10 febbraio 2016

PISAPIA? TRA PARENTESI


L’ultima passerella della compagnia di giro “Primarie a Milano” al Teatro Elfo Puccini domenica notte mi ha ricordato un famoso Re Lear del Piccolo Teatro, primi anni ’70, se ricordo bene: indimenticabile regia di Strehler. Shakespeare non si era risparmiato nulla in fatto di eredità, tradimenti, ambiguità. Dopo essersi detti di tutto e di più in scena, gli attori vennero al proscenio sorridenti a chiedere il meritato applauso. Ci fu. Così anche all’Elfo Puccini.

01editoriale05FBCon quell’applauso si è chiusa dunque la parentesi della Giunta Pisapia. Un vero “tra parentesi” che prima ci ha fatto sperare, poi sospirare, poi rassegnare: una sorta di primavera araba alla milanese. Ora il passato ritorna e presenta il conto: scegliere tra un ex manager di Gabriele Albertini e un ex manager di Letizia Moratti.

Chi sperava che i cinque anni del mandato di Pisapia a Milano fossero sufficienti per far crescere una nuova classe dirigente politica e civile si è sbagliato, meglio, ci siamo sbagliati: Milano, città dell’innovazione, della ricerca, della modernità è politicamente torpida, anchilosata, priva di coraggio. La consapevolezza che la giunta uscente non avesse realizzato che una piccola parte del programma elettorale di Pisapia, realtà inoppugnabile, unita al visibile sfaldarsi del disegno originario frantumato dai dissidi interni e dalle reciproche rivalse, ha consolidato la scelta romana di un candidato per Milano, fatta a Roma col solo obbiettivo di vincere, qui salvificamente accolta da una platea attratta da un successo passeggero.

L’opzione “manager” mi ha sempre lasciato perplesso. Vorrei proprio che chi la sostiene rispondesse a una mia domanda: se il 6 maggio 2013, quando l’allora Presidente del Consiglio Enrico Letta lo nominò commissario unico delegato del Governo per l’Expo, avessimo saputo che Sala sarebbe stato destinato a diventare sindaco di Milano, come avrebbe reagito la città? So già la risposta: domanda oziosa e ininfluente. Ha dato buona prova di sé e dunque ci sta bene, ora.

Manager, certo. Ha portato al successo il prodotto della sua società, Expo 2015 spa, un prodotto non certo innovativo – ha numerosi precedenti anche di successo -, alla cui ideazione non ha potuto collaborare se non per gli aspetti realizzativi finali. Non vi è stata nemmeno innovazione di processo, perché l’innovazione di processo – i poteri del commissario – non è innovazione ripetibile, certo per un sindaco. E’ stato un manager abile e affidabile di una azienda monoprodotto per tipo e quantità. Bravo. E come sindaco?

Molti dei suoi sostenitori che vengono dal mondo delle aziende queste cose le sanno ma, acriticamente, hanno operato un transfert che lascia perplessi e conferma il torpore politico della classe dirigente milanese.

Brutalmente possiamo dire che si ricomincia da dove ha finito Letizia Moratti, alla quale dobbiamo Expo, Piazza Gae Aulenti, la linea 4 della MM, CityLife. Non è scandaloso certo che una amministrazione prosegua quello che era già iniziato ma la mancanza di qualsiasi tentativo di attenuazione degli aspetti più stridenti di quelle operazioni, o le modeste varianti per il PGT, danno da pensare per il futuro. Di realmente nuovo poco c’è stato, maggior attenzione al sociale e all’imprenditoria giovanile ma di sicuro l’atmosfera.  La squadra sarà sempre quella anche se l’atmosfera si è disciolta?

Tempo fa scrivevo che Giuliano Pisapia aveva liberato Milano e le aveva fatto riscoprire la possibilità di fare: sembra che una parte dei milanesi non sappia usare bene la riconquistata libertà. Comunque acqua passata.

Di pessimismo però non si campa e, come ci ricorda sempre il premier Renzi, il gufismo non deve dilagare e noi non lo lasciamo dilagare; da qui alle amministrative forse c’è qualcosa ancora da fare: non si riuscirà a raddrizzare le gambe al cane ma almeno mettergli un guinzaglio sì.

Luca Beltrami Gadola



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