10 gennaio 2017

CASA NOSTRA O COSA NOSTRA?

Nella sospesa tranquillità di oggi guardare al passato, al presente e all’altrove


Tornato a Milano subito prima di Natale, sulla strada molto trafficata per casa sono passato accanto a un mercatino di Natale. Dopo Nizza e Berlino, ho pensato che anche noi prestiamo davvero poca attenzione a un mondo pericoloso. Devo averlo pensato a mezza voce, perché il taxista mi ha dato un’occhiata, senza dire niente, ma me lo sono detto da solo: in fondo siamo a casa nostra.

10gario01fbE da solo mi sono risposto. Nel 1969, già adulto, ho condiviso lo straniamento pianificato con le stragi di piazza Fontana a Milano, e poi di piazza della Loggia a Brescia e ancora della stazione a Bologna, per dire solo le più efferate, fino all’ultima ai Giardini pubblici a Milano nel 1994, e senza dimenticare l’assassinio di Aldo Moro e della sua scorta, né la violenza ufficiale alla caserma Diaz di Genova durante il G8 nel 2001, per cui lo Stato italiano è stato condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2015. Siamo sempre stati a casa nostra, in un mondo sempre pericoloso, ora di più perché fuori controllo. Di pensiero in pensiero, mi ricordo bambino nell’Italia finalmente unificata e arricchita grazie al trasferimento al nord di milioni di intelligenze dal sud, già allora stupito che in famiglia la fatica di riconoscersi al contempo uguali e diversi si aggiungesse a quella non ancora superata (con in mezzo la guerra) degli immigrati dal nord-est. Ormai amici di alcuni di loro, avevamo evidentemente fortuna, erano altri che non conoscevamo a fare problema.

Vivevo allora in una cittadina piemontese industrialmente vivace e delle coree milanesi ho avuto qualche testimonianza, anche da amici “coreani” allora bambini, solo decenni dopo quando la metro gialla – quella d’oro che percorre il cordone ombelicale milanese – stava avanzando verso il non più incognito lontano oriente meneghino.

Il minimo comune denominatore di quegli anni unificatori, e arricchenti anche materialmente, era che dalle molte nostre diverse lingue si formava una nuova lingua italiana, impoverita ma comune (se no a che serve?) grazie a mamma Rai. Insomma, eravamo e siamo rimasti sempre a casa nostra – che per moltissimi lo è divenuta anche in senso patrimoniale, un’appartenenza bella concreta – mentre il resto del mondo ha continuato ad andare e venire, come a casa propria. Con gli immigrati ci abbiamo guadagnato, in ogni senso (anche estetico, con le curve delle figlie di matrimoni misti). Per le bombe ci siamo dovuti difendere da soli, dopo la strage di piazza Fontana subito consapevoli che nonostante, anzi a motivo dell’omicidio/morte tragica di Giuseppe Pinelli vittima della pista anarchica ufficiale, ancora una volta ci si voleva imporre il manganello del comando. Che palle. È durata quanto la prima edizione, quella autografa e finita che peggio non si poteva. Ma per imparare ci vuole tempo, e anche un po’ di intelligenza dell’animo umano e dei suoi moventi più profondi. Non è da tutti.

Gli immigrati di oggi, molto più simili a noi in un mondo omologato dall’elettronica, si tratta di capire perché arrivino sempre più numerosi a casa nostra. La tv e il benessere naturalmente, ma sono le violenze sempre più efferate, nuove guerre di trincea, a non lasciare alternative al cercare di darsi un futuro in un’Europa benestante e per ora non ancora ripiombata, grazie all’UE, in guerra civile. In questo senso i migranti sono anche un prezioso pro-memoria, specie per i più giovani. In un mondo terziarizzato che a tutto dà un prezzo, meritano qualche riconoscimento, magari con regole di ingresso in Europa chiare e rispettate, a opera di un governo federale (di area euro, la sola in grado di badare a sé) che ancora non c’è e che gli immigrati ci dimostrano necessario, se vogliamo capirlo.

La crisi è grave, soprattutto perché provocata da leggerezza e avidità, ma neanche quella mondiale petrolifera degli anni 1970 è stata una passeggiata, a casa nostra con un’inflazione al venti per cento, concomitante con bombe, stragi e assassini politici. Che, oggi come allora, ci sia qualche nesso tra quanto accade nel mondo e casa nostra? Pessima idea chiudercisi dentro mentre diventa cosa nostra, dei furbi che, com’è ben noto in Italia e in particolare a Milano e in Lombardia, ci vendono protezione togliendoci quel che c’è da proteggere, a partire dalla libertà di vivere liberi, e molto molto attenti, in un mondo pericoloso.

Giuseppe Gario

 

 



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