11 novembre 2015

LÀ DOVE C’ERA EXPO …


Là dove c’era Expo, ora si deve valorizzare un investimento che ha attirato l’attenzione del mondo intero, con un programma che garantisca la realizzazione di una nuova polarità urbana dell’area metropolitana: un luogo capace di attirare nuovi interessi e che si connoti come un tessuto di nuova urbanità conviviale. Una idea forte che c’è già: Milano capitale del diritto al cibo, realizzando una piattaforma internazionale che coinvolga i Ministeri di Agricoltura, Ambiente, Salute e Istruzione, che faccia sistema rispetto le sedi di Roma e di Parma.

12treu39FBMa è urgente anche una grande attenzione al contesto. Il destino dell’area dove c’era Expo va collocato nello scenario della futura area metropolitana: uno scenario aperto a tutto il quadrante nord-ovest completando gli investimenti già fatti come quelli relativi al sistema delle acque e all’accessibilità su ferro diretta anche da Malpensa e attivando le relazioni con l’immediato contesto per valorizzare le aree verdi residue di un territorio densamente costruito, l’area artigianale e industriale di Mazzo di Rho, il centro sanitario di eccellenza a nord di Rho, i tessuti residenziali dei comuni dell’intorno e quello di più recente costruzione di Cascina Merlata.

Le scelte riguardano il futuro dell’area metropolitana e della città di Milano in competizione con le altre città mondiali nello sviluppo di innovazione, creatività, lavoro e tolleranza. A questo proposito non si può dimenticare la storia di una città capitale economica e di una regione manifatturiera con una popolazione pari a più del 16% della popolazione italiana, con 10 università e più del 17% di laureati, con una detenzione di brevetti pari a più del 36%, con un territorio ancora agricolo pari al 60% e con una Borsa e una Fiera che possono competere a livello europeo.

In questo senso le filiere economiche e produttive su cui puntare debbano essere almeno due: la prima è certamente quella dell’agri-industria, come lascito dell’Expo, ma anche perché l’Italia detiene una posizione di eccellenza nell’alimentazione con il valore riconosciuto dall’Unesco alla dieta mediterranea e, come Regione, si è impegnata a tutelare e a contenere il consumo di suolo; la seconda quella delle tecnologie nel settore della biologia medica e della chimica dolce che possono sfruttare le competenze di più aziende e dei centri di ricerca di più sedi universitarie.

Rimane aperto il come fare, cioè la scelta tra i criteri operativi su cui impostare il programma di interventi post Expo. Da un lato c’è il criterio della continuità, nel senso di mantenere alcune funzioni che già ci sono, quelle che garantiscono una continuità d’uso di alcune aree da parte dei cittadini e che possono attrarre nuove funzioni molto di più di un’area desertificata.

Tra le funzioni da mantenere ci sono sia le strutture di cui si è già parlato ma anche quelle di altre nazioni che, sentite, potrebbero essere interessate a mantenere una loro rappresentanza, sia alcune aree verdi come quella destinata ai bambini e la collinetta, le strutture di ristoro, la Cascina Triulza e una rete di spazi pubblici conviviali su cui promuovere le connessioni con il contesto dell’intorno. Dall’altro lato, c’è da evitare un processo che preveda la demolizione e poi il progetto e, viceversa, di adottare un programma di sostituzioni e di realizzazioni in progress con demolizioni che già prevedano le nuove funzioni da insediare.

Il post Expo richiede la realizzazione guidata di una politica spaziale, che non può essere lineare e non può coincidere con la giustapposizione di tante, troppe, proposte. Oggi, ci sono le ipotesi più avvalorate come quelle del trasferimento di una parte della Statale (immagino dei centri di ricerca più che dei corsi didattici) e quella del Centro di Innovazione di Assolombarda arricchito dalla istituzione di un polo di ricerca agroalimentare con il trasferimento del CREA (neonato organismo che si occupa di ricerca nel settore agroalimentare) cui di recente si è aggiunta la proposta della Scala. Ma a luglio, si elencavano altre ipotesi di possibili trasferimenti come quelli dell’Archivio di Stato, dei Vigili del Fuoco, dei Nas, dell’Agenzia delle Entrate, delle Dogane e di una parte del settore Finanze, della Ragioneria e della Direzione Provinciale del lavoro.

Inoltre, c’è da tener conto di un bilancio economico in cui non ci sono solo i costi del riscatto dell’area ci sono anche quelli delle demolizioni e della custodia di un’area non più presidiata per un tempo non certo breve. Mentre, i costi di mantenimento di alcune installazioni e l’utilizzo di aree verdi attrezzate, se si risponde positivamente alla delibera del Comune di Milano, potrebbero essere bilanciati con una gestione che preveda anche delle entrate.

Rimane il tema della governance. L’ingresso della Stato sembra renda possibile un più efficace allineamento tra gestione e proprietà in scenario di interesse metropolitano e nazionale. Tuttavia la mancanza di un dominus autorevole, soprattutto in presenza di tanti operatori pubblici, rende più che urgente la scelta di chi accompagnerà le scelte e gli interventi per programmare i tempi e per coordinare i centri di spesa in modo di garantire la disponibilità almeno dei finanziamenti di avvio.

Oggi, la vendita di beni pubblici che potrebbero compensare il costo dei primi investimenti è quanto mai incerta e ha di fronte un mercato immobiliare che tende al ribasso. Mentre la realizzazione di una piattaforma internazionale per il diritto al cibo richiede la convergenza di più soggetti con diverse competenze e le operazioni di trasferimento di alcune funzioni, come quella di Agraria da Città Studi, contribuiranno a generare altri vuoti urbani. In questo senso, appare ancora più motivato un programma che mantenga alcune attività già presenti nel sito compatibilmente al trasferimento delle altre funzioni già adombrate e contestualmente ai tempi necessari per far decantare uno scenario di scelte di medio lungo termine che prospetti una nuova polarità urbana nel contesto metropolitano dell’intero quadrante Nord-Ovest.

 

Maria Cristina Treu

 

 

 



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