27 ottobre 2009

ATM. MEZZO SERVIZIO DOPPI INCARCHI


Recentemente alcuni qualificati organi di stampa hanno dato notizia delle mozioni presentate dal PD in Consiglio Comunale a seguito della nomina di Elio Catania, già presidente e amministratore delegato di ATM, a Group CEO con conseguente aumento di stipendio. Le mozioni, oltre a vari auspici sulle modalità da seguire per definire obiettivi e premi dei manager delle aziende municipalizzate, hanno dato in particolare evidenza al fatto che la persona ricopra altri prestigiosi e impegnativi incarichi (consigliere di Telecom Italia, consigliere di Intesa S. Paolo, consulente della Commissione Europea per la realizzazione del Corridoio 4), e posto in dubbio la sua possibilità di svolgere un’azione efficace per ATM dovendo gestire anche molte altre differenziate problematiche.

E’ chiaro che sullo sfondo si erge un grande punto interrogativo sugli effettivi risultati conseguiti dal manager nel corso del suo mandato presso ATM; non è ininfluente pure la polemica ricorrente sui (purtroppo) numerosi incidenti che hanno coinvolto i mezzi dell’azienda in questi ultimi mesi. Per sovrammercato proprio in questi giorni stanno circolando rumours che Catania stia effettuando pressioni sul governo per una sua uscita anticipata da ATM per approdare alla guida di altri progetti sostenuti dal Tesoro italiano(il ponte sullo stretto?)

Non vogliamo in questa sede affrontare il tema della appropriatezza della retribuzione di Catania, e tantomeno dare valutazioni sulle “magnifiche e progressive sorti” delle aziende di cui è o sarà responsabile. Possiamo però ricordare che Catania si muove nel solco dell’aratro scavato da illustri predecessori: L. Stanca, che cumula mandato parlamentare e responsabilità di amministratore delegato di Expo2015, o Giuseppe Bonomi (presidente SEA) che nei mesi scorsi ha accettato un apparente ridimensionamento delle proprie deleghe pur di mantenere inalterata la retribuzione (!).

Ci sembra invece interessante segnalare la recente promulgazione (con un ritardo di due anni equamente condiviso tra il presente governo e il precedente) del regolamento attuativo sui compensi per gli incarichi aggiuntivi di dirigenti e manager pubblici:

La materia è senza dubbio spinosa e deve essere affrontata con attenzione; anche la legge di riferimento, a parere degli addetti ai lavori, è troppo rigida e questo comporta il rischio non banale di provocare la fuga dei manager più competenti dal settore pubblico. Ma non solo: sarebbe paradossale se la battaglia sui tetti ai compensi oscurasse la necessità di una più trasparente ed efficiente politica retributiva dei manager pubblici ma soprattutto l’urgenza di una vera e propria riforma non solo della Pubblica Amministrazione centrale e locale ma in particolare delle società pubbliche.

Una recente ricerca riportata dal Sole 24 Ore pone in evidenza il fatto che in Italia oggi le aziende a partecipazione pubblica (Comuni, Province, Comunità Montane) sono cresciute a dismisura (sono circa 5.000 aziende, mentre erano 1000 alla fine degli anni Ottanta, incluse le gloriose partecipazioni statali). Per un insieme di ragioni, il trend verso la concentrazione pur positivamente imboccato negli anni scorsi sta conoscendo una frenata preoccupante e si rischia addirittura di invertire la tendenza.

Si pone quindi il problema della proliferazione di queste aziende e del caos normativo che avvolge il comparto; è necessario disboscare la foresta delle regole e distinguere nettamente, sia sotto il regime del profilo giuridico che dei controlli, le società pubbliche di mercato da quelle che sono in sostanza amministrazioni. In questo modo le prime possono essere messe in condizione di competere ad armi pari con le private italiane e internazionali, senza i lacci e lacciuoli del potere politico.

In attesa di questa auspicabile riforma, ribadiamo il concetto che in tutte le aziende pubbliche il tema della governance (intesa come sistema che tutela un investimento di proprietà dei cittadini in entità che producono servizi per gli stessi cittadini) assume una centralità assoluta; questo rende necessario un impegno forte e una focalizzazione quasi esclusiva dei vertici aziendali, ai quali al massimo (e in modo selettivo) dovrebbe essere consentito di ricoprire incarichi non operativi presso altre entità aziendali. Analogamente i sistemi di compensazione, che devono essere in grado di attirare manager di qualità e di mettere queste aziende in grado di competere con efficacia, devono essere progettati individuando attentamente obiettivi di breve termine (in cui la dimensione finanziaria deve essere necessariamente integrata da indicatori più “rotondi” in grado di esprimere un approccio gestionale di respiro e vicinanza al cittadino; ad es. la soddisfazione dei clienti) e di lungo termine (centrati in questo caso fortemente sulla dimensione finanziaria e nel caso delle aziende quotate sull’equity).

La sfida è di costruire una accountability, un’etica e dei sistemi di gestione per il management pubblico che non faccia il verso pedissequamente ai modelli privatistici ma si distingua per la sua originalità e capacità di interpretare obiettivi collettivi.

 

Carneade



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