25 luglio 2016

MEZZI PUBBLICI A MILANO D’ESTATE: “GENTRIFICATION”

Un giovane passeggero legge "Furore": parla di oggi. Dice


Aspettare un tram una mattina inoltrata d’estate dalle parti di Porta Genova: aspettare mentre l’app ATM non da notizia dei tempi di passaggio, proteggersi dal sole cercando l’ombra dal lato opposto. Siamo oltre il cerchio delle mura spagnole, oltre il circuito della linea 29/30 (quella che se il suo ripristino fosse in una qualsiasi delle promesse elettorali ….”diventerebbe sindaco subito” battute di milanesità spicciola) un piazzale che era la porta aperta verso le periferie e adesso è già il centro che si sposta più in là.

imageSalire sul tram quando l’aria surriscaldata ti investe e respirando piano per non svenire lì subito, per non cedere al desiderio di stendersi sulla panca di legno, così lucido e antico e fresco, invece sedersi nei pressi del finestrino appena appena aperto come un suggerimento di movimento, brezza e fresco. Ricordando un racconto di Italo Calvino, forse tra quelli di Marcovaldo, lui a godere del viaggio da un capolinea all’altro nei giorni d’agosto, come una vacanza trascorsa in città, seduto al finestrino, il vento fra i capelli. Memoria di un racconto non più ritrovato, forse solo suggestione di un tram antico, forse memoria di quei non più giovani passeggeri, loro a differenza di Marcovaldo, o proprio come lui, diretti verso un capolinea periferico, mentre la sobria eleganza  un po’ sgualcita e il decoro nella postura potrebbero essere considerati indizi di una dimestichezza con tutte le vie del centro.

Cercare equilibrio in piedi su un tram lungo e schiacciato a terra come un verme, un 14 qualunque, aria condizionata mozzafiato, nessun spazio per mettere i piedi, o per scrollare gli ombrelli senza bagnare un vicino durante i monsoni di questa estate 2016 (quella che racconteremo ai nostri figli come “l’estate del nostro scontento”). Molte lingue diverse per accendere qualche litigio da niente, di quelli per passare il tempo: arriveranno a destinazione passando quartieri ancora borghesi, quelli che lo sono appena diventati e quartieri di “sicuro degrado”, comunità di lingue e colori, mestieri e case. E forse qualche insediamento abusivo nascosto lungo i binari.

Se della gentrification in corso si coglie il profumo salendo sul tram, in compagnia di chi attende il passaggio nella canicola o sotto la pioggia, la sua movimentata espansione la si vive soprattutto sull’autobus della linea 90/91. Topic di inchieste giornalistiche fin dall’inizio del millennio, quando reporter innamorati della città raccontata nei noir cominciavano a uscire dalla cerchia dei navigli, a descrivere passeggeri come personaggi, a girovagare  nelle notti  su un bus alla ricerca di storie invece che di inchieste.

La linea della 90 ha acquistato una sua notorietà di periferia circolare, un tempo linea pubblica che nell’unire i punti di manifatture cittadine, stava forse a significare un sigillo di esclusione, di separazione tracciata con la periferia profonda, e in seguito nell’epoca senza più sedi industriali lungo il suo tragitto, è diventata così flessibile da prestarsi ai tanti esercizi di furto con destrezza, a opera di tutti i rom insediati nei dintorni, fino a rappresentare il mezzo frequentato dai migranti, dai poveracci, qualche homeless e donne stanche dal lavoro domestico nelle case altrui. Posto poco invitante, poco accogliente, molto odoroso e dalla sicurezza incerta e comunque ambigua.

In questa estate, per chi è uso ad avventurarsi sui mezzi pubblici, gentrification diventa stupire gli amici sulla porta a notte quasi fonda dicendo che si prenderà la 90 senza chiedere passaggi ai tanti in motorino. Alla fermata del capolinea nel quarto d’ora di attesa si creerà naturalmente un piccolo assembramento di giovani, da soli o in gruppetti. Lo sguardo chino sullo smartphone, le cuffiette negli orecchi, anche qui lingue, facce e capelli diversi, maschi e femmine e tonalità mutevoli, a cui poi in corsa si aggiungeranno consistenti gruppetti in inglese e in napoletano (perché no?) degli studenti che circolano tra le università che la 90 tocca, i distretti della moda, della movida, dei giri notturni.

Chiassosi e cosmopoliti, diversi dalle signore coi sacchetti di spese varie, anche di notte quando tornano a casa dal turno, diversi dagli “altri” stranieri che sonnecchiano o guardano fuori. Tuttavia tra diversi si cerca la complicità di un sorriso, di un commento, una battuta senza animosità. Un giovanissimo ragazzo può mostrare il libro che sta leggendo e stupire a sua volta: “Furore. Dovrebbero presentarlo da qualche parte, parla di oggi”.

Adriana Nannicini

venne il tram … scampanellando lentamente. Per Marcovaldo quella sera lo stare in fondo al tram voltando la schiena agli altri passeggeri, fisando fuori dai vetri la notte vuota, era la situazione perfetta per sognare ad occhi aperti, per proiettare davanti a se ovunque andasse un film ininterrotto su uno schermo sconfinato” Italo Calvino



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