28 marzo 2017

L’EUROPA PER LE DONNE 2017

“Empowerment” economico a Milano


«Empowerment economico femminile: agiamo insieme!» questo il tema scelto e proposto per marzo 2017 da L’Europa è per le donne per un ciclo di incontri lungo tutte le quattro settimane. 20 appuntamenti al Palazzo delle Stelline dove l’Ufficio di Milano ha sede, uno correlato in Bicocca, uno a Genova alcuni a Modena.

08nannincini12FBVenti incontri in una sala attrezzata e accogliente. Tenendo presente che varie edizioni si sono succedute, che l’anno scorso sono state registrate 800 presenze in totale, qual è la collocazione che si è declinata in questi anni presso le associazioni e le donne della città? Infatti, ogni incontro è gestito da un’associazione femminile lombarda invitata a proporre un’articolazione del topic, individuare una data, un panel di relatrici/tori, un pubblico da coinvolgere.

«Noi diamo il framework, il tema generale che è scelto ogni anno dalla Commissione FEMM al Parlamento Europeo. Quest’anno “Empowerment economico femminile: agiamo insieme!”, cioè: Il Parlamento europeo coglie l’occasione, grazie alle molteplici declinazioni di questo tema, per rinnovare il proprio impegno a favore dei diritti delle donne e dell’uguaglianza di genere, promuovendo un dibattito sugli ostacoli che le donne si trovano ad affrontare nel mondo del lavoro e sull’importanza di politiche a sostegno dell’imprenditorialità femminile» ci informa Bruno Marassà, responsabile dell’Ufficio di Rappresentanza a Milano, «un tema già molto noto, l’evento è aperto alle associazioni non profit, da questa sede copriamo un arco politico molto ampio».

Un framework sufficientemente cogente da condurre con un filo rosso il tema un incontro dopo l’altro? Due ogni giorno, le associazioni che si dispongono lungo il calendario seguono semplicemente la logica di una risposta puntuale all’invito, una disponibilità di sala. Ci si aspetta che venga valorizzata la dimensione europea dei temi presentati, cosa e come propongono le associazioni, che riscontro tra il pubblico di partecipanti? Come viene utilizzato il frame, la sede, e la sequenza? Chi è presente e partecipa a questo mese di appuntamenti?

Ogni associazione invita il suo pubblico affezionato, così che forse si crea un effetto bolla … «non sono mai riuscita ad andare ad altri che non fossero il nostro», per altre questo non costituisce ostacolo «sono le istituzioni che si incontrano attraverso le relatrici, è stata una bella occasione di ragionare insieme come punto di inizio e poi siamo andate avanti a promuovere corsi di formazione, questa è stata lo spunto».

La scelta dell’orario contribuisce a costruire un set: «Orari settimanali e lavorativi potrebbero tagliare fuori molte, ma più che un ostacolo è una sfida, richiede un’organizzazione come valore aggiunto, un tempo dato perché non sembri un dopolavoro, momenti dedicati a consolidare la rete» – mentre per altre, ovvio, il parere è del tutto opposto. Viene sottolineato il rischio di frammentare le presenze, ‘disgregando’ forse gli eventi in un periodo ristretto.

Un framework che rappresenta un «circuito estremamente istituzionale, farne qualcosa dipende dai canali di comunicazione di cui disponi, più utile a promuovere iniziative di sostegno ad un protagonismo già in atto», mentre per altre costituisce l’occasione per avere «un’occasione di coordinamento regionale tra le nostre aderenti, la sede è prestigiosa, si scambiano idee i comitati che hanno lavorato nei territori».

Per alcune ancora l’evento è l’opportunità di «fare dei passaggi tra noi e tra noi e il tema, non è solo una vetrina, come invece ci era parsa all’inizio anni fa». Il termina ‘vetrina’ ricorre, a una annotazione che potrebbe apparire ‘diminutiva’. Marassà sottolinea invece che proprio perché vetrina «ha un effetto di varietà e di qualità».

Alcuni incontri appaiono centrati sul tema, fin quasi didascalici, altri colgono un appiglio e lo dipanano allontanandosi dal centro del topic. Alcune partecipanti trovano il tema difficile da interpretare, altre ne hanno ritagliato una nicchia «significativa»; alcune relatrici lo declinano presentando proprie ricerche specifiche, originate nel loro ambito; qualcuna lo articola con varie e diverse relatrici a coprire un arco di ‘posizioni economiche’; altre si stupiscono per i nessi ideativi tra il tema delle giornate e il proprio!

Ogni associazione porta la propria identità e forse si concentra a partire dalla propria competenza. Presentare qui un’iniziativa o pensiero ne esalta la rilevanza o ne disperde i nessi possibili? Su una questione così difficile per le donne italiane, interpretare una tessera del frame può far in modo che sull’empowerment economico ogni associazione e ogni donna presente ricevano una sorta di riconoscimento da parte del contesto? Un riconoscimento che non richieda alla singola di contare sempre solo su di sé, ma che offra sponde, informazioni, compagne di strade, alleanze possibili?

Certo l’Ufficio di Milano ha già in programma di redigere un report finale e invitare tutte le associazioni e le relatrici a un incontro collettivo, gestendone così la dimensione organizzativa e realizzativa .

Come individuare l’agire e su quali priorità? Come agire insieme, soprattutto se a essere insieme sono – o dovrebbero essere – associazioni e istituzioni?

Un incontro, che voglia rendere visibile un filo rosso, potrebbe cercare di far sintesi o rinnovare delle domande sul tema e sugli intrecci con la situazione attuale delle donne nella città e nel Paese. Dal momento che la locandina recita che «le politiche (di empowerment sono) sensibili al genere al centro della crescita inclusiva», l’evento potrebbe dire come queste politiche hanno interloquito nelle settimane di marzo? La retorica che a Milano «il lavoro è donna» si scontra con il dato oggettivo che quasi la metà esercita professioni altamente qualificate, ma per troppe il lavoro è ancora gratuito

E comunque il pay gap [disparità di trattamento economico tra i lavoratori e le lavoratrici] resta ancora così accentuato qui, come altrove in Europa. Soprattutto per le generazioni più giovani per cui il motto è «lavorare tanto, guadagnare zero: l’incubo di una generazione»* di «donne laureate, iperformate, anche – e parecchio – digitalizzate, spesso titolari di piccole imprese in proprio, spesso fondatrici di micro start up, oppure scrittrici, ghostwriter, giornaliste, avvocate, e via dicendo»* bisognerebbe imporre una riflessione e un agire nuovo sull’empowerment economico che si confrontino con lo stato di cose esistenti per tutte, nella disuguaglianza che le descrive.

Adriana Nannicini

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*da Elisabetta Ambrosi, Lavorare tanto, guadagnare zero: l’incubo di una generazione, in Il Fatto Quotidiano, 18 marzo 2017.



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