27 luglio 2016

IL PANORAMA DEI MUSEI MILANESI NON È COMPLETO

Nuovi allestimenti per attrarre il pubblico di oggi


Grandi cose a Milano, da sempre. Da quando fu capitale dell’Impero romano, su su nei secoli, fino all’odierna dimensione internazionale, rafforzata da Expo. Questi, poi, sono mesi di speciale energia: iniziative di vario tipo, fino alle architetture della città che sale. Tanta gente, milanesi, turisti, ma anche tanta capacità di accogliere chi viene da lontano, per cercarvi nuova vita: il Memoriale della Shoa che ospita i migranti e le tante iniziative analoghe. Forse ancora insufficienti, si potrebbe fare di più, ma intanto si fa molto.
imageDall’Editto di Costantino Milano è la città dell’integrazione, di quel meticciato culturale di cui si parla. Una vocazione a essere capitale, non solo del business, delle banche, dei servizi, ma anche di quella parte d’Europa che mescola le aspirazioni, gli ideali e ogni giorno vede crescere quel popolo cordiale e generoso di cui parlava il Cardinale Martini. Perché i musei non riescono a essere parte di tanta grandezza, perché nonostante la loro storia, le loro collezioni, appaiono così lontani dalla popolazione? Le lunghe code alle mostre di Palazzo Reale non raggiungono le sale dei musei.
Dell’argomento si è detto molto ed è inutile riprenderlo, se non forse per tre rapide osservazioni. La prima riguarda la necessità che il museo ripensi al suo allestimento, lo concepisca come se si trattasse di una mostra temporanea. Qualcosa di simile si sta facendo a Brera, ma anche l’esposizione dedicata alla Dama del Pollaiolo al Poldi Pezzoli ha dimostrato che le opere possono essere presentate in modo differente. E’ una questione in cui la museologia e la museografia si intersecano con la comunicazione e con la sua forza trainante. Lo stesso caso del Floating Piers di Christo sul lago di Iseo, di là dal suo indiscutibile fascino, ci conferma quanto esso, sostanzialmente estraneo alla mission del museo, si configuri piuttosto come un grande evento popolare, riconducibile più alla sua forza attrattiva e comunicativa (camminare sull’acqua) e alla metafora del ponte, che alla stessa Land Art  lo stesso carattere provvisorio che caratterizza l’intervento di Christo, negando l’importanza del fattore tempo sull’opera creata, finisce con l’evidenziare solo la sua pur rilevante dimensione spettacolare.
In altra sede ho parlato al proposito della necessità di una politica culturale responsabile che, senza negare l’importanza di eventi come questo, sappia affrontare le altre due questioni che, pensando a Milano e ai suoi musei, mi paiono fondamentali. La prima ha a che fare con la contemporaneità e con la mancanza di un Museo, a essa dedicato. E’ ormai giunto il tempo di affiancare al Museo del Novecento, un’istituzione dedicata al contemporaneo, dove, recuperando l’intuizione originaria del Pac, si sviluppi un forte interesse per l’arte dal secondo Novecento a oggi, italiano e non, da porsi in stretta relazione con la fotografia, il design, il cinema, il teatro, la musica, la danza, la moda ecc. e soprattutto con il dibattito delle idee. Questo ci vien chiesto dai giovani, come dimostra la fortuna che hanno, presso di loro, fenomeni come quelli della Milanesiana, di Bookcity e altri ancora. Ad essi si affiancheranno presto anche Museocity, che è già sul tavolo dell’Assessore alla Cultura, e il Salone del libro, che sembra cosa ormai certa.
Milano dunque cresce, sale come le nuove architetture e forse potrà anche affrontare (ecco la terza questione) il tema di una nuova relazione fra i suoi vari musei. Perché non si torna a parlare della Fondazione Milano Musei? I tempi paiono maturi. La popolazione non è certamente interessata al fatto che alcuni musei siano statali e altri civici, ecclesiastici o privati. Sono musei pubblici, milanesi. La questione non riguarda la proprietà (che nessuno potrebbe o vorrebbe mettere in discussione), ma la loro possibilità di entrare realmente nella politica culturale della Città (non scordando di certo la sua nuova natura metropolitana), attuando progetti condivisi e relazioni importanti e nuove con il resto del Paese e con l’Europa.

Paolo Biscottini



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