile, o meglio visibile solo fuori da stereotipi deformanti. Contro lo stereotipo sempre più numerose sono le donne che emigrano da sole o hanno un ruolo di breadwinner (quasi la metà dei migranti nel mondo sono donne), i lavoratori domestici di origine immigrata sono diminuiti tra il 2002 e il 2006 del 20%[ www.inps.it] e, in ogni caso, occorre stratificare il lavoro di cura, considerando ad esempio le infermiere. Inoltre è ricomparsa, nell’ambito di cura retribuito la donna italiana di mezza età espulsa dal mercato del lavoro industriale e va annoverata la presenza in Italia d’imprese migranti femminili.

Contro la visione mono-oculare e stereotipata, le donne straniere titolari d’imprese rappresentano il 17% di tutti i titolari d’impresa e sono anche lavoratrici attive nei bar e ristoranti etnici, negli alberghi e nel ramo estetico. Tra Giugno 2007 e Giugno 2008 le imprese femminili sono aumentate di +5.523 unità, di cui 3.921 hanno a capo una donna extracomunitaria. In Lombardia nello stesso anno si sono registrate +1.739 di cui 730 con titolarità femminile extracomunitaria. [Osservatorio Imprenditoria Femminile, Unioncamere]. Il numero di donne extracomunitarie cresce se si considera anche la percentuale di socie d’impresa oltre alle donne titolari. L’Ultima Dichiarazione di Emersione per la regolarizzazione di Colf e Badanti, conclusasi ufficialmente a Ottobre 2009, distingue le domande inviate in base a distribuzione per mansione (tot. 294.744/colf 180.408, badanti 114.744) e le Province con maggior numero di domande inviate e principali nazionalità. Nulla compare circa la divisione per sesso delle domande, il Ministero non ha ancora reso pubblici i dati. Non sappiamo ancora quanti uomini e quante donne abbiamo inviato la domanda per essere regolarizzati e, sapendo che ci sono stati casi di colf e badanti ‘improvvisati’per un giorno, appare fondamentale la distinzione per sesso per non contribuire inconsapevolmente alla diffusione dello stereotipo immigrata-badante. Quale visibilità delle donne immigrate?

 

Nicoletta Fasani

 



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