12 ottobre 2016

RENZI E MILANO: UN COLPO DI FULMINE?

Alla scoperta della nuova capitale di Italia


L’amore di Renzi per Milano è travolgente e se n’é accorto anche il Financial Times che qualche giorno fa titola “Italy’s Renzi looks to Milan as Rome loses luster”. Non credo sia solo l’appannarsi di Roma a far innamorare di Milano ma perché, di là dalla sconfitta al Comune Capitolino che certo pesa, Roma non incarnerà mai nessuno dei mantra attuali di Renzi: modernità, sviluppo e certo nemmeno passione per il futuro. Roma è cinica, avvezza a tutto e Guicciardini pensando ai romani appiccicò loro il famoso detto: “Franza o Spagna purché se magna”. Imperituro.

01editoriale33fbRenzi dunque ama Milano e l’ha confermato all’Assemblea Generale Assolombarda, l’annuale appuntamento milanese del mondo imprenditoriale.

Quando sono arrivato nel salone che si stava riempiendo di delegati e di invitati, ho avuto per un istante l’idea di aver sbagliato indirizzo, data e ora ma non erano le tre del mattino e non ero in una discoteca con un dj primi anni 2000, eppure sulla distratta e generalmente canuta testa dei convenuti piovevano, a tutta manetta come diciamo ora, le parole – qui tradotte –  di Get Lucky, un brano del 2013 dei Daft Punk: “Come la leggenda della fenice/ La nostra fine era l’inizio/ Quello che fa girare questo pianeta/ La forza primordiale./ Ne abbiamo passate troppe/ Per rinunciare a quel che siamo/ Quindi diamoci da fare”. Chi aveva scelto quel brano pop voleva lanciare un messaggio subliminale?

Prima di arrivare all’apertura dei lavori altri due brani, anch’essi forse simbolici (1), e poi finalmente l’ultimo: Starman, un pezzo di David Bowie del ’72. Contano le parole? “C’è un uomo delle stelle/ Che aspetta nel cielo/ Vorrebbe venire a incontrarci/ Ma pensa che soffierebbe via le nostre menti/ Ci hanno detto di non farlo volare via/ Perché sa che ne vale la pena.”. Un benvenuto per il Presidente del Consiglio? Un esordio “pop” per l’Assemblea. Adesso sarò serio.

Il saluto del sindaco Giuseppe Sala, conciso, di rito ambrosiano: ”Ognuno deve fare la sua parte”. Il Patto per Milano è importante perché ”Milano è la punta avanzata del Paese”. Lo slancio di Expo non va perduto, per ora regge, più visitatori, più studenti, più giovani. Nel futuro più ricerca. Forse avrebbe potuto accennare al fatto che per merito di Expo ma anche per le aperture della passata amministrazione, cui non ha fatto alcun cenno, Milano è diventata un crogiuolo di iniziative “dal basso” che stanno generando cultura e saperi: politica, partecipazione, sociologia, economia condivisa, urbanistica, stato sociale, start-up … . Frutti che stanno maturando e che daranno un connotato diverso alla città. Bisognerà saperli cogliere.

Roberto Maroni prendendo la parola dopo Sala ha rivendicato un “patto per la Lombardia”. Ha ricordato gli investimenti fatti e futuri per la formazione delle nuove leve del lavoro. Un discorso che andrà ripreso, penso, per capire esattamente cosa ci sia dentro. Per ora sembra una cosa un po’ retrò.

La relazione del presidente uscente Gianfelice Rocca non si può riassumere in due parole, la mettiamo in allegato, comunque secca, concisa, senza autocompiacimenti, per alcuni aspetti anche impietosa: anch’essa molto milanese. Lasciandovi alla lettura, noto solo due punti che vanno sottolineati: la perdita di produttività del sistema industriale a fronte della crescita di altri Paesi e il problema Cina. La politica cinese va capita e decifrata: un Paese di 1.382 milioni di abitanti dei quali ormai quasi la metà sono oltre la soglia di povertà e che sta entrando prepotentemente nei meccanismi dell’economia di mercato. Un problema per la Ue o per quel che ne resta, ma un problema ancor più grande per noi.

Infine l’atteso intervento del Presidente del Consiglio. Grande affabulatore come sempre ma che ha accuratamente evitato il discorso politico sapendo che la direzione del Pd del pomeriggio incombeva minacciosa. Ha lisciato il pelo agli industriali e a Milano in un discorso tutto di sentimenti ed emozioni concludendo con l’auspicio/incitamento a “prendere per mano il Paese“ per condurlo fuori dalla crisi. Inesorabilmente, come sempre, l’incitamento a non rimpiangere il passato ma guardare al futuro. Per Renzi il passato sembra essere un’ossessione, un fantasma che agita i suoi sonni. Ma senza passato, con i suoi errori e le sue vittorie – perché allora rievocare la ricostruzione postbellica? – non si costruisce il futuro. Se tutto va bene ci si rinchiude nel presente, il famoso arco delle “semestrali” che rende ansiosi e miopi.

Al riguardo una notazione generale. Solo Gianfelice Rocca ha parlato dell’orizzonte 2020 del Piano Juncker. Nessun altro accenno a strategie di lungo periodo. In altri Paesi c’è chi ha un orizzonte 2060. Chi vincerà la sfida della crescita e dello sviluppo?

Luca Beltrami Gadola

 

 



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