18 gennaio 2017

AGGIORNARE IL PGT, MA COME?

Proseguire con gli errori del passato o metterci testa ex novo?


La decisione del Comune di Milano di aggiornare il PGT è giusta e doverosa. Quel che più sorprende, però, è che si parta “da una valutazione complessivamente positiva del PGT in vigore”, come dalla dichiarazione dell’Assessore all’Urbanistica riportata nel comunicato stampa. L’attuale PGT di Milano, invece, appare gravemente carente in almeno quattro aspetti fondamentali.

02goggi02FB1. La legge 12/2005, spezzando il PGT in tre documenti, ha istituito il Documento di Piano come sede dedicata ad esplicitare le strategie di assetto della città. Nell’attuale PGT questa strategia è particolarmente debole. Ne abbiamo avuto molte prove, come la clamorosa – e giusta – sconfessione da parte del PUMS della cervellotica rete di metropolitane prevista dal PGT; l’incapacità di trovare sedi per grandi servizi pubblici in una città in cui vi sono aree pubbliche inutilizzate per quattro milioni di mq (si veda la Città della Salute decentrata a Sesto San Giovanni); l’incapacità di costruire uno stretto e proficuo rapporto tra la rete di trasporto e le funzioni insediate e da insediare (valga l’esempio dell’urbanizzazione degli scali ferroviari destinata alla mera edificazione privata con quote di edilizia sociale).

Una città inserita in un’area urbana da 7 milioni di abitanti, capoluogo di una Città Metropolitana da 4 milioni e con densi rapporti con tutti questi insediamenti, deve necessariamente prefigurare la forma e la struttura che quest’area urbana avrà nel futuro, e definire il proprio ruolo all’interno di questa. È quindi ineludibile questa larga riflessione strategica, benché il PGT possa conformare le aree solo all’interno dei confini milanesi.

L’identità del Sindaco di Milano con quello della Città Metropolitana non solo facilita, ma obbliga a costruire questa visione.

2. Il PGT di Milano, forse unico in Italia, non ha vincolato alcuna area a servizi pubblici, bensì solamente a verde e infrastrutture. Sembra quasi che si sia pensata la città come finita in sé e non suscettibile di alcuna evoluzione. Sono bastati pochi anni e qualche occasione persa (già citate: Città della Salute, scali ferroviari, Expo) per far capire quanto fosse fallace questa presunzione e come la storia di una città e dei suoi mutevoli bisogni non abbia mai battute d’arresto. Urgente sarà definire le funzioni pubbliche da assegnare all’ingente patrimonio di aree pubbliche inutilizzate, alcune in condizioni di straordinaria accessibilità (ex Macello, Bovisa, scali, Città Studi ecc.).

3. L’attuale PGT è drammaticamente carente di aree per l’edilizia sociale, avendo eluso l’obbligo derivante dalla legge 167, considerata tamquam non esset, benché non compaia tra le leggi statali disapplicate nell’art. 103 della l.r. 12/2005 e sia quindi ancora vigente. Questo, mentre nelle liste d’attesa sono iscritte decine di migliaia di famiglie e il disagio sociale aumenta. Il grande patrimonio di aree pubbliche inutilizzate potrebbe consentire politiche di larga scala, senza subire i costi degli espropri, purché ci sia la volontà politica.

4. L’aspetto forse più problematico del PGT di Milano è il sistema adottato per la perequazione, foriero di iniquità per i cittadini e impaccio per l’operare pubblico (che sarebbe troppo lungo trattare in questa sede ma di cui ho diffusamente trattato in altri scritti) (1). La crisi dell’edilizia ne ha, per ora, attenuato gli effetti negativi, ma, in caso di ripresa, questi si presenteranno drammaticamente.

Infine, leggendo le linee d’indirizzo pubblicate, sorprende l’attenzione quasi esclusivamente prestata a questioni di rilevanza locale. Spesso anche questioni di contenuto sociologico -estranee al piano – che richiederebbero altri strumenti piuttosto che la strumentazione urbanistica.

Per esempio, la “ricucitura centro-periferie” è sicuramente importante, ma potrebbe avere ben poca rilevanza se non si pensa prima a ricucire Milano con la Città Metropolitana, e con la più vasta area urbana, formando un sistema insediativo grande, robusto e interconnesso, come stanno facendo tutte le metropoli europee e mondiali con i loro piani strategici.

Non dimentichiamo che il secondo passante (ovvero il perfezionamento e l’integrazione dell’infrastruttura più importante per la coesione insediativa in tutte le grandi città europee) sembra non essere entrato nel PUMS per l’opposizione delle FS, a quanto pare, interessate molto più agli sviluppi immobiliari che a trasportare i cittadini. Ma se non ci affrancheremo da queste pastoie, pur avendo dimensioni e attività non minori, non riusciremo mai a stare alla pari delle altre grandi città d’Europa.

Il Piano deve costruire la struttura dura della città (l’hardware, si usa dire): insediamenti, reti di trasporto e altre reti, servizi, verde, e, ultima ma non per importanza, edilizia sociale. Se questa struttura sarà ben costrutta, molte altre questioni saranno più facilmente risolvibili.

 

Giorgio Goggi

 

(1) Cfr. G. Goggi: “Il PGT di Milano, perequazione, diritti edificatori e diritti dei cittadini” su Scienze Regionali, vol. 13 n. 2/2014.



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