14 dicembre 2016

100 ANNI DI MIGRANTI A MILANO

Milano “ha già dato” ma può dare ancora


I volti che ogni giorno ci vengono incontro nelle strade di Milano, parlano di vite spezzate, di guerre combattute e di ineguaglianze stridenti. Sono le facce dei migranti che ci interrogano ad ogni angolo, nei mercati, davanti alle chiese. Alla domanda di solidarietà assoluta e totale che queste persone ci rivolgono, riusciamo a dare risposte modeste e goffe anche nel loro benemerito volontarismo.

08pascazio41fbSi riflette molto, e si discute con passione nella società cittadina sulla necessità di “chiedere alle istituzioni che ci rappresentano che facciano propri gli argomenti e le proposte che provengono dai cittadini” come ha scritto su ArcipelagoMilano recentemente  Adriana Nannicini. Dallo scaffale della libreria di casa e da quello più nobile e digitale della Braidense, mi viene lo spunto per ricordare, e forse rinnovare, la tradizione Ambrosiana su questo tema. Ritrovo, infatti, un articolo scritto da un mio prozio, giornalista e scrittore, Nicola, barese giramondo, a Milano in convalescenza per una ferita di guerra (*). L’articolo, pubblicato giusto 100 anni fa sul “Corriere Illustrato” e disponibile ancora oggi sul sito della Braidense, descrive l’attività dell’Ufficio III del comune di Milano, che da un negozietto in galleria coordinava l’opera di assistenza in città ai profughi della prima guerra mondiale.

Al netto della retorica patriottica da cui ci hanno allontanato i cent’anni trascorsi, le motivazioni di allora per l’azione in favore di questa umanità dolente sono le stesse di oggi: “… bisogna procedere armati sempre e solo di amore.” verso “… un popolo sofferente di tutte le privazioni”. La risposta di allora, nel solco del civismo sociale milanese, fu uno straordinario miscuglio di solidarietà e organizzazione (come anche descritto in: E. Caldara – Il socialismo municipale – MB Edizioni), combinando le donazioni spontanee di singoli cittadini, enti e imprese, con la strutturata macchina della burocrazia comunale.

Scriveva Nicola Pascazio che “… L’organizzazione civile a Milano compie opere prodigiose… ” rese concrete nella apertura del”… ufficio III che ha al suo attivo dei risultati impreveduti e un lavoro gigantesco”. Cento anni dopo, a fronte della nuova ondata migratoria, “Milano ha già dato” hanno detto recentemente il Premier Renzi e il Sindaco Sala; ma come cento anni fa, ancora può dare e fare, viene da aggiungere.

Per esempio il comune di Milano per imprimere una nuova spinta alla sua meritoria attività, potrebbe, nel solco della tradizione, riaprire l’Ufficio III, destinando a questa iniziativa risorse anche minime ma calibrate, affidandolo a persone capaci di farsi motore del coordinamento delle energie della solidarietà come anche del superamento degli ostacoli anche burocratici che spesso impediscono alla volontà di farsi pratica. Cosa ci si può attendere da questa entità, a parte l’effetto di immagine? Questo ufficio potrebbe essere l’interlocutore del governo nazionale nel quadro del Patto per Milano, concretizzando la collaborazione auspicata dal Sindaco Sala, lavorando in primis sulla qualificazione dell’accoglienza, definendo i percorsi se non di inserimento almeno di accompagnamento per il tempo della permanenza a Milano di donne, bambini e uomini in fuga da povertà e sterminio.

E il governo nazionale potrebbe a sua volta farsi portatore, insieme alla revisione del Regolamento di Dublino auspicata da Ilaria Li Vigni, di un’iniziativa di ampio respiro per dare prospettiva alle politiche dell’accoglienza, mirandole al reinserimento, alla cooperazione internazionale e perché no al ritorno futuro nelle città e nelle Nazioni da cui anche in queste ore fuggono migliaia di persone prive di un domani. Il sindaco Sala e l’assessore Majorino hanno la fiducia della maggioranza dei milanesi su cui basarsi per selezionare le persone che servano in questo ufficio. Le iniziative da prendere possono essere tante e diversissime; su ognuna ci si potrebbe dividere in base a opposte visioni, tutte di apprezzabile ispirazione e congruità, ma questo Ufficio deve avere il privilegio di essere davvero “III-terzo”. Terzietà in questo caso significa essere lontani dalle abituali divisioni date dallo schieramento politico (destra/sinistra), amministrativo (stato/regione/comune) ed etico (buonisti/realisti). Trovando forse così lo spazio per realizzazioni che potranno sembrare minime rispetto all’entità planetaria del problema, ma che saranno gigantesche se misurate sulla vita dei singoli cui verranno offerte.

Gianfranco Pascazio

* che sarà spunto anche per un volumetto oggi dimenticato, “Dalla trincea alla Reggia” con prefazione di una Grazia Deledda non ancora mito internazionale.

 



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