31 gennaio 2017

POLITICA MONETARIA E FINANZIAMENTO DELL’INNOVAZIONE

Con un occhio a Milano nuovo polo di ricerca e alle start-up


A proposto degli interventi della Banca Centrale Europea (BCE), si è parlato, anche al di fuori delle cerchie accademiche, della teoria – che può apparire piuttosto bizzarra – dello helicopter money (HM), quale mezzo per contribuire a rimettere in moto l’economia europea. Per stimolare la domanda potrebbe essere una soluzione quella, vista l’inefficacia del Quantitative Easing, di distribuire gratuitamente ai cittadini nuova moneta stampata dalla banca centrale. Questa politica monetaria, a dir poco “non convenzionale”, agirebbe dal lato della domanda mettendo in moto i consumi e quindi le attività produttive. Infatti, nonostante la disponibilità della banca centrale ad aumentare la liquidità, le banche sono poco indotte a concedere nuovi prestiti alle imprese e sono restie ad assumersi nuovi rischi.

07baravelli04FBLo HM può essere visto, sotto quest’aspetto, come una strategia per rimediare alle difficoltà di funzionamento del canale bancario. Aumentando la domanda di consumo e quindi il fatturato delle imprese, queste risulterebbero più facilmente finanziabili dalle banche. Di conseguenza, agendo sia sulla domanda sia sull’offerta, la ripresa sarebbe riavviata. Con la moneta piovuta dal cielo, come la manna, i cittadini si affretterebbero a spenderla e i consumi subirebbero un’impennata ma anche i prezzi schizzerebbero verso l’alto con un effetto tanto più inflazionistico (anche oltre il 2 per cento), quanto più rilevanti sono queste elargizioni monetarie. Così la produzione verrebbe stimolata insieme all’occupazione, riavviando la ripresa dell’economia.

Evidentemente stiamo parlando per metafora. La pioggia non verrebbe dal cielo, ma tecnicamente la banca centrale farebbe elargizioni di moneta direttamente con bonifici sui conti dei cittadini. Nel bilancio della BCE al passivo avremo un aumento della moneta in circolazione mentre tra le attività in contropartita registreremo le “donazioni” monetarie che potranno essere ammortizzate imputandole tra i costi a riduzione degli utili del banchiere centrale. Questa visione dello HM è meno suggestiva di una vera pioggia di moneta dal cielo e meno ancora di iniezioni di “potere d’acquisto” tramite il taglio delle tasse finanziato con acquisti di titoli pubblici, non rimborsabili, da parte sempre della banca centrale (una modalità di configurare lo HM.). L’aspetto più problematico riguarderebbe i criteri della distribuzione della moneta che dovrebbe evitare fenomeni di arricchimento preferenziale, rispettando il principio dell’equità. Poiché questo principio è piuttosto difficile da attuare, lo HM resta un’utopia; in ogni caso si avrebbe una violazione delle regole statutarie cui deve attenersi la BCE.

Ma la teoria dello helicopter money non deve ritornare in cantina come, ha osservato recentemente il presidente della Bundesbank, Weideman. Infatti, anche le idee più eterodosse possono risultare utili, se stimolano soluzioni innovative. Ed è proprio a proposito dell’innovazione e della ricerca che la pioggia monetaria potrebbe trovare applicazioni più convincenti e praticabili. Proverò a illustrarla facendo riferimento alle critiche che possono essere rivolte a tale teoria sul piano degli effetti.

Bisogna tenere presente – cosa che non viene evidenziata nel dibattito – che nel caso del rilancio economico dell’Italia e dell’Europa la questione non è quella relativamente semplice di un motore che ha bisogno solo di benzina per ripartire (sollecitando i consumi e la spesa delle famiglie) ma è in realtà una questione più complessa. Il vero problema è il motore stesso che deve essere potenziato e revisionato. Infatti, per assicurare una crescita economica significativa e sostenibile occorre – in Italia e in Europa – promuovere maggiormente la ricerca e l’innovazione per dare vita a nuove specializzazione (si fa riferimento al riguardo a quelle “intelligenti”) e a nuovi mercati.

L’innovazione non riguarda solo i settori maturi e la competitività delle imprese esistenti, che da tempo stanno subendo la concorrenza internazionale, ma anche e soprattutto i settori tecnologicamente avanzati, che in Italia ed Europa sono poco presenti. Solo ampliando le specializzazioni produttive, puntando allo sviluppo di nuovi prodotti e di nuovi mercati, rispondendo in modo innovativo ai bisogni vecchi e ai nuovi bisogni dei cittadini, che l’economia europea potrà crescere oltre i pochi decimali delle attuali previsioni (l’Italia ha perso dal 2008 a oggi 10 punti di PIL che difficilmente potrà recuperare se non realizza una trasformazione del proprio sistema produttivo).

Seguendo questo ragionamento, appare evidente che le iniezioni di liquidità, anche quelle a fondo perduto dello HM, dovrebbero essere soprattutto finalizzate alla promozione della ricerca e dell’innovazione. Poiché la ricerca è il settore più razionato – ma maggiormente determinante per la crescita – non si vede perché le iniezioni di liquidità non dovrebbero privilegiarlo; così come la nuova liquidità dovrebbe sostenere gli investimenti innovativi.

Con due effetti complementari: da un lato, si avrebbe sempre l’aumento della spesa per consumi perché i nuovi mezzi liquidi verrebbero comunque riversati, in termini di spesa, sui mercati dei beni e servizi; dall’altro lato, si avrebbe il vantaggio di agire sulle prospettive di innovazione dell’economia incentivando e facendo decollare le “specializzazioni intelligenti”. Quindi: più benzina e al tempo stesso potenziamento del motore. Regalare moneta ai cittadini con lo HM per aumentare la domanda equivale ad attivare dei fuochi di paglia: fiammate immediate e nulla più, mentre per rilanciare l’economia occorre che la fiamma resti accesa e si rafforzi.

A questo punto sorge l’obiezione, del tutto legittima, che il sostegno monetario dell’innovazione – si pensi alla ricerca di base delle università, all’attività degli enti e dei centri di ricerca applicata, ai distretti tecnologi, alle start-up e ai veicoli societari che gestiscono progetti innovativi – comporta un elevato rischio connesso agli insuccessi ma, a ben vedere, questi verrebbero assorbiti in ogni caso dall’aumento dei prezzi (collettivizzazione del rischio), che, tuttavia a sua volta, opererebbe sempre come stimolo ai consumi.

Se l’innovazione è la leva su cui agire per la crescita e l’occupazione, occorre che i rischi siano accettati e assunti a livello sociale: sarà poi con la fiscalità che si potrà agire sul piano dell’equità, tassando i profitti delle imprese e dei settori che hanno beneficiato direttamente o indirettamente delle elargizioni. D’altra parte, non si vede come la BCE possa accettare il rischio, sempre presente, connesso alle operazioni non convenzionali di finanziamento dei titoli pubblici e privati (leggi corporate bond), senza concreti risultati in termini di significativi incrementi del PIL, e non possa invece accollarsi quello maggiore dei progetti innovativi che offrono maggiori possibilità di uscire dalla depressione e rendere sostenibile la crescita.

Ora, se abbandoniamo il terreno utopistico delle elargizioni monetarie (gratuite) a favore dell’innovazione e ci riferiamo al campo dei finanziamenti, si possono introdurre criteri e meccanismi selettivi che agiscono sul funzionamento delle pipeline. Si pensi all’attivazione di filiere finanziarie articolate che fanno capo alla BEI, ai fondi specializzati nel finanziamento dell’innovazione, alle banche nazionali di sviluppo; ma si può anche pensare al finanziamento non indiretto dei centri di ricerca e progettazione, delle università, dei veicoli societari per la gestione di investimenti innovativi. Tuttavia, bisogna precisare che l’innovazione ha bisogno soprattutto di capitali propri e sono quindi i mercati a dover soprattutto intervenire. Pertanto, il modello operativo dovrebbe essere quello del ricorso a strumenti finanziari che beneficiano al momento dell’emissione del finanziamento monetario della BCE e che sono destinati ad alimentare un mercato su cui la BCE si impegna a intervenire direttamente per sostenerlo in modo da ampliarne la dimensione e il numero degli investitori.

Il mercato di questi titoli che incorporano il rischio dell’innovazione può sostituire quello dei titoli meramente speculativi con un beneficio per l’economia reale. Il rischio può essere ulteriormente contenuto grazie anche al fatto che questa politica monetaria “non convenzionale” dovrà essere accompagnata dal potenziamento dei “sistemi di innovazione” nazionali e regionali come condizione necessaria per poter beneficiare di queste misure monetarie.

In analogia con il principio che il sostegno del debito pubblico viene offerto ai Paesi virtuosi che dimostrano di aver fatto le riforme, la BCE potrà finanziare i progetti di innovazione degli Stati membri che dimostrano di aver meglio organizzato il proprio sistema di innovazione. Nel sistema nazionale di innovazione occupa un posto di rilievo il settore degli intermediari specializzati nel finanziamento delle start-up e dei progetti di innovazione tecnologica. Il sistema di innovazione è del resto un punto irrinunciabile per rilanciare la crescita di là dagli interventi convenzionali o non convenzionali della politica monetaria.

 

Maurizio Baravelli

 



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