31 gennaio 2017

MILANO-ITALIA. BREXIT E NOI

Una analisi del Governatore della Banca d’Inghilterra per orecchie attente


 

 Lunedì 23 gennaio 2017 Milano ha avuto l’onore e il privilegio di ospitare e ascoltare Mervyn King, già governatore della Banca d’Inghilterra, sempre a servizio di UK. Su invito del gruppo di gestione del risparmio Kairos, ha parlato a una comunità di investitori, forse memori della svalutazione della lira sterlina e nostra nel 1997 a opera di George Soros, una lezione costata cara e da non dimenticare. Nell’ambiguo aggressivo divorzio di Brexit, King merita un grazie perché fa da cartina al tornasole a casa nostra, dove il 28 gennaio Il Giornale ha pubblicato in prima pagina uno dei suoi scoop, qui su Italexit, sigla che nel paese di Italo può far pensare al lancio di un nuovo servizio.

08gario04FBKing fa una sola valutazione che ci riguarda, importante, di là dalle molte altre sulle conseguenze economiche per UK di Brexit, che ancora non ci sono, salvo la sterlina svalutata, perché ancora non è cambiato nulla e la confusione del governo May, a sette mesi dal referendum, non lascia spazio a previsioni, solo punto fermo la perdurante guerra tra i conservatori, forse senza prigionieri. Come riferisce Federico Fubini su Il Corriere della Sera del 25 gennaio a p. 16, King osserva che «il tasso di cambio dell’euro di oggi è insostenibile: sottovalutato per la Germania, sopravvalutato per l’Italia».

Una situazione ben nota a noi italiani, perché il cambio della lira era sottovalutato per il settentrione industriale e sopravvalutato per il Mezzogiorno in cerca di futuro. Era un problema del governo italiano, e oggi l’euro lo sarebbe di un governo europeo che però non c’è, surrogato da un Eurogruppo formato da rappresentanti nazionali comprensibilmente attenti a elettori e fatti loro, non europei, come un’Italia con più governi: Nord-Ovest (premier Salvini?), Nord-Est (Tosi?), Centro (Raggi?), Sud (De Luca?), Regioni e Province a statuto speciale. Per noi italiani e per gli europei vero punto debole dell’euro è la perdurante mancanza di un governo federale europeo, area euro. Ma sarebbe come suggerire la soluzione, e compito di King era invece di porre dubbi.

L’industria italiana è seconda solo a quella tedesca in Europa, e se ciò sconta concorrenze e rivalità, significa che il potente motore industriale d’Europa è condiviso tra il cosiddetto nord e il cosiddetto sud, mentre UK non compare e la Francia, che ha investito molto in finanza, viene dopo, per fortuna non troppo ed è grande produttrice di armamenti, che di questi tempi non guasta. L’economia reale è lì, mentre l’economia di carta è in preda a venti forti e variabili (Montepaschi, Generali, Mediaset …), che agitano anche la City post Brexit, soffiando più o meno violentemente verso Wall Street a seconda della relazione speciale in rinnovo.

Con la sua osservazione, King elegantemente ci ricorda che Olanda e Germania, per dirne due, non ci volevano nell’euro, per motivi purtroppo confermati dall’esperienza d’una reputazione condivisa senza merito, specie con il marco tedesco divenuto euro, e sperperata in condoni fiscali per pentimenti solo nominali di operatori, diciamo così, pronti a rientrare con i loro soldi denominati in euro o dollari o franchi svizzeri, ma non in sterline, per comprarsi in saldo l’Italia quando con la lira restaurata il cambio dipenderà dal loro buon cuore. Magari per difendersi da acquisizioni ostili che nascono però dalla nostra debolezza politica, che diverrebbe irreparabile fuori dall’euro, con lo sventurato cambio lira-euro/dollaro/franco a disposizione anche degli investitori/profittatori esteri.

Un grazie a King, perciò, e a Milano, grande orecchio a servizio degli italiani, se sanno e vogliono sentire, va da sé i milanesi per primi.

 

Giuseppe Gario

 



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