23 novembre 2016

PARIGI: L’OPERAZIONE SEDUZIONE POST BREXIT È IN CORSO. E MILANO?

Una strategia per vincere in una partita a 27


La mattina del 24 giugno scorso l’Unione europea ha avuto un brusco risveglio, forse il più tremendo della sua storia: il Regno Unito aveva deciso di abbandonarla, per intraprendere un nuovo percorso. Questa scelta, espressione democratica della volontà della maggioranza dei sudditi di Sua Maestà Britannica, ha prodotto effetti immediati sulle piazze finanziarie internazionali e ha definitivamente acceso l’attenzione degli osservatori e dei governanti europei, non solo in merito agli svantaggi politico-sociali che ne sarebbero derivati nel breve periodo, ma soprattutto rispetto alle opportunità che ciascuno avrebbe potuto cogliere a lungo termine.

04cadenazzi38fbParigi era pronta da tempo. Già agli inizi di giugno l’Agenzia Paris – Île-de-France Capitale Economique, ambasciatore economico della capitale francese presso gli investitori internazionali di tutto il mondo, e Paris Europlace, organizzazione per la promozione della piazza finanziaria di Parigi, su invito della Presidente della Regione Île-de-France, ospitavano un convegno volto a valorizzare l’industria finanziaria francese e a discuterne i punti di forza e i margini di miglioramento in vista di un’eventuale Brexit, che avrebbe inevitabilmente indebolito la City londinese in favore di altre metropoli europee.

Lo shock dopo l’ufficializzazione del risultato del referendum è stato molto forte a Parigi. La sindaca Anne Hidalgo ha voluto lanciare un’iniziativa comune con il proprio omologo londinese, Sadiq Kahn, per riaffermare i solidi legami che storicamente legano le due capitali e per tracciare le grandi linee di un percorso di collaborazione continua, a prescindere dagli esiti del voto. Ciononostante, è stato subito chiaro che Parigi, opportunamente sostenuta da Regione e Governo, si avviava a sviluppare concretamente una strategia di attrazione rivolta alle imprese basate a Londra – le startup come le grandi multinazionali – che non avessero voluto perdere i vantaggi derivanti dall’operare nel quadro del mercato unico europeo.

A metà ottobre i toni della contesa si sono fatti più chiari. Al grido di «Tired of the fog? Try the frogs! Choose Paris La Défense», l’agenzia pubblica Defacto, che si occupa della gestione del quartiere degli affari parigino della Défense, ha lanciato una serrata campagna di comunicazione, con lo scopo di convincere i grandi gruppi britannici e internazionali a trasferire le proprie attività in seguito alla Brexit. Del resto, la Défense, quartiere in piena espansione, può già contare su una concentrazione unica di centri di decisione internazionali, con oltre 500 aziende che vi operano, il 40% delle quali sono straniere. La campagna di Defacto non si è certo fermata agli slogan dal perfetto humour britannico: il quartiere della Défense è stato immediatamente promosso come vetrina stessa della regione Île-de-France in occasione del MIPIM UK, il più grande salone del mercato immobiliare che si tiene annualmente nel Regno Unito.

Ancora, agli inizi di novembre, è stato il Governo ad agire in prima persona in favore del territorio della Regione Capitale. Il Primo Ministro Manuel Valls ha infatti inaugurato, nel cuore di Parigi, una vera e propria cellula dedicata alla Brexit, denominata «Choose Paris region», ovvero uno sportello unico per tutte le imprese che intendono raccogliere informazioni in merito a un eventuale installazione nell’Île-de-France. La forza di questo nuovo servizio è dovuta al fatto che, nel pieno rispetto della tradizione francese, gli organi della città di Parigi, della Regione e dello Stato, nonché della Camera di Commercio e dell’Industria dell’Île-de-France hanno stabilito di condividere le proprie competenze così essere in grado di rispondere al meglio e in tempi rapidi alle esigenze dei grandi investitori stranieri.

Come del resto altre metropoli che pure non hanno potuto fare a meno di riflettere sulle inaspettate opportunità di crescita rivelate dalla Brexit, anche Parigi si rende perfettamente conto del fatto che difficilmente la City verrà smantellata e che la piazza londinese non perderà completamente la propria storica influenza. L’amministrazione regionale dell’Île-de-France ha comunque stimato che non saranno poche le istituzioni finanziarie e le imprese che vorranno continuare a operare nell’ambito del mercato unico europeo e che quindi, se proprio non si trasferiranno, decideranno quantomeno di delocalizzare alcune delle proprie unità organizzative. Parigi potrebbe infatti battersi per ottenere di beneficiare di almeno dai 25.000 ai 30.000 nuovi posti di lavoro, forse di più.

Anche i candidati alle primarie della Destra in vista delle prossime presidenziali del 2017 si sono espressi in favore di ulteriori misure per l’attrattività del territorio, a partire dai maggiori incentivi fiscali alle startup e alle imprese, fino ai programmi agevolati di attrazione dei talenti: la Brexit appare ormai sempre più come un’opportunità da non perdere. I programmi dei candidati sono stati esposti a margine degli Etats de la France, un’altra grande manifestazione organizzata annualmente a Parigi, alla quale partecipano circa 80 multinazionali di tutti i settori dell’industria e del terziario operanti in Francia, chiamate a indicare ai decisori pubblici quelle che secondo loro sono le maggiori priorità perché il Paese resti fra le scelte privilegiate dei grandi gruppi stranieri pronti a investirvi e a creare occupazione.

E l’Italia? E Milano? Intendiamoci, gli Italiani non sono certo rimasti con le mani in mano, anzi. L’azione del sindaco Sala, eletto peraltro proprio nei giorni del voto britannico, non si è fatta attendere: lui, che già in campagna elettorale si era espresso in favore di misure eccezionali per l’innovazione e per la promozione del territorio milanese, come l’ipotesi di una ‘no tax zone’ per le imprese pronte a insediarsi nell’area di Expo 2015, è subito volato a Londra per individuare le migliori opportunità da non lasciarsi sfuggire. E del resto la reattività italiana e in particolare i riflessi pronti della metropoli meneghina non sono affatto passati inosservati in Europa. L’annuncio della candidatura ufficiale ad accogliere l’Agenzia europea del farmaco, così come il quasi contemporaneo lancio del Patto per Milano sostenuto dal Governo italiano, insieme alla volontà di delineare una ambiziosa prospettiva internazionale per Milano lasciano ben sperare.

Molte delle disposizioni del pacchetto Industria 4.0 e della legge di Bilancio 2017 in discussione in Parlamento vanno poi nella stessa direzione: su tutte, l’ampliamento del credito d’imposta per ricerca e sviluppo pone l’Italia in linea con gli altri maggiori Paesi europei rispetto alle spinte all’innovazione e agli investimenti. Il Financial Times ha riconosciuto le possibilità di Milano di proporsi come valida alternativa a Londra: è una delle capitali mondiali della moda e de design, ospita annualmente fiere internazionali di prestigio e, dopo il successo di Expo 2015, ha rinnovato l’interesse di imprenditori di tutto il mondo.

Eppure, tutto questo potrebbe non bastare. È opportuno essere consapevoli del fatto che, nella competizione derivata dalla Brexit, la partita si gioca in molti. Potenzialmente persino in 27, tanti sono i Paesi che a oggi non hanno in programma (quantomeno ufficialmente) di lasciare l’Unione europea. L’intensità della determinazione delle metropoli, fondata su una solida strategia di politiche per l’attrattività a tutto tondo e dagli orizzonti ben delineati, farà la differenza. Ciascuna dispone infatti di carte di diverso valore ed è chiaro che i giocatori più lungimiranti, che per primi caleranno i propri assi, avranno maggiori possibilità di ottenere una sicura vittoria.

Matteo Cadenazzi

 



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